Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 25-02-2011, n. 7238 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Tivoli in data 20.10.2008, tra gli altri, nei confronti di C.R., acquirente di un fabbricato che fa parte di un complesso costituito da numerose unità immobiliari ubicate nel Comune di Riano, oggetto di indagine per i reati di lottizzazione abusiva e violazioni edilizie.

Il Tribunale del riesame, ai fini della verifica del fumus dei reati oggetto di indagine, ritenuti sussistenti, ha ripercorso l’iter delle attività investigative; riportato le risultanze degli accertamenti tecnici che hanno riguardato la realizzazione di 16 complessi residenziali in zona E Agricola del Comune di Riano; indicato gli elementi fattuali ed i riferimenti normativi in base ai quali risulta configurabile l’abusiva trasformazione residenziale di aree con destinazione agricola mediante atti negoziali di frazionamento, attività edificazione e successiva alienazione degli immobili realizzati.

Con riferimento alle numerose istanze di riesame proposte sia da soggetti indagati, sia da terzi acquirenti non attinti dalle indagini, il Tribunale del riesame, in estrema sintesi, ha ritenuto sussistente la necessità di garantire la confisca obbligatoria degli immobili del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, nonchè le esigenze cautelari connesse al pericolo di protrazione delle conseguenze del reato. L’ordinanza ha inoltre affermato la preclusione della possibilità, in sede di riesame, di accertare l’elemento soggettivo del reato o l’eventuale buona fede dei soggetti non indagati ai fini della esclusione della possibilità di confisca degli immobili nei loro confronti.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del C., che la denuncia per violazione di legge.

Con 11 primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 321 c.p.p., deducendo che il provvedimento con il quale è stato disposto dal G.I.P. il sequestro preventivo dell’immobile nei confronti del C. non è stato preceduto da una richiesta del P.M..

Con il secondo mezzo di annullamento, denunciando violazione di legge, si deduce che il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 8 e art. 44 è caratterizzato dall’elemento psicologico del dolo, sicchè di esso non può essere chiamato a rispondere la persona che abbia partecipato ad una attività lottizzatoria a titolo di mera colpa.

Con il terzo mezzo di annullamento si rileva che la confisca, che nel caso in esame giustifica il sequestro, secondo la Corte Europea dei diritti dell’uomo – decisione del 30.8.2007 e 20.1.2009 sul ricorso proposto contro l’Italia dalla S.r.l. Sud Fondi – ha natura di sanzione penale che non può essere irrogata al di fuori di ipotesi di responsabilità penale, verificandosi altrimenti un’infrazione dell’art. 7 della CEDU. Si osserva inoltre che la L. 25 febbraio 2008, n. 34, recante disposizioni per l’adempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza alla Comunità Europea, prescrive che il Governo debba "disciplinare il limite della confisca nei confronti della persona estranea al reato, che ne abbia beneficiato o che abbia ricevuto i beni per diritto successorio" (art. 31, lett. c) e che tale disciplina debba "prevedere che in ogni caso la confisca non pregiudichi i diritti dei terzi in buona fede sulle cose che ne sono oggetto (art. 31, lett. G).

Si deduce, quindi, che tale ultima disposizione costituisce norma di dettaglio, immediatamente precettiva e non meramente programmatica, che ha abrogato la previsione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.

Nel prosieguo si deduce che il C. non risulta indagato; ha acquistato l’immobile successivamente al termine dell’intervento lottizzazione per adibirlo a propria unica e primaria abitazione;

nell’acquisto dell’immobile ha fatto affidamento sul notaio rogante, che ha effettuato tutti gli accertamenti necessari, compresi quelli urbanistici.

Si aggiunge che nella specie non risulta applicabile il disposto di cui all’art. 324 c.p.p., comma 7, configurandosi la possibilità di disporre la confisca dell’immobile come meramente eventuale; nè sussistono le esigenze cautelari derivanti dal pericolo di ulteriore compromissione del bene protetto dalla norma, trattandosi di abitazioni ultimate, servite da adeguate opere di urbanizzazione.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Osserva la Corte che, al fine di soddisfare il requisito della autosufficienza del ricorso (cfr. sez. 1^, 18.3.2008 n. 16706, Falcone, RV 240123; sez. 1^, 22.1.2009 n. 6112, Bouyahia, RV 243225), il ricorrente avrebbe dovuto allegare la richiesta di sequestro formulata dal P.M., che ha preceduto il provvedimento del G.I.P., riguardante numerosissime unità immobiliari appartenenti a soggetti diversi.

Tale onere di allegazione, nel caso in esame, doveva necessariamente essere soddisfatto, non essendo stata formulata dinanzi al Tribunale l’eccezione afferente alla carenza di iniziativa della pubblica accusa, che è stata sollevata solo dinanzi a questa Corte.

Non è dato comprendere, peraltro, dal motivo di ricorso, nè può tenersi conto delle indicazioni verbali da parte del difensore in udienza camerale sul punto, se la censura si riferisce al bene oggetto di sequestro ovvero al fatto che nella richiesta non è espressamente indicato quale destinatario della misura cautelare il C.; omissione del tutto irrilevante.

Elemento essenziale del provvedimento con il quale viene disposto il sequestro, infatti, è la individuazione del bene che deve formare oggetto della misura cautelare, in quanto corpo del reato, cosa pertinente al reato o per le altre esigenze cautelari indicate nell’ordinanza, mentre è del tutto inconferente la individuazione del soggetto cui la cosa appartiene.

Il secondo motivo di gravame è infondato.

E’ stato già reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che non sussistono ragioni per escludere che il reato di lottizzazione abusiva, in quanto fattispecie contravvenzionale, possa essere commesso per colpa (cfr. sez. 3^, 13.10.2004 n. 39916, La medica ed altri; 11.5.2005, Stiffi ed altri; 20.1.2008, Zortea; 5.3.2008 n. 9982, Quattrone; 26.6.23008, Belloi ed altri).

Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni dall’art. 42 c.p., comma 4, dovendosi ovviamente valutare i casi di errore scusabile sulle norme integrative del precetto penale e quelli in cui possa trovare applicazione l’art. 5 c.p., secondo l’interpretazione fornita dalla pronuncia n. 364/1988 della Corte Costituzionale.

In relazione al terzo motivo di gravame si osserva che l’indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte ha sostanzialmente recepito le indicazioni della citata sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo – decisione del 30.8.2007 e 20.1.2009 sul ricorso proposto contro l’Italia dalla S.r.l. Sud Fondi – ed è ormai consolidato nell’affermare che la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite non deve essere disposta nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato e che ne siano venuti in possesso in buona fede. (cfr. sez. 3^, 24.10.2008 n. 42741, Silvicoli e altri, RV 241703; sez. 3^, 12.12.2008 n. 12118, Scalici, RV 243395; sez. 3^, 17.3.2009 n. 17865, P.M. in proc. Quarta ed altri, RV 243749).

Nel rispetto dell’enunciato principio di diritto è stato, però, precisato da questa Corte che l’acquirente di immobili o terreni abusivamente lottizzati non è, per ciò solo, terzo estraneo rispetto al reato di lottizzazione abusiva, che abbia le caratteristiche anche della lottizzazione negoziale, salvo che egli provi di aver agito in buona fede, partecipando inconsapevolmente all’illecita operazione lottizzatoria, pur avendo adempiuto ai doveri di informazione e conoscenza richiesti dall’ordinaria diligenza (sez. 3^, 13.7.2009 n. 39078, Apponi e altri, RV 245345; sez. 3^, 9.7.2009 n. 36844, Contò, RV 244924); nè può essere attribuita rilevanza decisiva sul punto al solo fatto che il terzo acquirente non abbia rivestito la qualità di persona sottoposta ad indagini od imputato, trattandosi di qualità che questi ben potrebbe successivamente assumere a seguito dell’attività di indagine, (sez. 3^, 21.10.2009 n. 48924, Tortora e altri, RV 245764).

Le posizioni del venditore, che ha proceduto alla lottizzazione, e dell’acquirente, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede del venditore, che, traendo in inganno l’acquirente, lo abbia convinto della legittimità dell’operazione (vedi Cass. sez. 3^, 22.5.1990, Oranges e 26.1.1998, Cusimano).

Va, poi, ulteriormente ribadito, sulla base del citato precedente e di numerosi altri (cfr. di recente sez. 3^, 2.10.2008 n. 37472, Belloi ed altri; sez. un. 15.10.2008 n. 38834, De Maio), che per disporre la confisca prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, non occorre che la persona alla quale appartiene l’immobile oggetto di lottizzazione abusiva debba necessariamente essere condannata per detto reato, in quanto ben può essere accertata la sussistenza della fattispecie contravvenzionale in tutti i suoi elementi e la carenza di buona fede del terzo acquirente, anche se per una qualsiasi causa non si pervenga alla condanna di quest’ultimo.

Orbene, nel caso in esame l’ordinanza ha correttamente osservato che l’accertamento dell’elemento psicologico del reato, ed a maggior ragione della buona fede del terzo acquirente, non può formare oggetto di verifica nel procedimento incidentale, a cognizione necessariamente sommaria, dinanzi al tribunale del riesame, richiedendo l’esaustiva disamina di tutte le risultanze probatorie che può essere effettuata solo nella sede di merito.

Inoltre, ed il rilievo è assorbente, l’ordinanza ha affermato che la misura cautelare è stata disposta anche per impedire che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze.

In relazione alla citata esigenza cautelare, infatti, l’appartenenza della cosa a persona non indagata del reato non è affatto ostativa alla applicazione del sequestro.

Anche sul punto delle esigenze cautelari le censure del ricorrente, peraltro generiche e fattuali, sono infondate.

In ordine alle esigenze cautelari, che nel caso di violazioni edilizie o urbanistiche, allorchè l’attività edificatoria sia ultimata, devono essere ravvisate nella ulteriore compromissione del bene tutelato dalla norma e, quindi, nel concreto aggravio del carico urbanistico sul territorio, l’ordinanza si palesa correttamente motivata (cfr. sez. un. 20.3.2003 n. 12878), mediante i rilievi afferenti alla destinazione agricola dell’area, secondo le previsioni del PRG, ed alla carenza di servizi essenziali, che rendono evidente l’aggravio del carico urbanistico e la compromissione dell’assetto del territorio derivante dall’uso residenziale dello stesso. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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