Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7467 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.F. ricorre avverso la sentenza 23.4.09 della Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto che ha confermato quella, in data 9.11.04, del Tribunale di Taranto con la quale è stato condannato, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di anni tre di reclusione, oltre le pene accessorie di legge, nonchè al risarcimento dei danni in favore della curatela fallimentare, costituita parte civile, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, in relazione al fallimento della Fruttitalia s.r.l. – dichiarato con sentenza 28.5.01 del Tribunale di Taranto – di cui era stato amministratore dal 23.6.98 al 5.11.98.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione di legge per avere i giudici basato la pronuncia di condanna esclusivamente sulla consulenza peritale svolta su incarico del p.m., senza considerare che nel fascicolo dibattimentale vi era la prova certa che le scritture contabili erano in possesso dell’ultimo amministratore della società fallita, B., e che quindi il C. non avendone il possesso non aveva potuto commettere il reato contestatogli, circostanza su cui avrebbe potuto anche riferire il rag. G., che invece non era stato esaminato dal tribunale.

Sulla base delle scritture contabili – prosegue il ricorrente – si sarebbe potuto accertare un ammontare di gran lunga inferiore delle passività ritenute invece corrispondere a circa L. due miliardi, laddove la società era stata regolarmente ceduta dal C. a B.J., con contestuale consegna di ogni scrittura contabile e di ogni bene, ed era stato poi il B. a gestire la Fruttitalia fino alla dichiarazione di fallimento.

Si lamentava infine l’eccessività del trattamento sanzionatorio in considerazione del documentato grave stato di salute dell’imputato.

Osserva la Corte che il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.

Con motivazione congrua ed esente da vizi di illogicità la Corte territoriale ha evidenziato come fosse risultato dalle dichiarazioni del curatore fallimentare e dalla relazione da questi redatta L. Fall., ex art. 33, che la società aveva operato regolarmente fino al 1997 versando invece, alla data in cui il C. aveva ceduto le quote societarie al B. (5.11.98), in stato di decozione, tutti i debiti maturati dalla Fruttitalia essendo riferibili alla gestione del C., si che la cessione delle quote, il cambio di amministratore ed il trasferimento della sede sociale da Roma a Taranto erano state operazioni finalizzate esclusivamente a scaricare sul B. ogni responsabilità, tanto che era rimasto provato che l’odierno ricorrente aveva acquistato notevoli quantità di merci senza versare i relativi corrispettivi, procurandosi inoltre una vettura di grossa cilindrata (del valore di L. 72.723.892) attraverso un contratto di leasing mai onorato.

All’atto poi della dichiarazione di fallimento – hanno sottolineato ancora i giudici territoriali – nessuno dei beni era stato rinvenuto dal curatore nè a questi era stato consegnato alcun libro contabile, per cui del tutto correttamente, nel ritenere quella del B. una funzione di mero prestanome, la Corte salentina ha attribuito al C. la responsabilità anche per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale sulla non certo illogica considerazione secondo cui proprio dalle dichiarazioni del teste G. – il quale aveva riferito della perdurante morosità della Fruttitalia nei pagamenti per il servizio di contabilità reso dalla Jonio 3000 s.c.ar.l., che quindi si era interrotto – era emersa la sicura volontà del C., anche dopo la nomina formale ad amministratore del B., di omettere la tenuta aggiornata delle scritture contabili, che solo dopo numerosi solleciti il G. era riuscito a restituire al B..

Infine, circa il trattamento sanzionatorio, i giudici di appello hanno evidenziato la adeguatezza e proporzionalità della pena alla gravita del reato, fonte di notevole danno per i creditori, essendosi il fallimento chiuso per totale mancanza di attivo e non risultando peraltro neanche documentate le asserite precarie condizioni di salute dell’imputato.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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