T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 24-02-2011, n. 1123 amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Premette l’Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.) per la Provincia di Benevento, in persona del legale rappresentante p.t., che il Sindaco del Comune di Pago Veiano (BN) con ordinanza n. 16 dell’1.8.1996, inviata all’I.A.C.P. con nota 7.11.1996, aveva requisito l’alloggio di sua proprietà sito alla Via De Gasperi n. A/2 pos. 13, per assegnarlo alla famiglia di O.G., già destinataria di decreto di rilascio ex art. 18 D.P.R. n. 1035/72.

Aggiunge di avere impugnato, con ricorso dell’11.3.1997, con ricorso straordinario al Capo dello Stato la predetta ordinanza n. 16/96 e che il predetto ricorso, sul presupposto che la predetta famiglia era residente in svizzera, ed ivi emigrata, come da informazione dei Carabinieri, era stato accolto con D.P.R. del 12.6.2000, con il conseguente annullamento dell’impugnata ordinanza.

Tanto premesso e preso atto che l’occupazione sine titulo ex tunc permaneva a tutt’oggi, l’Istituto Autonomo Case Popolari per la provincia di Benevento, in persona del legale rappresentante p.t., con ricorso notificato il 13.2.2001 e depositato il 5.3.2001, ha adito questo Tribunale chiedendo l’accertamento del diritto al risarcimento dei danni da occupazione illegittima per l’intero periodo di occupazione e, segnatamente, dall’1.8.1996 all’effettivo rilascio, sia ad eventuale titolo di indennità di requisizione, sia all’eventuale titolo di risarcimento danni da requisizione e/o occupazione illegittima e/o abusiva, avendo come riferimento il canone mensile determinato, ai sensi della L.R. n. 39/93. nella misura di lire 87.600 mensili (come comunicato dall’I.A.C.P. al Comune di Pago Veiano con note del 19.12.1996 e dell’8.7.1999); ha chiesto, altresì, la conseguente condanna in solido dell’intimato Comune, in persona del legale rappresentante p.t., e della controinteressata O.G., al pagamento delle somme dovute ai predetti titoli dal luglio 2000 fino al rilascio dell’alloggio (non escluso il rimborso della somma di lire 2.161.213, per spese legali del ricorso straordinario), mentre per il periodo antecedente alla requisizione, l’I.A.C.P. vanterebbe nei confronti della sola Ospedale la somma di lire 3.370.800 (a quest’ultima richiesta con nota del 19.12.1996).

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.

Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo e, per la restante parte, infondato.

2. Sotto il pregiudiziale profilo della giurisdizione l’istituto ricorrente ha chiesto (tra l’altro) la condanna della sola controinteressata, O.G., in relazione al periodo antecedente alla requisizione disposta con ordinanza sindacale n. 16 dell’1.8.1996, nella misura della somma di lire 3.370.800 (a quest’ultima richiesta con nota del 19.12.1996).

Tuttavia per tale periodo di occupazione, non presidiato dall’ordinanza di requisizione o da altro provvedimento autorizzatorio, l’occupazione deve ritenersi sine titulo e, quindi, meramente usurpativa, tale cioè da integrare un comune illecito aquiliano ex art. 2043 cod. civ. la cui cognizione non può che spettare al giudice ordinario.

3. Sempre pregiudizialmente, ma in relazione al periodo di occupazione compreso tra l’1.8.1996 (data di emanazione dell’ordinanza sindacale di requisizione n. 16) e la data di effettivo rilascio dell’immobile va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario sul punto sollevata dalla resistente difesa per la circostanza che il petitum dell’instaurata controversia, stante il principio del tempus regit actum in riferimento alla entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, non rientrerebbe tra le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, dovendosi demandare il riparto tra la giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo all’ordinario criterio diritti/interessi legittimi.

In contrario, nel senso di ritenere, nella presente fattispecie, la sussistente giurisdizione del giudice amministrativo, è fondamentale la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 30 luglio 2007, alla stregua della quale: " Spetta alla giurisdizione amministrativa in sede di legittimità anche il potere di condanna dell’amministrazione comunale per i danni derivanti dalla illegittima requisizione in uso immobili di proprietà privata, e ciò anche per i danni prodottisi nel periodo successivo al termine di efficacia della requisizione sia perché ciò che arreca danno è la complessiva condotta in esecuzione del provvedimento impugnato, cosicché l’illecito consegue pur sempre all’adozione del provvedimento illegittimo da parte dell’Amministrazione, sia perché, una volta annullato il provvedimento, la situazione di abusiva occupazione non resta limitata al periodo successivo ai dodici mesi ma si verifica, a causa dell’effetto dell’annullamento giurisdizionale, sin dall’inizio "; in particolare allorché il provvedimento di requisizione sia stato oggetto di impugnazione innanzi al giudice amministrativo la predetta decisione precisa che: " La domanda di risarcimento del danno per occupazione di un immobile oltre il termine fissato nel predetto provvedimento rientra nella giurisdizione amministrativa, in quanto la condotta illegittima della p.a. trova occasione, collegamento e sviluppo nel provvedimento impugnato, e ciò anche per esigenze di concentrazione e di effettività della tutela giurisdizionale ".

La giurisprudenza ha recentemente avuto modo di dare applicazione ai principi espressi dall’adunanza Plenaria, affermando, a fronte della requisizione in uso di un bene immobile di proprietà privata, la giurisdizione del giudice amministrativo allorquando il privato, avendo impugnato l’ordinanza di requisizione ed ottenutane l’annullamento giurisdizionale, proponga domanda di risarcimento avente ad oggetto il danno consequenziale alla dedotta illegittimità del provvedimento oltre che quello derivante dalla perdurante occupazione dopo la scadenza del provvedimento. Ciò in quanto la compressione della situazione soggettiva del titolare dell’immobile troverebbe origine nell’ordinanza di requisizione, il cui annullamento facendo venir meno retroattivamente il titolo che giustificava l’occupazione del bene, travolge peraltro la distinzione tra la situazione anteriore e quella successiva alla scadenza del termine previsto nell’ordinanza configurandosi l’occupazione per entrambi tali periodi come "usurpativa", essendo unico il danno sofferto dal privato, che trova la propria causa prima nella requisizione illegittimamente disposta ed altrettanto illegittimamente sviluppatasi nel tempo (Cfr. C. di S., Sez. VI, 7 maggio 2010, n. 26669).

In buona sostanza, alla stregua della su riferita giurisprudenza, le somme dovute per il periodo di requisizione, poi dichiarata illegittima, sono da considerare dovute a titolo risarcitorio, senza che possa distinguersi tra la situazione anteriore e quella successiva alla scadenza del termine previsto nell’ordinanza e le relative controversie in quanto scaturenti da un comportamento dell’Amministrazione, pursempre riconducibile all’esercizio di una funzione pubblica, secondo il fondamentale principio sancito nella sentenza n. 204 del 2004 del Giudice delle Leggi, non può che rientrare nella cognizione del giudice amministrativo.

4. Sempre pregiudizialmente il Collegio si esime dal pronunciarsi in merito alla domanda di accertamento della illegittimità dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Pago Veiano (BN) n. 16 dell’1.8.1996, in quanto richiesta siffatta non solo risulta formulata in via incidentale, ma non tiene conto che la predetta ordinanza risulta già annullata con D.P.R. del 12.6.2000, in sede di decisione sul ricorso straordinario.

5. Ciò premesso, rileva, al riguardo, il Collegio che, nondimeno, la domanda risarcitoria debba essere dichiarata inammissibile, essendo le allegazioni relative al pregiudizio sofferto dall’Istituto ricorrente sfornite di ogni supporto di carattere probatorio, non risultando fornita la prova della sussistenza degli elementi necessari per la configurazione della responsabilità da illecito extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., ossia l’esistenza di un danno patrimoniale ingiusto subito dal ricorrente (non potendo quest’ultimo ritenersi automaticamente consequenziale all’annullamento giurisdizionale dell’atto impugnato), di un nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati, in relazione alle modalità concrete della fattispecie, ed, infine, della colpevolezza del presunto autore dell’illecito.

6. Richiamando le considerazioni espresse da altri Tribunali in relazione ad analoghe fattispecie processuali, infatti, occorre osservare che "l’azione risarcitoria – pur se proposta davanti al giudice amministrativo in virtù del principio di concentrazione della tutela sancito dalla disposizione attributiva della giurisdizione esclusiva in materia – sul piano probatorio è comunque soggetta non già alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì al principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., applicabile anche al processo amministrativo avente ad oggetto diritti soggettivi come quello al risarcimento del danno ingiusto (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666). Alla carenza di prova non può supplirsi né attraverso una consulenza tecnica – la quale, come noto, costituisce non già un mezzo di ricerca della prova, bensì di valutazione di elementi tecnici già acquisiti – né attraverso la liquidazione in via equitativa – come invocato dall’Istituto ricorrente – la quale postula che, quantomeno, sia stata data prova dell’esistenza del danno" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 13 febbraio 2006, n. 1052; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 5 aprile 2007, n. 363).

7. Nella fattispecie l’Istituto ricorrente si è limitato genericamente e senza alcuna concreta rappresentazione degli elementi probatori, a chiedere la condanna dei resistenti in solido al pagamento in suo favore della complessiva somma di lire 4.642.800, oltre al pagamento delle somme dal luglio 2000 all’effettivo rilascio dell’alloggio, ovvero di quella diversa, finanche maggiore, che dovesse essere determinata in corso di causa, finanche equitativamente dal Tribunale adito; ha chiesto, inoltre, il rimborso della somma di lire 2.161.213 pagate per spese legali del ricorso straordinario al Capo dello Stato: il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria, se ed in quanto dovuta, dalle singole poste attive al soddisfo.

Tuttavia, a comprova delle suddette domande, l’I.A.C.P. si è limitato a produrre le richieste indirizzate al Comune di Pago Veiano di cui alla nota I.A.C.P. n. 14813 del 19.12.1996 ("con riferimento all’ordinanza di requisizione n. 16/96, si comunica che il canone d’uso, determinato ai sensi della legge regionale n. 39/93, tenendo a base la consistenza e l’anno di costruzione dell’alloggio requisito, è di 87.600 mensili) ed alla nota 8211 dell’8.7.1999 ("da verifiche contabili presso gli Uffici competenti è stato che cotesto Ente, a seguito dell’ordinanza n. 16/96, con la quale ha requisito a favore di O.G. un alloggio di proprietà di questo I.A.C.P., debitore della complessiva somma di lire 3.153.600 per n°31 canoni d’uso a lire 87.600, oltre lire 483.000, già richieste con l’allegata nota n° 14813/96, che si abbia per rinotificato insieme alla presente)".

Orbene, a fronte di tale scarna produzione documentale è stato il Comune resistente a produrre in giudizio alcuni mandati di pagamento in favore dell’I.A.C.P. per canone di fitto alloggio Via Alcide De Gasperi A/2 (mandato di pagamento n. 298 del 30.4.1998 in favore dell’I.A.C.P. per lire 1.314.000; mandato di pagamento n. 598 dell’8.6.1999 per lire 1. 226.400, accredito in data 28.7.1999 della Banca di Credito Cooperativo Fortore – Miscano in favore dell’I.A.C.P. per lire 1.226.400 – pari ad euro 633,38 -; riversale di incasso n. 232 del 12.9.2000, quale fitto alloggio mesi Luglio Agosto Settembre 2000 per lire 262.800)

8. In definitiva deve essere dichiarata inammissibile la domanda di condanna del Comune al risarcimento dei danni in quanto è stata formulata in maniera del tutto generica non avendo l’Istituto ricorrente dimostrato il pregiudizio patito e la sua l’entità, mentre l’azione risarcitoria – pur se proposta davanti al giudice amministrativo in virtù del principio di concentrazione della tutela sancito dalla disposizione attributiva della giurisdizione esclusiva in materia – sul piano probatorio, è comunque soggetta non già alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì al principio dell’onere della prova ex art. 2697 Cod. civ., applicabile anche al processo amministrativo avente ad oggetto diritti soggettivi come quello al risarcimento del danno ingiusto.

9. Infine la domanda di rimborso della somma di lire 2.161.213, per spese legali sostenute per il ricorso straordinario al Capo dello Stato è inammissibile.

Tale domanda esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo e va proposta nell’ambito del procedimento conclusosi con la decisione sul ricorso straordinario al Capo dello Stato; ove ciò non sia avvenuto, la predetta decisione può essere impugnata soltanto per vizi propri o per revocazione a termine dell’art. 15 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Cfr. T.A.R. Lombardia, 18 febbraio 1987, n. 1199).

10. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, proposto dall’I.A.C.P. della Provincia di Benevento, così dispone:

a) in relazione alla domanda proposta nei confronti di O.G., riguardo al periodo di occupazione antecedente all’ordinanza sindacale n. 16 dell’1.8.1996, dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario;

b) in relazione al periodo successivo sino alla data dell’effettivo rilascio, dichiara inammissibile la domanda di condanna al risarcimento dei danni avanzata nei confronti del Comune resistente;

c) dichiara inammissibile la domanda di rimborso delle spese per il ricorso straordinario al Capo dello Stato;

c) compensa fra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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