Cons. Stato Sez. VI, Sent., 24-02-2011, n. 1165 Interesse a ricorrere Legittimazione processuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Gli odierni appellanti hanno impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio -Sede di Roma – il bando per la copertura di 197 posti di vice revisore tecnico della Polstato, lamentandone la illegittimità nella parte in cui esso ha riservato (previo superamento di un corso di riqualificazione) 27 posti di vice revisore tecnico infermiere ai soggetti appartenente al profilo professionale di operatore di assistenza del settore sanitario.

Essi hanno dedotto che i soggetti appartenenti a detto profilo non sarebbero stati in possesso del titolo di studio necessario per esercitare la professione infermieristica.

Il Tribunale amministrativo regionale adito ha dichiarato inammissibile il ricorso, per difetto di legittimazione attiva, rilevando che le prerogative degli Ordini e dei Collegi professionali vanno poste in stretta correlazione con i compiti ad essi affidati dall’ordinamento giuridico (tenuta di albi, esercizio dell’azione disciplinare, predisposizione dei compensi).

Poiché tali attività riguardano i liberi professionisti che prestano la propria opera in favore di singoli clienti ovvero, in determinati casi, alle dipendenze di imprenditori privati, le prerogative degli Ordini e dei Collegi professionali non potrebbero essere estese sino al punto da ipotizzare un interesse a sindacare le determinazioni delle pubbliche amministrazioni aventi per oggetto la selezione dei propri dipendenti, che svolgano attività pur di contenuto corrispondente a quella di una libera professione.

Poiché tali dipendenti sono retribuiti dall’amministrazione ed a quest’ultima rispondono sotto il profilo disciplinare, la loro iscrizione dei medesimi agli albi professionali risulterebbe del tutto ultronea.

2. La sentenza è stata appellata dagli originari ricorrenti, che ne hanno contestato la esattezza, sostenendo la sussistenza della propria legittimazione ad agire in quanto la iscrizione al rispettivo albo professionale costituirebbe condizione per l’esercizio di tutte le professioni sanitarie.

In ogni caso, ed in via subordinata, essi hanno dedotto che sarebbe ben ravvisabile l’interesse morale e strumentale alla caducazione dei provvedimenti impugnati in primo grado, in quanto lesivi degli interessi di tutti i soggetti iscritti agli albi professionali da loro tenuti.

Nel merito, gli appellanti hanno riproposto le censure originarie per le quali il corsoconcorso in esame avrebbe fatto riferimento a profili di "infermiere generico" soppressi a far data dal 1994; in applicazione della legge n. 42 del 1999 e n. 502 del 1992, il requisito minimo per esercitare la "professione sanitaria" sarebbe il possesso del diploma di laurea.

Essi hanno anche rilevato che la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 313 del 1994) ha fissato le ipotesi in cui era possibile per le Pubbliche Amministrazioni derogare al principio del pubblico concorso aperto all’esterno ai sensi dell’art. 97 della Costituzione per l’accesso alla qualifica superiore: tali eccezionali requisiti non ricorrerebbero nel caso di specie, per cui del tutto illegittimamente è stato nella specie bandito un concorso interno e "riservato".

Alla camera di consiglio del 21 marzo 2006, fissata per la delibazione sulla domanda di sospensione dell’esecutività dell’appellata sentenza, gli appellanti hanno rinunciato alla istanza incidentale.

All’udienza del 1° febbraio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1.L’appello è infondato e deve essere respinto.

2. La sentenza gravata ha correttamente rilevato la sussistenza del difetto di legittimazione attiva alla proposizione del ricorso di primo grado.

In base ai principi generali sulle condizioni dell’azione, desumibili dall’art. 24, comma primo, della Costituzione e dall’art. 100 c.p.c., l’interesse processuale presuppone una lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e l’idoneità del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale.

3. Con riferimento alla fattispecie in esame, ritiene la Sezione che gli ordini e i collegi professionali, istituiti per la disciplina delle libere professioni, non sono legittimati ad impugnare i provvedimenti attinenti all’organizzazione del pubblico impiego, esulando dalle loro funzioni il "controllo" di coloro che prestino alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni attività lavorative di contenuto corrispondente a quella della libera professione.

L’ordine o il collegio professionale non ha legittimazione ad impugnare i provvedimenti amministrativi che determinino i titoli d’idoneità professionale per lo svolgimento di pubbliche funzioni, ovvero gli altri requisiti di ammissione ai pubblici concorsi o per il conferimento delle mansioni da assegnare ai dipendenti dell’amministrazione, in ragione della loro preparazione professionale.

L’assenza di tale legittimazione non risulta incoerente con la giurisprudenza che ha ammesso l’impugnazione di un bando, da parte dell’ente esponenziale previsto dalla legge, quando riguardi il conferimento di un’attività professionale a soggetti iscritti in un determinato ordine professionale, anziché in altro.

Infatti, gli ordini professionali hanno il compito istituzionale di provvedere alla tutela dell’attività svolta o da svolgere da parte degli iscritti, ma non sono titolati di poteri disciplinari ord organizzativi, quando si tratti di pubblici dipendenti, anche se questi abbiano una qualifica omonima o similare a quella degli iscritti all’ordine (Cons. Stato, sez. IV, 22 ottobre 1993, n. 918; Sez. V, 20 agosto 1996, n. 929).

4. Le censure contenute nell’atto di appello hanno dedotto che la legittimazione processuale (e conseguentemente l’interesse a ricorrere) nella specie sussisterebbe perché vi sarebbe l’obbligo di iscriversi all’albo professionale, per tutti coloro i quali vogliano esercitare la professione di infermiere.

Ritiene la Sezione che tale deduzione sia infondata.

L’art. 10 del decreto del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, stabilisce che "i sanitari che siano impiegati in una pubblica amministrazione ed ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, non sia vietato l’esercizio della libera professione, possono essere iscritti all’albo.

Essi sono soggetti alla disciplina dell’Ordine o Collegio, limitatamente all’esercizio della libera professione."

Il termine "possono" ivi contenuto evidenzia come non sia obbligatoria l’iscrizione all’albo, sostenuta nell’atto di appello.

Anche la Corte di Cassazione ha osservato come vada escluso che all’iscrizione all’albo professionale siano tenuti gli infermieri professionali che rivestano la qualifica di dipendenti di enti pubblici, poiché per essi l’art. 10 del citato decreto n. 233 del 1946 ha previsto la mera possibilità dell’iscrizione all’albo, "limitatamente all’esercizio della libera professione" (Cassazione penale, sez. VI, 1° aprile 2003, n. 28306).

La constatata assenza di legittimazione non rende ravvisabile neppure un interesse morale alla proposizione del ricorso di primo grado, poiché l’atto con esso impugnato non ha inciso su alcuna posizione giuridicamente rilevante e di natura personale, riferibile agli appellanti.

La dichiarazione di inammissibilità resa dal Tribunale amministrativo appare pertanto corretta e meritevole di conferma

4. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. 1589/2006 RG) come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna gli appellanti al pagamento delle spese processuali in favore delle Amministrazioni appellate, nella misura di euro mille (Euro 1.000/00), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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