Cons. Stato Sez. V, Sent., 24-02-2011, n. 1182 Mansioni e funzioni Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il rag. A.D., dipendente del Comune di Firenze in possesso della prima qualifica dirigenziale, ha proposto ricorso al il T.A.R. Toscana – Firenze, per la condanna del Comune al pagamento di differenze retributive per mansioni superiori della seconda qualifica dirigenziale assuntamente prestate dal 19.5.1984 al 3.2.1991, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi.

Con la sentenza in epigrafe indicata detto T.A.R. ha respinto il ricorso nella sostanziale considerazione che le ordinanze sindacali richiamate dal ricorrente non erano riconducibili ai provvedimenti previsti dagli artt. 20, 21 e 23 del regolamento organico e che non erano quindi idonee a dare sostegno alla pretesa economica avanzata con il gravame.

Con l’appello in esame detto dipendente ha chiesto l’annullamento di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1.- Carenza di motivazione.

2.- Violazione della normativa specifica disciplinante lo svolgimento di mansioni corrispondenti alla qualifica superiore nel pubblico impiego.

3.- Violazione dell’art. 36 della Costituzione, dell’art. 2099 del c.c., dell’art. 2041 del c.c. e dell’art. 2126 del c.c..

Con atto depositato il 2.8.1999 si è costituito in giudizio il Comune di Firenze, che ha concluso perché l’appello sia dichiarato irricevibile, inammissibile, improcedibile o comunque infondato.

Con memoria depositata il 14.10.2010 l’Amministrazione resistente ha dedotto la infondatezza del ricorso in appello in fatto ed in diritto ha eccepito in subordine la prescrizione quinquennale ed ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o per la reiezione.

Con memoria depositata il 19.10.2010 parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 29.10.2010 parte appellante ha replicato alle avverse argomentazioni, invocando l’art. 167 c.p.c., chiedendo che venga dichiarata inammissibile o infondata l’eccezione di prescrizione e concludendo per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 19.11.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione, dopo la rituale discussione.
Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, il rag. A.D. ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R. Toscana – Firenze, Sezione II, n. 00212/1998, di reiezione del ricorso proposto per la condanna del Comune di Firenze al pagamento di differenze retributive per mansioni superiori prestate dal 19.5.1984 al 3.2.1991, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che la impugnata sentenza sarebbe carente sotto il profilo della individuazione degli atti di investimento del dipendente, avendo fatto generico riferimento alle "Ordinanze sopra richiamate dal sig. D." e trascurato l’ordine dell’Assessore del 22.3.1984; inoltre non sarebbero stati esplicitati i vizi attribuiti agli atti presi in considerazione e non sarebbe stata chiarita la loro mancata riconducibilità al Regolamento organico, essendo non esaustiva la riproduzione testuale degli artt. 20, 21 e 23.

2.1.- Osserva al riguardo il Collegio che nella impugnata sentenza è stato affermato in punto di fatto che l’interessato esponeva di essere stato incaricato di assumere compiti e ruolo di dirigente di struttura apicale del Comune di Firenze, con mansioni della II qualifica funzionale, richiamando l’ordine di servizio n. 497 del 22.3.1984, l’ordinanza sindacale n. 1043 del 19.5.1984 e l’allegato A alla delibera consiliare n. 2563/2118 del 27.3.1985; detti atti sono stati quindi puntualmente indicati ed è evidentemente ad essi che la sentenza si riferisce allorché fa cenno alle "ordinanze" richiamate dal ricorrente, laddove per "ordinanze" intende tutti i provvedimenti di investimento del ricorrente, ché, se avesse fatto solo riferimento alla l’ordinanza sindacale n. 1043 del 19.5.1984, avrebbe sicuramente usato il termine " ordinanza".

In seguito la sentenza in esame (premesso che il riconoscimento del trattamento economico per lo svolgimento delle superiori mansioni è subordinato alla circostanza che la normativa di settore non disponga in modo diverso e che esse siano state svolte in forza di formale provvedimento adottato dal competente organo dell’Ente in applicazione della normativa di settore) ha evidenziato che non sussisteva alcun provvedimento di conferimento di incarico di svolgimento di mansioni superiori che fosse stato adottato dal competente organo comunale, seguendo la procedura del Regolamento organico, necessaria per ottenere il compenso per lo svolgimento delle mansioni superiori, atteso che le ordinanze sindacali richiamate dal ricorrente non erano riconducibili ai provvedimenti previsti dagli artt. 20, 21 del Regolamento organico (con il quale il Comune aveva prefigurato modalità di conferimento e di riconoscimento delle mansioni superiori, se non attribuite secondo detti articoli, rispettose dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione) e che non erano quindi idonee a dare sostegno alla pretesa economica avanzata con il gravame.

La motivazione sopra riassunta, ad avviso della Sezione, è idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico – giuridico seguito dal Giudice di prime cure, atteso che la semplice comparazione del contenuto e della provenienza dei provvedimenti di assegnazione delle superiori mansioni al ricorrente, con i requisiti dai quali essi avrebbero dovuto essere assistiti secondo il testuale contenuto degli artt. 20, 21 e 23 del regolamento organico, consente di individuare i requisiti che essi provvedimenti avrebbero dovuto avere, cioè: motivazione in base a criteri oggettivi previo confronto con le OO.SS. (art. 20), da parte della Giunta o del Consiglio (art.21), accertamento dell’esercizio di fatto da parte della Giunta, con diritto al compenso solo dopo contestazione scritta e tempestiva della legittimità degli ordini impartiti (art. 23); requisiti in concreto risultati carenti.

Le censure in esame non sono quindi suscettibili di positiva valutazione.

3.- Con il secondo motivo di appello è stato dedotto che le mansioni superiori sarebbero state svolte dal dipendente in base ad atti formali, adottati dall’organo competente secondo lo specifico ordinamento comunale, come l’ordinanza sindacale n. 1043 del 1984, atto concludente nell’assegnare formalmente il posto di dirigenza della struttura de qua al ricorrente, ratificando un ordine di servizio dell’Assessore espressamente richiamato. Il posto era previsto in pianta organica ed il Consiglio comunale era a conoscenza dell’avvenuta attribuzione dell’incarico al ricorrente (delibera n. 860/329 del 1984) e ne aveva riconosciuto esplicitamente la responsabilità della struttura a seguito di detta ordinanza. Qualora non fosse stato applicabile l’art. 20 sarebbe stato comunque applicabile l’art. 23, avendo il ricorrente inutilmente richiesto più volte, per iscritto, l’accertamento delle mansioni superiori ed avendo gli Organi informati (Sindaco, due Assessori ed il Segretario comunale) deferito la conoscenza della situazione "di fatto" alla Giunta; peraltro l’accertamento sarebbe stato più volte effettuato dal Consiglio comunale e "dunque dalla Giunta (i cui membri, prima della riforma del 1990, erano interamente ricompresi nel Consiglio), a nulla valendo eventuali errori di procedura non addebitabili al ricorrente.

3.1.- Osserva il Collegio che gli atti di conferimento delle nuove mansioni al ricorrente (ordinanza sindacale n. 321 del 1982, ordinanza dell’Assessore del 22.3.1984 e ordinanza sindacale n. 1043 del 1984) non soddisfacevano le condizioni poste dall’art. 20 del Regolamento comunale, atteso che non costituivano provvedimento motivato in base a criteri oggettivi stabiliti previo confronto con le Organizzazioni sindacali.

Neppure poteva essere applicato l’art. 23 del Regolamento suddetto, non risultando essere stato effettuato alcun accertamento da parte della Giunta, previa audizione del dipendente con l’eventuale assistenza delle OO.SS., sullo svolgimento di fatto delle mansioni superiori.

In assenza di tali condizioni, espressamente previste dall’articolo da ultimo citato, a nulla vale la circostanza che il ricorrente avesse più volte richiesto per iscritto l’accertamento delle mansioni superiori al Sindaco, a due Assessori ed al Segretario comunale, non prevedendo l’articolo stesso l’equipollenza del deferimento della conoscenza della situazione "di fatto" alla Giunta a quanto ivi espressamente richiesto. A nulla vale altresì che l’accertamento sarebbe stato più volte effettuato dal Consiglio comunale tra i cui membri, prima della riforma del 1990, erano scelti i membri della Giunta, dovendo essere tale organo, e non le persone fisiche che di esso facevano parte, a svolgere le operazioni di cui al ridetto art. 23 per poter invocare il diritto alla retribuzione per le superiori mansioni svolte.

Peraltro neppure era applicabile alla fattispecie l’art. 21 del Regolamento de quo, considerato che non risulta adottato alcun provvedimento deliberativo della Giunta o del Consiglio assunto sulla base di criteri obiettivi adottati previo confronto con le OO.SS..

4.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che comunque il diritto alla superiore retribuzione derivi dal principio costituzionale di cui all’art. 36, e comunque il diniego comporti violazione dell’art. 2041 del c.c. ricorrendo tutti gli elementi per l’arricchimento senza causa, ovvero dell’art. 2126 del c.c. qualora il lavoro dovesse essere considerato prestato sulla base di atti di conferimento di incarico non regolarmente emanati.

4.1.- La Sezione non ritiene condivisibili dette censure.

Non vale, infatti, invocare l’art. 36 della Costituzione, poiché al rapporto di lavoro di natura pubblicistica si applicano anche le norme degli artt. 97 e 98 della stessa Costituzione, che ostano a siffatta ricostruzione (Consiglio Stato, sez. IV, 16 luglio 2010, n. 4596 e 14 gennaio 2009, n. 128).

Né il diritto del pubblico dipendente al corrispettivo, per l’espletamento di mansioni superiori, può fondarsi sull’ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione ex art. 2041 c.c., atteso che l’esercizio di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita, svolte durante l’ordinaria prestazione lavorativa, non risulta aver arrecato alcuna effettiva diminuzione patrimoniale ai danni del dipendente (Consiglio Stato, sez. V, 03 novembre 2010, n. 7755), ovvero sull’art. 2126 c.c., che concerne solo l’ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato (Consiglio Stato, sez. IV, 16 luglio 2010, n. 4596), sicché esso non incide in alcun modo sui provvedimenti che individuano il trattamento giuridico ed economico degli impiegati pubblici, non consente di disapplicare gli atti di nomina o di inquadramento e l’Amministrazione è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consente tale assegnazione e la maggiorazione retributiva (Consiglio Stato, sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6604).

5.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Tanto rende inutile la disamina della ammissibilità della eccezione di prescrizione formulata dalla difesa del Comune resistente.

6.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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