Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-01-2011) 25-02-2011, n. 7548 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 19 novembre 2008, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza emessa, all’esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale della stessa città, riduceva la pena inflitta a B.R., in quanto colpevole del reato di detenzione illecita di gr. 13,2 di cocaina, confermando nel resto.

2. Avverso la suddetta sentenza, propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, articolando due motivi di ricorso con cui denuncia:

– la mancanza di motivazione in ordine al motivo di appello con cui era stato chiesto il riconoscimento della circostanza attenuante speciale, di cui all’art. 73 t.u. stup., comma 5 essendosi la sentenza limitata ad affermare che il quantitativo di droga non consentiva di considerare il fatto di lieve entità, non pronunciandosi sulle circostanze allegate, quali l’occasionalità dell’episodio e lo stato di tossicodipendente dell’imputato.

– la mancanza di motivazione in ordine alla sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto al primo motivo, deve ribadirsi che i fatti delittuosi previsti dall’art. 73 T.U. stup. sono di "lieve entità", quando "per i mezzi, per le modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze", si rivelino come minimamente pericolosi rispetto al risultato della diffusione degli stupefacenti tra i possibili assuntori.

L’attenuante in oggetto, dunque, può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo della sostanza stupefacente sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione normativa (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri.

Nella fattispecie in esame, l’attenuante in questione era stata esclusa dal giudice di primo grado e la Corte di merito ha ritenuto che il quantitativo di stupefacente (nella specie pari a g. 5,934 di principio attivo) non consentisse di considerare lieve la condotta ascritta all’imputato.

Pertanto, il ragionamento espresso dal giudice distrettuale – considerato il quantitativo di stupefacente detenuto dall’imputato – è in linea con i principi espressi da questa Corte in materia.

2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, posto che la Corte di merito, nell’escludere la lieve entità del fatto, ha implicitamente rigettato anche la richiesta di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5-bis, che presuppone necessariamente il riconoscimento della predetta attenuante (tra l’altro la richiesta era da ritenersi in ogni caso inammissibile, in quanto avanzata per la prima volta in appello e dal difensore privo di apposita procura speciale).

4. All’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa emergenti dal ricorso – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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