Cons. Stato Sez. V, Sent., 24-02-2011, n. 1192 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante, per l’annullamento del provvedimento contingibile e urgente, adottato dal sindaco di San Giorgio di Nogaro, avente per oggetto l’ordine di eseguire la messa in sicurezza di alcune aree ubicate nel territorio comunale e poste nella disponibilità della società B. SpA, in liquidazione.

L’appellante ripropone le censure disattese dal tribunale, criticando le motivazioni espresse dalla pronuncia impugnata.

L’amministrazione, pur ritualmente intimata, non si è costituita in questo grado.

Con un primo mezzo di gravame, l’appellante deduce il difetto di legittimazione e la violazione e falsa applicazione degli articoli 75 e 145 del codice di procedura civile, sostenendo che l’ordinanza impugnata in primo grado è stata indirizzata, personalmente, ai consiglieri della società in liquidazione e non alla società B., unica destinataria del provvedimento.

La censura è infondata, ancorché la pronuncia impugnata abbia motivato il rigetto con argomenti molto sintetici. Infatti, non è contestabile che l’ordinanza sia stata notificata presso il domicilio dell’attuale appellante, in considerazione del suo particolare legame di immedesimazione organica con la società posta in liquidazione, tenuta ad eseguire la "messa in sicurezza" dell’immobile.

Pertanto, gli obblighi imposti a tale soggetto, nella sua qualità di titolare del potere di rappresentanza, trovano fondamento esclusivamente nel rapporto istituito con la società B., in liquidazione. Questa è tenuta, in prima battuta, ad eseguire l’ordine impartito dal sindaco, ma la responsabilità personale della sua attuazione grava sui rappresentanti legali di tale soggetto.

Ne deriva, quindi, che l’ordinanza, esattamente interpretata, deve intendersi come rivolta nei confronti della società tenuta alla messa in sicurezza dell’area e, di riflesso, nei confronti dei liquidatori dell’ente.

In ogni caso, non rileva l’asserita irregolarità della notifica, in quanto effettuata in luogo diverso dal domicilio della Società, dal momento che, essa, in ogni caso, è pervenuta alla persona del rappresentante legale dell’ente, ed ha realizzato lo scopo.

Ad ogni modo, eventuali vizi della notifica non sono idonei a incidere sulla legittimità del provvedimento, ma possono avere riflessi, a tutto concedere, solo sulla sua efficacia.

Con un secondo mezzo, l’appellante deduce che l’ordinanza si sia basata, erroneamente, sulla previsione dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 22/1997.

La censura è infondata. Come esattamente rilevato dal TAR, il richiamo alla norma indicata va considerato impreciso, perché la disposizione citata fa riferimento solo ai provvedimenti contingibili e urgenti adottati "per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti": Pertanto, la norma non dovrebbe trovare applicazione nel diverso caso in cui l’amministrazione comunale intenda realizzare la "messa in sicurezza" delle aree.

Tuttavia, nel caso concreto, il potere di ordinanza sindacale trova, comunque, la propria giustificazione nelle norme generali previste dal testo unico degli enti locali, ancorché non espressamente richiamate dal provvedimenti impugnato.

Né, sotto altro profilo, l’ordinanza impugnata risulta carente di motivazione, come sostenuto dall’appellante, dal momento che essa si basa su una articolata e complessa istruttoria, i cui risultati sono adeguatamente esposti nelle premesse dell’atto..

Nel caso di specie, poi, il provvedimento sindacale oggetto di contestazione ha diffusamente spiegato perché non esistessero i presupposti applicativi dello speciale procedimento di messa in sicurezza previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 22/1997.

Per tali ragioni, quindi, non assume rilevo la circostanza, esposta dall’appellante, secondo cui, nel caso di specie, non sussisterebbero nemmeno i presupposti per l’esercizio dei poteri di cui all’articolo 14 del decreto legislativo n. 22/1997, applicabile nei confronti di chi ha abbandonato i rifiuti e prevedente la solidarietà del proprietario nel caso di imputabilità della violazione del divieto di deposito.

In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.

Nulla va disposto in ordine alle spese di lite, non essendosi la parte appellata costituita in giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

Respinge l "appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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