Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-04-2011, n. 8762 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 29 ottobre 2007, la Corte d’appello di Salerno ha condannato il Ministero della giustizia al pagamento di Euro 2.000,00 a favore di A.E., a titolo di equa riparazione per l’eccessiva durata del processo presupposto, iniziato davanti al Tribunale di Lamezia Terme il 24 novembre 1993 e terminato con sentenza della Corte d’appello di Catanzaro in data 28 marzo 2006.

Per la cassazione di questo decreto, non notificato, la signora A. ricorre per un unico motivo.

L’amministrazione resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, posto sotto la rubrica della violazione o mancata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 6, 1, e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, premesse delle considerazioni critiche sulla durata effettiva del procedimento, sull’entità del risarcimento per ogni anno di ritardo, sul comportamento del giudice e di ogni altra autorità coinvolta o intervenuta, sulla complessità del caso e sul comportamento delle parti, si pone alla corte il seguente quesito di diritto:

"se vi è violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. nonchè dell’art. 6 par. 1 e dell’art. 13 della CEDU, nel caso in cui non venga indicato il periodo di eccessiva durata e comunque non venga liquidato in misura congrua e corretta l’equo indennizzo ad un soggetto fisico – nel caso di specie, parte in un giudizio civile introdotto con citazione del 24.11.1993 e definito in primo grado dal Tribunale di Lamezia Terme con sentenza del 20.1.2003 e in secondo grado dalla Corte d’appello di Catanzaro con sentenza 28.3.2006 – che abbia subito un danno non patrimoniale derivante dall’eccessiva durata del processo medesimo".

Il ricorso espone censure eterogenee all’interno di un unico motivo posto sotto la rubrica della violazione di diverse norme di diritto.

Secondo la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, e applicabile alla fattispecie ratione temporis, il quesito di diritto prescritto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. non può essere unico per l’intero ricorso, ma deve essere formulato separatamente rispetto a ciascuna censura espressa, come si evince sia dall’indicazione separata nella norma dei singoli motivi di ricorso, sia dall’espressione "ciascun motivo", che si legge nel suo comma 2 (Cass. 19 dicembre 2006 n. 27130, 23 luglio 2007 n. 16275); ed è inammissibile l’unico quesito formulato in termini tali da richiedere una previa attività interpretativa della Corte, come accade nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito multiplo, la cui formulazione imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva opera di semplificazione, per poi procedere alle singole risposte che potrebbero essere tra loro diversificate (Cass. 29 gennaio 2008 n. 1906). A ciò deve aggiungersi che ogni quesito, formulato per ciascun motivo di ricorso, deve consentire l’individuazione del principio di diritto censurato posto dal giudice a quo alla base del provvedimento impugnato e, correlativamente, del principio, diverso da quello, la cui auspicata applicazione da parte della Corte di cassazione possa condurre a una decisione di segno inverso (Cass. Sez. un. 24 dicembre 2009 n. 27368), requisito che manca nella fattispecie; e che esso non può tradursi, come sostanzialmente avviene nel caso in esame, in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata (Cass. Sez. un. 5 febbraio 2008 n. 2658).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, e le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 800,00, oltre alla spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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