Cass. civ. Sez. V, Sent., 15-04-2011, n. 8688

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

scritte del P.G. che ha chiesto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Letto il ricorso dell’amministrazione che concerne una controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un atto di classamento che determinava la rendita catastale di un immobile classificato in categoria D/8 ricavandola dalla applicazione al capitale fondiario di un tasso di redditività pari al 4%, ridotto al 2% dal giudice d’appello;

Letto il controricorso della società contribuente;

Rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società contribuente per supposta mancata esposizione dei fatti di causa, in quanto il ricorso contiene sinteticamente tale esposizione, riportando il nucleo essenziale della vicenda processuale (v. anche Cass. 13140 del 2010, secondo la quale "nel giudizio per cassazione, l’autosufficienza del controricorso è assicurata, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 2, che dichiara applicabile l’art. 366 c.p.c., comma 1, in quanto possibile, anche quando l’atto non contenga l’autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa, ma si limiti a fare riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata");

Rilevato che il ricorso è fondato su un unico articolato motivo con il quale si contesta, sotto il profilo della violazione di legge, la determinazione del tasso di fruttuosità nella misura del 2% enucleabile dal D.M. 14 dicembre 1991;

Ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui in tema di reddito dei fabbricati a fini fiscali, l’ordinamento tributario attribuisce alla rendita catastale funzione strumentale immediata nell’individuazione della capacità contributiva, mentre la proprietà di un’unità immobiliare è direttamente assunta dal giudice ad indice di capacità contributiva. Invece, quando la capacità contributiva è correlata al valore o all’incremento di valore dell’immobile – come si verifica in materia di imposte indirette – la rendita non esplica effetti immediati, ma serve solo per delimitare il potere accertativo dell’Amministrazione, essendo la base imponibile costituita dal valore venale in comune commercio. In entrambe le ipotesi, il valore degli immobili, ove l’esplicazione della funzione della rendita lo presupponga, è determinato applicando all’ammontare delle rendite catastali risultanti in catasto, periodicamente rivalutate, i moltiplicatori previsti dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, u.c., primo periodo che sono stabiliti dal D.M. 14 dicembre 1991 nella misura di cento volte per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali A, B e C e di cinquanta e trentaquattro volte, rispettivamente, per quelle classificate nei gruppi D ed E. Dall’entità di tali moltiplicatori si ricava, in senso inverso, che il saggio di capitalizzazione delle rendite catastali, al quale fa riferimento il D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 29 per la determinazione del capitale fondiario, è rappresentato, a seconda dei diversi gruppi, dall’1 per cento, dal 2 per cento e dal 3 per cento e, essendo lo stesso determinato uniformemente ed autoritativamente per ciascun gruppo, nessuna discrezionalità può essere riconosciuta all’U.T.E. nella sua individuazione (Cass. nn. 133 del 2006, 9056 del 2005, 12446 del 2004, 10037 del 2003);

Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato e che le spese seguano la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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