Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-01-2011) 25-02-2011, n. 7453

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Brescia ha parzialmente riformato la sentenza in data 11 novembre 2009 del Giudice dell’Udienza preliminare del locale Tribunale, appellata da B.D.P.F..

Al B. era stato originariamente ascritto il delitto di rapina per aver usato minaccia verso C.S., nei cui confronti aveva brandito un attrezzo metallico antifurto "bullock" per costringerla ad aprire la portiera della sua auto, dove l’aveva aggredita provocandole lesioni al collo e, finendo poi per impossessarsi di una borsetta contenente, fra l’altro, una somma di denaro ed il cellulare, da lei abbandonata sulla vettura quando era riuscita a fuggire.

Il concitato episodio si era inserito nelle vicissitudini della fine di un rapporto personale e sentimentale che aveva dato luogo a ripetuti momenti di tensione fra i due sfociati nel procedimento, nell’ambito del quale erano stati contestati altri reati per i quali si era proceduto a parte.

Il giudice d’appello ha ritenuto che i fatti, originariamente ritenuti dal primo giudice come rapina, integravano, invece, i delitti di violenza privata aggravata dall’uso dell’arma e di furto semplice, considerando l’apprensione della borsetta del tutto indipendente dal precedente uso della violenza; ha dichiarato, di conseguenza, estinti per remissione di querela sia il delitto di furto, sia il delitto di lesioni contestati al prevenuto, ed ha confermato la dichiarazione di responsabilità per il delitto di violenza privata aggravata.

Propone ricorso per cassazione l’imputato sulla base di tre motivi, che vengono ribaditi con motivi aggiunti, e con produzione di copie di verbali e di DVD, di cui chiede peraltro la restituzione. Chiede anche l’applicazione del disposto del D.Lgs. n. 196 del 2007, art. 52, per il caso di diffusione del presente provvedimento.

Con il primo motivo deduce violazione di legge perchè, dopo la riqualificazione del fatto ascrittogli come rapina, era stata ritenuta la sua responsabilità penale per il delitto di violenza privata, per aver usato la minaccia dell’utilizzo del bullock per ottenere che la C. lo facesse salire sulla sua auto, circostanze di fatto del tutto estranee al capo di imputazione sub A) da cui l’imputazione ha avuto origine, con conseguente nullità della sentenza per difetto di contestazione.

Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione sulla ritenuta attendibilità della persona offesa, mentre erano state evidenziate durante il processo di merito, e con l’impugnazione in appello, le numerose discrasie di quella deposizione, che non avrebbero dovuto di attendibilità; il ricorrente esamina diffusamente sia nel ricorso, che nei motivi aggiunti, le varie situazioni mettendo in evidenza tutti i punti che la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare per ritenere inattendibile il narrato della p.o..

Con il terzo motivo deduce violazione di legge per essere stata ritenuta la violenza privata aggravata dall’uso di un’arma, ex art. 339 c.p.; il bullock, strumento in dotazione alla sua autovettura con funzioni di blocco-antifurto, non poteva essere qualificato come arma, anche perchè il suo porto non si sarebbe potuto considerare privo di giustificazione, attesa la funzione specifica di accessorio dell’autovettura.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Come ritiene la giurisprudenza di questa Corte in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza (cfr. Sez. U, sent. n. 36551 del 15/7/2010, Rv. 248051, ric: Carelli), per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del suddetto principio non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione.

Nella specie, come risulta dalle sentenze di merito, l’oggetto di indagine dibattimentale, e quindi anche delle attività difensive, era stato l’intero sviluppo dell’azione minacciosa e violenta dell’imputato, che aveva convinto la C. a farlo salire sulla sua auto, dove aveva subito l’aggressione, concretizzatasi nelle lesioni al collo, alla quale si era poi sottratta con la fuga, dimenticando sulla vettura la borsetta divenuta oggetto del furto.

Appare evidente come l’imputato abbia potuto adeguatamente difendersi dall’accusa relativa all’utilizzo del bullock che, nell’immediato aveva il fine (seppure non indicato analiticamente in un capo di imputazione con oggetto l’asserito scopo finale di impossessamento di un bene) di ottenere da parte della donna, quale passaggio preliminare, ma ineludibile, l’apertura della portiera del veicolo per consentirgli di salirvi ed aver contatto con lei (e da ciò la corretta configurazione come violenza privata di quella prima parte dell’azione aggressiva, nel momento in cui veniva ritenuta la fondamentale cesura fra l’aggressione e l’impossessamento della borsetta).

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto – a prescindere dalla sua genericità perchè, nel lamentare omissione di valutazione su argomentazioni dell’appello, finisce per articolare i suoi puntigliosi riferimenti all’impugnazione di merito in modo tale da non consentire alla Corte di valutarne la pertinenza e la rilevanza – tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito, già adeguatamente valutati sia dal G.U.P. che dalla Corte d’appello.

Nel caso in esame, difatti, entrambe le pronunce hanno ineccepibilmente osservato che la prova dei fatti ascritti all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è adeguatamente argomentata, rilevandosi come le aree di incertezza e di ondeggiamento nella linearità della deposizione avessero avuto esclusivo riguardo ad altre circostanze di fatto, non oggetto del procedimento, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dal referto attestante l’effettività delle lesioni subite nell’occasione.

La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perchè è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’affermazione di responsabilità può essere basata sulle sole dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova (cfr. pure C. Cost. ordd. n. 82 del 2005, n. 115 del 1992, n. 374 del 1994, e sent. n. 2 del 1973 e n. 190 del 1971), purchè la relativa valutazione sia adeguatamente motivata.

E ciò vale, in particolare, proprio in tema di quei reati che, commessi non in presenza d’altri, non possono che essere accertati attraverso la valutazione e la comparazione delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti (cfr. Sez. 4, sent. n. 30422 del 21/6/2005, e Sez. 6, sent. n. 443 del 4/11/2004).

La Corte di Cassazione, in definitiva, non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.

Manifestamente infondata è infine la doglianza di cui al terzo motivo; invero la giurisprudenza di questa Corte ha da sempre ritenuto che il ricorrere dell’aggravante in questione prescinde dalla configurabilità nella specie della previsione contravvenzionale di riferimento ( L. n. 110 del 1975, art. 4).

In definitiva, per arma ai sensi dell’art. 339 c.p., si deve intendere qualsiasi strumento che, indipendentemente dalla funzione che possa avere nel suo utilizzo normale, abbia caratteristiche fisiche tali da poter essere anche utilizzato per recare offesa all’incolumità delle persone, così da rientrare nella categoria degli strumenti atti ad offendere previsti dalla norma (art. 4 citato), configurandosi poi l’aggravante de qua nel momento del suo utilizzo in un contesto aggressivo o minaccioso (cfr. per tutte: Sez. 2, sent. n. 5488 del 28/3/1996, Rv. 205278, ric.: Bevilacqua; Sez. 2, sent. n. 29950 del 16/6/2009, Rv. 244670, ric.: Pierro e altri, quest’ultima proprio in materia di strumento antifurto bloccapedali di automobile utilizzato ai fini di minaccia).

Nel caso di specie, anche se il porto sulla vettura era del tutto legittimo, perchè giustificato dalla sua funzione di antifurto, il prelievo dal veicolo del bullock per minacciare la C. ha qualificato di ingiustizia l’utilizzo dello strumento, che deve quindi essere considerato esclusivamente per la sua potenzialità lesiva, evidente, trattandosi di oggetto di metallo che il prevenuto brandiva minacciando di servirsene per infrangere il vetro dell’auto della donna.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Non può essere accolta la richiesta di restituzione di documenti prodotti, che come tali fanno parte del fascicolo processuale, potendosene al più autorizzare il rilascio di copia a chi ne sia interessato.

Trattandosi di ricorrente che ne ha fatto richiesta la cancelleria darà attuazione al disposto del D.Lgs. n. 196 del 2007, art. 52, per il caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per l’annotazione di cui al D.Lgs. n. 196 del 2007, art. 52, a tutela del ricorrente che ne ha fatto richiesta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *