Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-01-2011) 25-02-2011, n. 7455

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza in data 27 ottobre 2006 del Giudice dell’Udienza preliminare del locale Tribunale, appellata da P. F., che l’aveva ritenuto responsabile del delitto di tentato furto in luogo di privata dimora, commesso il (OMISSIS).

Propone ricorso per cassazione l’imputato sulla base di due motivi.

Con il primo deduce violazione di legge e difetto di motivazione per non essere stata riconosciuta la desistenza volontaria, avendo egli abbandonato la bicicletta che aveva sottratto nel cortile condominale, preferendo non portare a termine l’azione prima dell’intervento della polizia, chiamata solo in un secondo tempo dalla p.l..

Con il secondo motivo rileva che sarebbe intervenuta la prescrizione del reato, essendo applicabile alla vicenda la più favorevole disposizione degli artt. 157 e 161 c.p., nel testo conseguente alle modifiche di cui alla L. n. 251 del 2005, così che la prescrizione sarebbe intervenuta in anni sei, con proroga di un quarto fino ad anni sette e mesi sei, termine già scaduto.

Ha depositato memoria il ricorrente con la quale ribadisce le argomentazioni del ricorso in ordine al ricorrere della desistenza volontaria e, in ogni caso, della prescrizione del reato.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

E’ lo stesso ricorrente che, dopo l’ampio excursus dottrinale e giurisprudenziale in tema di desistenza, osserva come la stessa ricorra quando l’interruzione dell’azione sia non necessitata, ma volontaria, anche se per ragioni utilitaristiche, rilevando poi che egli aveva abbandonato la bicicletta prima dell’intervento della polizia.

Con ciò, peraltro, omette di ricordare, come invece hanno fatto i giudici del merito, che l’interruzione dell’attività criminosa era dipesa dall’intervento del proprietario della bicicletta, che aveva incontrato e bloccato il prevenuto mentre la stava conducendo verso l’uscita del cortile dove l’aveva prelevata, e che l’interruzione dell’azione era quindi dipesa da una tale presenza, che ne ostacolava la definitiva realizzazione, rendendo in tal modo necessitato l’abbandono della refurtiva, di cui il P. avrebbe potuto conseguire il sicuro possesso solo commettendo rapina impropria, come osservato correttamente dal giudice del merito.

Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Invero, è stata contestata, ed è stata in concreto applicata dai giudici del merito, in assenza di attenuanti, la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. L’aggravante in questione comporta un aumento massimo di 2/3 della pena, anche secondo il testo previgente dell’art. 99 c.p., e nel caso di specie la somma delle pene, inflitte per delitto non colposo al P. in epoca anteriore alla consumazione di quello per cui si procede, è superiore ai 2/3 della pena massima stabilita dalla legge per il delitto de quo, così che non si rende applicabile il disposto dell’art. 99 c.p., u.c..

Ai fini dell’individuazione del tempo per la prescrizione del delitto, la pena massima, per il tentato furto in abitazione (sei anni di reclusione, ridotta di un terzo per il tentativo), di quattro anni deve essere aumentata, a cagione della recidiva, di 2/3, fino ad anni sei e mesi otto di reclusione. Secondo il disposto del previgente art. 157 c.p. la prescrizione (per un delitto punito con pena massima superiore a cinque anni) avrebbe operato in anni dieci, con aumento massimo fino a quindici anni, per le interruzioni verificatesi nel corso del procedimento.

Esattamente il ricorrente ritiene più favorevoli le disposizioni degli artt. 157 e 161 c.p., nella formulazione conseguente alle modifiche di cui alla L. n. 251 del 2005; tuttavia, al periodo di prescrizione corrispondente alla pena massima stabilita dalla legge, in anni sei e mesi otto di reclusione, deve essere aggiunta la proroga del termine prescrizionale che, a mente del riformato art. 161 cpv. c.p., non può, a causa della recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4, che essere dei 2/3 della pena massima, ciò comportando l’individuazione di un termine massimo di prescrizione di anni undici, mesi uno e giorni dieci.

In definitiva, essendo stato consumato il delitto il (OMISSIS), la prescrizione non è già intervenuta, potendo operare solo in data 12 dicembre 2012.

All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione – di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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