Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7470 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.R. e T.D. ricorrono avverso la sentenza 27.4.09 della Corte di appello di Milano che ha confermato, per il M., quella, in data 29.3.01, del locale tribunale con la quale il predetto è stato condannato, in concorso di attenuanti generiche prevalenti, alla pena di anni due, mesi tre di reclusione, oltre le pene accessorie di legge, nonchè al risarcimento dei danni in favore della curatela fallimentare, costituita parte civile, per il reato di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, relativo al fallimento della "Ellebi s.r.l." – dichiarato con sentenza 18.4.95 del Tribunale di Milano – di cui era stato amministratore unico dal 15.10.93 fino alla data del fallimento.

A T.D., imputato dei medesimi reati, nonchè di quello di cui all’art. 367 c.p. e art. 61 c.p., n. 2 (capo C), in relazione alla falsa denuncia di furto, presentata il 29.12.94, della documentazione societaria e della vettura su cui la stessa si trovava, veniva ridotta la pena ad anni due di reclusione a seguito della declaratoria di prescrizione del reato di cui al capo C).

Deduce la difesa del M., nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui i giudici di appello avevano escluso la nullità della sentenza di primo grado in quanto mancante dell’imputazione.

Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte di merito aveva ritenuto provate le condotte distrattive per difetto di contraria allegazione e prova ad opera dell’amministratore di diritto, nonostante la sua qualità riconosciuta di mero prestanome e la indimostrata sua consapevolezza in ordine alle contestate condotte distrattive.

I giudici di secondo grado – lamenta la difesa – non avevano infatti minimamente motivato circa la consapevolezza del prestanome in ordine alle pretese attività distrattive ed alla loro potenzialità lesiva in danno dei creditori, limitandosi ad asserire che il M. era solito accompagnare il B. (amministratore di fatto che aveva definito la sua posizione ex art. 444 c.p.p., e segg.), senza considerare l’attività di autista del M. e senza collegare mai gli accompagnamenti alle attività distrattive contestate sì da verificarne l’effettiva imputabilità nei termini di cui al cpv. dell’art. 40 c.p., anche con riferimento alla tenuta delle scritture contabili e alla imputazione di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione alla quale era mancata l’imputazione specifica, elevata invece all’amministratore di fatto e a T.D..

La difesa di quest’ultimo, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, deduce violazione di legge per essere la bancarotta fraudolenta un reato proprio che per essere addebitato all’extraneus necessita della consapevolezza da parte di questi della qualifica soggettiva del concorrente e, quanto all’elemento psicologico, del necessario dolo specifico, presupposti che nella specie non ricorrevano.

I giudici di merito, infatti, solo ricorrendo a elementi indiziari sprovvisti dei requisiti richiesti dall’art. 192 c.p.p., avevano attribuito la responsabilità al T. a titolo di concorso, per avere questi ritirato la documentazione della "Ellepi" presso lo studio di Luiselli e aver presentato denuncia di furto della autovettura contenente la documentazione societaria, considerando "strana" la circostanza che tale documentazione fosse stata lasciata per una intera notte in una automobile e che non fosse stata ritirata anche la documentazione riguardante le altre società riferibili a B.F. e G.R. (quest’ultima aveva anch’essa definito la sua posizione con richiesta di applicazione della pena), soggetti per i quali il T. non era uno sconosciuto. Nella specie – conclude la difesa – il T. era stato semplicemente incaricato dalla G. di ritirare la contabilità della società, ma non era stato provato che egli fosse a conoscenza del ruolo di quest’ultima, la quale si occupava solo della parte amministrativa e il cui comportamento illecito, come pure quello del B. e lo stato di decozione della "Ellebi", non poteva essere noto al T..

Osserva la Corte che, quanto alla posizione di M.R., il secondo motivo di ricorso è fondato, con efficacia assorbente.

Rilevato come sia rimasto accertato pacificamente dalla Corte territoriale che costui, amministratore unico della "Ellebi s.r.l.", sia stato in realtà un prestanome, per poterne affermare la responsabilità a titolo di concorso con gli amministratori di fatto B. e G. nella attività distrattiva ed in quella integrante gli estremi della bancarotta documentale, doveva essere raggiunta la prova, dal punto di vista soggettivo, che egli aveva la generica consapevolezza che l’amministratore effettivo poneva in essere condotte di fatto integranti fatti di bancarotta, sì che, dal punto di vista oggettivo, egli avrebbe potuto rispondere, ai sensi dell’art. 40 c.p., comma 2, per non aver impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico ( art. 2392 c.c.) di impedire (v. Cass., sez. 5^, 12 gennaio 2006, n. 853; Sez. 5^, 1 luglio 2002; Sez. 5^, 26 novembre 1999).

In tema di bancarotta fraudolenta, infatti, i destinatari delle norme di cui alla L. Fall., artt. 216 e 223, vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non già rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (Cass., sez. 5^, 13 aprile 2006, rv. 234428) e nella specie i giudici territoriali hanno limitato la propria analisi alla esclusione della buona fede del M. al momento della assunzione della carica di amministratore di diritto della "Ellebi s.r.l.", osservando che egli era già stato amministratore di diritto di altra società, poi fallita, facente capo al duo B. – G. ed aveva assunto la carica quando la situazione finanziaria della Ellebi era difficile, aggiungendo che egli era sempre assieme al B. ed era quindi ben consapevole della situazione economica della società ed aveva accettato l’incarico allo scopo di fornire copertura alle illecite attività dei coimputati.

Non è però stato individuato alcun comportamento concreto che sia riferibile, nella sua veste, al M. in termini di concorso nelle attività distrattive indicate nel capo d’imputazione ovvero nella sottrazione delle scritture contabili, ma i giudici hanno solo evidenziato l’inverosimiglianza del non essersi egli reso conto del fatto che la società assumeva lavoratori in nero, non pagava i contributi ed era implicata "in continui giri di somme di denaro tra conti ufficiali e conti neri", addebiti tutti che esulano dalla specificità delle accuse mosse al M., in ordine alle quali la motivazione della attività concorsuale dell’imputato è carente, con conseguente necessità di annullamento con rinvio della sentenza impugnata per una più compiuta motivazione sul punto, senza che peraltro possa a ciò utilmente procedersi in presenza della causa estintiva rappresentata dalla intervenuta prescrizione del reato, maturata nel termine di 15 anni (in assenza di rilevate cause di sospensione) decorrente dalla sentenza dichiarativa di fallimento (18.4.95).

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio per essere il reato ascritto a M.R. estinto per prescrizione.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento a T. D., imputato di concorso nella sottrazione dei beni della fallita e della relativa documentazione contabile, senza che i giudici territoriali, quanto al concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, abbiano indicato nè il suo ruolo all’interno della "Ellebi s.r.l." nè eventuali collegamenti con i coimputati, limitandosi, quanto all’addebito di aver concorso nella sottrazione delle scritture contabili, a rinvenire elementi di prova nell’avere egli presentato la denuncia di furto della vettura all’interno della quale vi sarebbe stata la documentazione contabile della Ellebi (comportamento ritenuto integrare il reato di cui all’art. 367 c.p., dichiarato prescritto), apparendo – evidenzia al riguardo la Corte milanese – "davvero strano" che dopo aver ritirato detta documentazione il prevenuto l’abbia potuta lasciare all’interno della autovettura, da ciò presumendone – con un salto logico che imporrebbe l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, precluso dal sopraggiungere della causa estintiva rappresentata dalla maturata prescrizione, anche per essere la denuncia stata presentata nel momento in cui venivano chiuse le sedi sociali e gli amministratori scomparivano, un accordo tra il T. stesso e gli amministratori della Ellepi, ancorato al dato incerto del non essere l’imputato soggetto sconosciuto a G. e B. per essere stato socio di altre società, già fallite, riferibili ai due e ricavandone per ciò solo la responsabilità a titolo di concorso, senza che elementi concreti siano stati dalla Corte territoriale evidenziati in termini di consapevolezza del T. dello stato di decozione della società.

All’annullamento, ai fini penali, della sentenza impugnata per prescrizione fa seguito, ai fini civili, l’annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.

La Corte, annulla senza rinvio, ai fini penali, la sentenza impugnata per essere i reati ascritti ai ricorrenti estinti per prescrizione.

Annulla ai fini civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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