Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7481 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.D. e A.R.G. ricorrono avverso l’ordinanza 3.6.10 emessa dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria che ha confermato il provvedimento di sequestro conservativo dei beni immobili dei predetti, emesso dal Tribunale monocratico di Reggio Calabria il 3.4.10, successivamente al loro disposto rinvio a giudizio, avvenuto con decreto del g.i.p. in data 23.2.10 per i reati di falsificazione di assegni bancari e di un ordine di vendita titoli, nonchè di falsificazione di testamento olografo (artt. 110, 81 cpv., 471, 485 e 491 c.p. e arto. 61 c.p., n. 7), contestato ad A.D. in concorso con R.L. (capo A), e di ricettazione contestato ad A.R.G. al capo B. Deducono i ricorrenti, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata ordinanza, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) assumendo che la motivazione del dedotto periculum in mora era priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, dal momento che i giudici del riesame avevano riconosciuto che la ct. di parte ( D. e B.) aveva effettuato una diversa valutazione – rispetto a quella del ct. della parte civile – dei cespiti immobiliari esaminati, ma l’avevano reputata inidonea ad escludere la inadeguata consistenza del patrimonio dei debitori in relazione all’entità del credito solo per essere tale patrimonio formato per lo più da beni dell’asse ereditario la cui titolarità era ancora sub indice, senza però considerare che stante la mancata impugnazione del testamento di A.A. del 18.12.06, pubblicato il 22.3.07, gli immobili in questione erano entrati a pieno titolo nella sfera giuridica di A.D. – indicato quale erede testamentario – , fratello di A.A., ed erano tali da costituire una garanzia patrimoniale più che solida a fronte della quale del tutto irrilevanti si presentavano le disponibilità di denaro e le capacità reddituali degli imputati, mentre la disponibilità giuridica e di fatto dei beni dell’asse ereditario da parte di A.D. doveva far escludere il sequestro conservativo, atteso che nelle more del giudizio penale il testamento "incriminato" non poteva essere ritenuto falso.

Inoltre, evidenziano i ricorrenti, non vi erano elementi concreti da cui desumere il rischio potenziale di dispersione dei beni, ma il tribunale aveva ravvisato nella condotta di R.L. – coimputata che non era stata però raggiunta dal provvedimento di sequestro conservativo – che, nelle more, con atto di donazione del 4.6.08, si era spogliata di tutti i suoi beni immobili in favore del fratello R.B., un’azione che non poteva essere addotta a giustificazione del sequestro dei beni degli altri coimputati, i quali però non avevano tenuto alcun comportamento idoneo a far ritenere che si sarebbero potuti privare degli immobili di cui erano proprietari, laddove il contestato occultamento di somme di denaro prelevate dai conti correnti di proprietà del defunto era comportamento realizzato dai prevenuti nella loro qualità di "indagati" e non anche di "imputati" e la misura poteva essere disposta solo durante il processo di merito, ma non durante le indagini preliminari. Infine, quanto alla posizione di A.R. G., il tribunale aveva omesso di valutare che questi, come risultava dal capo d’imputazione, si era limitato a ricevere somme di denaro provento di reato per un importo di Euro 68.472,00 e pertanto le garanzie restitutorie di tale somma erano già state ampiamente soddisfatte dal sequestro preventivo operato dal p.m. sul conto corrente intestato ai coimputati e sul quale era depositata la somma di Euro 343.228,35, laddove inoltre gli stessi giudici avevano omesso di valutare che in ogni caso le garanzie erano "rinforzate" dal patrimonio del responsabile civile (Istituto bancario Unicredit), ritualmente citato nell’ambito del procedimento. Osserva la Corte che i ricorsi sono infondati.

A mente del disposto di cui all’art. 316 c.p.p., comma 2, la parte civile è legittimata a chiedere il sequestro conservativo dei beni dell’imputato ove vi sia una fondata ragione di ritenere che "manchino" (ovvero si disperdano) le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato. Pertanto, il periculum in mora atto a giustificare l’adozione della misura può essere riconosciuto, oltre che in presenza di una situazione che faccia apparire fondato un futuro depauperamento del debitore, anche allorchè sussista una condizione oggettiva di inadeguata consistenza del patrimonio del debitore in rapporto all’entità del credito (v. Cass., sez. 5, 18 giugno 2004, n.30326; Sez. 2, 14 febbraio 2007, n. 12907; Sez. 5, 26 settembre 2008, n.43246).

Orbene, tale condizione oggettiva è stata evidenziata dai giudici del riesame in maniera puntuale allorchè, rilevato come dall’imputazione sub A emergesse una uscita dai depositi bancari del defunto per Euro 1.248.703,64, a seguito della falsificazione di tre assegni bancari fraudolentemente riempiti dagli imputati simulandone il rilascio avvenuto in Reggio Calabria prima della morte di A. A., e poi posti all’incasso versandone l’importo complessivo su un conto corrente cointestato, acceso contestualmente presso l’Unicredit di Reggio Calabria, da cui erano poi state prelevate, il 30.3.07, le somme indicate al capo B una volta venuti i predetti a conoscenza dell’avvio delle indagini e dopo aver fatto pubblicare, A.D. e R.L., in data 22.3.07, un testamento olografo (risultato falso dall’accertamento tecnico eseguito in sede di incidente probatorio) recante la data del 18.12.06 con il quale venivano nominati eredi universali A.D. e A. G. (madre di R.L.), entrando così nella piena disponibilità materiale a e giuridica dei beni del patrimonio immobiliare del de cuius, hanno dato conto del valore commerciale dei beni su cui era caduto il sequestro e della capacità patrimoniale degli imputati.

Al riguardo, i giudici hanno sottolineato che a fronte di un ammontare dunque di oltre Euro Un milione del danno cagionato dagli imputati, i risultati delle indagini patrimoniali effettuate dal p.m. hanno consentito di appurare che A.D. dispone di somme di denaro per poche migliaia di Euro, di una capacità reddituale insufficiente a garantire l’assolvimento dei futuri obblighi, nonchè di beni immobili di modesto valore economico, per lo più gravati da ipoteche nascenti dall’accensione di cospicui mutui, mentre A. R.G. svolge attività di lavoratore dipendente ed è titolare di immobili in comproprietà con altri soggetti.

In tale situazione, e considerato che pertanto l’entità del patrimonio degli imputati è formata precipuamente dai beni dell’asse ereditario che, ove indebitamente posseduti, verrebbero ad essere sottratti dal patrimonio degli stessi i quali non potrebbero più soddisfare le pretese creditorie dell’erede universale A.R. G. (minore la cui costituzione di parte civile è avvenuta per il tramite di A.R.S. e I.D., esercenti la potestà genitoriale), legittimamente è stato ritenuto il periculum in mora anche in considerazione del rischio concreto di dispersione dei beni stessi, proprio per l’evidente sproporzione tra il loro valore e le ulteriori, residue e limitate, disponibilità economiche degli imputati, come comprovato proprio dal comportamento della coimputata R.L. la quale, nelle more del procedimento, con atto di donazione 4.6.08, si è spogliata di tutti i suoi beni immobili in favore del fratello R.B. disperdendo in tal modo ogni garanzia per il soddisfacimento dei crediti della parte civile.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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