Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7465 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.S. ricorre avverso la sentenza 3.6.09 della Corte di appello di Genova che ha confermato quella, in data 12.6.07, del locale g.u.p. con la quale è stato condannato, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di anni due e mesi sei di reclusione, oltre le pene accessorie di legge, nonchè al risarcimento dei danni cagionati alla curatela fallimentare, costituita parte civile, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in relazione al fallimento della CBR Italia s.r.l. – dichiarato con sentenza 15.11.02 del Tribunale di Genova – di cui era stato amministratore dal 2.4.93 al 20.7.01.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per essere la decisione in contrasto con quella del g.u.p. che in un primo procedimento aveva assolto il P. dall’aver concorso al fallimento della CBR in quanto coinvolto nelle varie truffe poste in essere anche dagli allora suoi coimputati, ritrasmettendo gli atti al p.m. per riformulare il capo d’imputazione.

L’avere escluso – secondo la difesa del ricorrente – una partecipazione del P. al disegno criminoso posto in essere da F.W., cessionario delle quote societarie, era in contraddizione con l’affermazione secondo cui l’attività del P. di consegna della società al F. era avvenuta nella consapevolezza dell’utilizzo fraudolento della medesima, anche perchè le indagini della Guardia di finanza svolte nel precedente procedimento avevano confermato che il denaro transitato sul conto corrente della CBR ed incassato dal P. si riferiva a rapporti commerciali antecedenti l’uso delittuoso della CBR. Osserva la Corte che il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.

Il ricorrente ripercorre i motivi di appello già sottoposti all’esame della Corte genovese la quale, con motivazione congrua ed immune da censure formulabili in questa sede, ha evidenziato come sia rimasto pacificamente accertato – per non avere l’imputato contestato la ricostruzione storica dei fatti – che il P., intendendo disfarsi della società gravata da debiti verso l’Erario, l’aveva ceduta gratuitamente al F., il quale a sua volta aveva agito sotto il falso nome di C.O. e con una serie di truffe (per le quali aveva riportato condanna) aveva utilizzato la società per acquistare a credito merce anche estranea all’oggetto sociale per poi rivenderla a terzi distraendo il ricavato.

Di tale illecita utilizzazione il P. è risultato avere avuto piena consapevolezza – hanno sottolineato i giudici di merito – tanto da essere abilitato a continuare ad operare sul conto della società mediante apposita delega, finendo con il prelevare da detto conto somme per complessivi Euro 151.103,87, confluite poi sui propri conti correnti – come aveva accertato la Guardia di finanza, il tutto in epoca successiva alla cessione della società, sottraendo in tal modo – hanno correttamente concluso i giudici di secondo grado – tali somme alla garanzia dei terzi creditori ed integrando quindi detta condotta il reato ascrittogli di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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