T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 24-02-2011, n. 1138 atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto notificato in data 23 dicembre 2008 e depositato il 16 gennaio 2009 la ricorrente ha impugnato la nota n. 12665 in data 24 ottobre del 2008 (avente il seguente oggetto: "domanda di permesso di costruire "cappella gentilizia" nel cimitero comunale, presentata in data 04/08/2008…") – in quanto, secondo la prospettazione della stessa ricorrente, con tale nota "l’Amministrazione comunale ha rigettato le argomentazioni rappresentate dalla ricorrente in sede procedimentale e dunque revocato la concessione di suolo cimiteriale a suo tempo accordatale" – nonché i relativi atti presupposti e preparatori.

In punto di fatto la ricorrente premette quanto segue: A) a seguito della deliberazione di G.M. n. 502 del 18 ottobre 1989, il Comune di Villaricca con contratto in data 23 maggio 1990 le diede in concessione, per la durata di 99 anni e salvo rinnovo, un suolo cimiteriale per la costruzione di una cappella gentilizia; B) a tal fine il Comune di Villaricca in data 18 marzo 1992 le rilasciò la concessione edilizia n. 2806; C) nonostante ella, per contingenti ragioni economiche, non abbia provveduto a realizzare tale manufatto funerario, il Comune di Villaricca non ha mai provveduto a revocare la concessione edilizia, né la concessione di suolo cimiteriale; D) stante l’inerzia del Comune, ella in data 8 aprile 2008 ha prodotto una domanda di rilascio del permesso di costruire per la costruzione di una cappella gentilizia; tuttavia l’esame di tale istanza è stato sospeso, con nota del responsabile del procedimento n. 78/UTC del 15 aprile 2008, stante (tra l’altro) l’esigenza "che venga chiarito, da parte del Segretario generale… se è da considerarsi ancora valido il contratto rep. n. 6 del 23.05.1990, stipulato dal Segretario comunale per la concessione cimiteriale… atteso il tempo trascorso e la mancata realizzazione della cappella cimiteriale"; E) nelle more dell’acquisizione del predetto parere, ella, con nota del 28 luglio 2008, ha chiarito all’Amministrazione i motivi per cui la cappella non era stata realizzata ed ha manifestato il persistente interesse alla realizzazione della stessa e, con successiva nota del 30 luglio 2008, ha integrato la pratica edilizia (in relazione alla quale il responsabile dell’UTC del Comune di Villaricca, con nota n. 10443 in data 29 agosto 2008, ha proposto il rilascio del permesso di costruire, "salvo il rinnovo della concessione suolo cimiteriale"); F) nonostante quanto precede, il Comune di Villaricca con nota del 17 settembre 2008 – sulla scorta del parere reso dal Direttore generale con nota n. 5560 del 6 maggio 2008 – le ha dato comunicazione dell’avvio del procedimento volto alla revoca della suddetta concessione del suolo cimiteriale; G) ella ha puntualmente riscontrato, con nota in data 7 ottobre 2008, la predetta comunicazione: da un lato, evidenziando che – come riconosciuto anche nel predetto parere – la mancata edificazione della cappella gentilizia entro il prescritto termine biennale non aveva comportato alcun effetto sanzionatorio automatico e che, in ogni caso, non sussisteva alcun interesse pubblico, concreto ed attuale che potesse giustificare la revoca della concessione, sia in ragione dell’inerzia dell’Amministrazione comunale, protrattasi per oltre quindici anni, sia in ragione della riattualizzazione dell’interesse della ricorrente medesima a realizzare il manufatto funerario e, dall’altro, insistendo per il rilascio del permesso di costruire richiesto con la nota in data 8 aprile 2008; H) nonostante tali osservazioni, il Comune di Villaricca ha adottato l’impugnata nota n. 12665 in data 24 ottobre del 2008, che testualmente recita come segue: "Premesso che il Piano cimiteriale redatto a norma del regolamento di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 21/10/1975 n. 803 prevede l’obbligo di ultimare i lavori di costruzione entro due anni dalla data di esecutività della delibera relativa alla concessione. Mutatis mutandis, le argomentazioni a sostegno del ricorso in opposizione (inerzia del Comune) possono essere fatte valere contro il concessionario che per oltre diciotto anni è rimasto inerte, manifestando in tal modo in maniera implicita l’assoluto disinteresse. Per tali motivi la richiesta non può essere accolta".

Di tale provvedimento la parte ricorrente – sul presupposto che esso implichi la revoca della concessione di suolo cimiteriale a suo tempo accordatale – chiede l’annullamento per i seguenti motivi.

I) Violazione e falsa applicazione dei paragrafi 7 e 9 delle norme di attuazione del piano cimiteriale approvato con deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976; eccesso di potere per difetto di istruttoria, per carenza, perplessità ed erroneità della motivazione e per erroneità dei presupposti di fatto. Innanzi tutto la ricorrente contesta l’ultima affermazione dell’Amministrazione comunale (secondo la quale l’inerzia serbata per oltre diciotto anni manifesterebbe in maniera implicita l’assoluto disinteresse della ricorrente stessa ad utilizzare il suolo cimiteriale di cui trattasi) evidenziando, da un lato, che – secondo quanto affermato anche nel parere reso dal Direttore generale con nota n. 5560 del 6 maggio 2008 – la deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976 non prevede nessun "automatico meccanismo sanzionatorio" destinato ad operare in caso di inerzia del concessionario e, dall’altro, che – come si può si evincere dalla nota del 28 luglio 2008, ella ha manifestato all’Amministrazione il persistente interesse alla realizzazione della cappella funeraria. Inoltre l’illegittimità del provvedimento impugnato deriverebbe – oltre che dalla violazione deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976 e dal contrasto con il suddetto parere reso dal Direttore generale – anche dal fatto che l’amministrazione comunale non si sia neppure preoccupata di restituire alla ricorrente l’importo dalla stessa a suo tempo corrisposto (600.000 lire) per il rilascio della concessione di suolo cimiteriale.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990; eccesso di potere per insussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla revoca della concessione. La presente censura parte dal presupposto che lo stesso Direttore generale del Comune di Villaricca nella suddetta nota n. 5560 del 6 maggio 2008 abbia espresso l’avviso che – in assenza di un "automatico meccanismo sanzionatorio" destinato ad operare in caso di inerzia del concessionario – l’Amministrazione comunale per sanzionare tale inerzia avrebbe dovuto procedere all’adozione di un formale provvedimento di revoca della concessione. Pertanto il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche perché non sussistono i presupposti previsti dall’art. 21quinquies della legge n. 241/1990 per la revoca di un precedente provvedimento ampliativo (presupposti costituiti dalla sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, da un mutamento della situazione di fatto o da una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario) e l’Amministrazione comunale – in spregio ai consolidati principi in materia di autotutela decisoria – ha omesso di esplicitare l’interesse pubblico concreto e attuale che giustificherebbe la decisione di revocare la concessione di cui trattasi.

III) Eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento ed ingiustizia dell’azione amministrativa. La presente censura parte da una elencazione di tutti gli aspetti che l’Amministrazione avrebbe omesso di considerare nel disporre la revoca della concessione cimiteriale (tant’è che non risultano dalla motivazione del provvedimento impugnato): a) la circostanza che il Comune di Villaricca non abbia mai provveduto a dichiarare la decadenza della concessione edilizia, né a revocare la concessione di suolo cimiteriale; b) la circostanza che la concessione abbia una durata di 99 anni; c) la circostanza che il Comune di Villaricca sia rimasto inerte per oltre quindici anni; d) la circostanza che la ricorrente abbia riattualizzato il suo interesse per la costruzione di una cappella gentilizia attraverso la domanda di permesso di costruire presentata in data 8 aprile 2008 e integrata in data 30 luglio 2008; e) la circostanza che solo a seguito della presentazione di tale istanza il Comune si sia posto il problema della validità della concessione; f) la circostanza che il responsabile dell’UTC abbia espresso parere favorevole al rilascio del permesso di costruire; g) la circostanza che non vi siano controinteressati. Pertanto non resterebbe che ipotizzare "un’avversione personale nei confronti della ricorrente, (mal) celata dietro lo scudo di un inesistente e mai esplicitato interesse pubblico".

IV) Eccesso di potere per insussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla revoca della concessione. In via subordinata, la ricorrente afferma che, seppure si volesse qualificare il provvedimento impugnato come una revoca sanzionatoria, l’adozione di tale provvedimento non potrebbe comunque essere giustificata dalla mancata ultimazione dei lavori entro il termine di due anni dal rilascio della concessione del suolo demaniale o della concessione edilizia. Infatti "l’assenza di qualsiasi automatismo della sanzione e l’inerzia del Comune perpetrata per oltre quindici anni pongono, infatti, i comportamenti antecedenti la domanda di permesso di costruire dell’aprile 2008 nel campo dell’irrilevanza, perché ormai superati dalla persistenza – da ben diciotto anni – della concessione del suolo in capo alla ricorrente e da fatto che quest’ultima ha ancora interesse alla costruzione della cappella gentilizia, mentre nelle more alcuna decisione in tal senso avversa è intervenuta". Inoltre il Comune non avrebbe addotto alcun interesse pubblico concreto ed attuale all’adozione di un provvedimento di revoca sanzionatoria, sebbene anche in questo caso la giurisprudenza richieda la sussistenza di un interesse di tal genere.

V) Eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità e affidamento. Con la presente censura la ricorrente si duole dell’assenza di ogni ponderazione e valutazione in merito agli interessi sottesi alla costruzione della cappella funeraria di cui trattasi, nonché della violazione dell’affidamento in ella ingenerato dal comportamento inerte dell’Amministrazione comunale.

2. Il Comune di Villaricca si è costituito in giudizio per resistere al ricorso con memoria depositata in data 22 ottobre 2009.

In data 18 gennaio 2011 la ricorrente ha depositato una memoria con la quale ha illustrato le suddette censure. Alle considerazioni svolte dalla ricorrente ha replicato l’Amministrazione resistente evidenziando che il punto centrale della presente controversia consiste nella qualificazione giuridica del provvedimento impugnato e che lo stesso deve essere configurato non come una revoca, ossia come un provvedimento a carattere discrezionale, bensì come un provvedimento di decadenza dalla concessione del suolo cimiteriale adottato ai sensi dell’art. 93 del d.P.R. n. 803/1975, che si fonda sul semplice accertamento dell’inadempimento ad uno degli obblighi previsti dalla concessione.

3. Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2011 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare il Collegio osserva che il presente gravame risulta senz’altro ammissibile, perché il provvedimento impugnato – a ben vedere – comporta una duplice lesione per la ricorrente, risolvendosi in un esplicito diniego della domanda di permesso di costruire presentata in data 8 aprile 2008 per la costruzione di una cappella gentilizia sul suolo cimiteriale oggetto della concessione rilasciata nel 1990, che però presuppone l’esistenza di un provvedimento implicito di decadenza dalla predetta concessione, conseguente all’accertamento dell’inadempimento ad uno degli obblighi previsti dalla concessione stessa.

A tal riguardo occorre preliminarmente rammentare che, secondo la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2011, n. 813), la figura del provvedimento implicito viene in rilievo ogniqualvolta l’Amministrazione, pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente. al contenuto del provvedimento formale corrispondente.

Ciò posto, nel caso in esame rileva innanzi tutto la circostanza che nei confronti della ricorrente l’Amministrazione comunale abbia avviato, a breve distanza di tempo, due diversi procedimenti (tra loro connessi): a) quello finalizzato al rilascio del permesso di costruire per la costruzione di una cappella gentilizia, avviato a seguito dell’istanza presentata dalla ricorrente in data 8 aprile 2008; b) quello avviato d’ufficio dall’Amministrazione con la nota del 17 settembre 2008, recante la comunicazione dell’avvio del procedimento volto alla revoca della predetta concessione di suolo cimiteriale, a seguito dell’inadempimento (da parte della ricorrente) all’obbligo di ultimare la realizzazione del manufatto funerario entro il termine di due anni dal rilascio di un precedente titolo edilizio (la concessione edilizia n. 2806 in data 18 marzo 1992). Inoltre la circostanza che l’impugnata nota n. 12665 del 24 ottobre del 2008 contenga nell’oggetto solo un riferimento alla domanda di permesso di costruire presentata dalla ricorrente (senza accennare anche al diverso procedimento finalizzato alla "revoca" della concessione) e nel dispositivo indichi solo che "la richiesta non può essere accolta" (così facendo riferimento soltanto alla negativa conclusione del procedimento avviato ad istanza di parte) si può spiegare considerando che la ricorrente con la nota in data 7 ottobre 2008 (oltre a replicare agli argomenti posti a fondamento della comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota del 17 settembre 2008) ha da ultimo insistito per il rilascio del permesso di costruire. Ciononostante, dalla lettura della motivazione dell’impugnata nota n. 12665 del 24 ottobre del 2008 (e, in particolare, del passaggio in cui viene richiamato l’obbligo di ultimare i lavori di costruzione del manufatto funerario entro due anni dalla data di esecutività della relativa concessione) si evince inequivocabilmente che il diniego del permesso di costruire costituisce un atto meramente consequenziale ad un provvedimento (implicito) presupposto – costituito dalla decadenza della concessione di suolo cimiteriale, conseguente all’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di ultimare la costruzione del manufatto funerario entro due anni dal rilascio del titolo edilizio a suo tempo rilasciato – adottato in conformità al combinato disposto dell’art. 93, comma 3, del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, recante il "regolamento di polizia mortuaria", con i paragrafi 7 e 9 della deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976 recante l’approvazione del piano cimiteriale relativo al cimitero del Comune di Villaricca.

Risulta, quindi, senz’altro corretta la prospettazione della ricorrente, che ha individuato nell’impugnata nota n. 12665 del 24 ottobre del 2008 un provvedimento incidente sulla concessione di suolo cimiteriale rilasciata nel 1990 ed ha conseguentemente incentrato le sue censure sulla insussistenza (a suo dire) dei presupposti per l’adozione di tale provvedimento.

2. Passando al merito, il Collegio preliminarmente osserva che i cinque motivi di ricorso dedotti con il ricorso in esame possono essere trattati congiuntamente perché, come osservato dall’Amministrazione resistente nelle sue difese, il punto centrale della presente controversia consiste nella qualificazione giuridica del provvedimento impugnato.

In proposito occorre preliminarmente evidenziare che tutte le censure sollevate dalla ricorrente partono dal presupposto che il provvedimento impugnato vada qualificato come un provvedimento di natura discrezionale, in relazione al quale l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto esplicitare l’interesse pubblico attuale e concreto che giustificherebbe la rimozione della concessione di suolo cimiteriale rilasciata in data 23 maggio 1990. In particolare la ricorrente – dopo aver escluso (sin dal primo motivo di gravame) che la deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976 preveda un "automatico meccanismo sanzionatorio" destinato ad operare laddove il concessionario non porti a termine i lavori di costruzione del manufatto funerario nel prescritto termine biennale – in via principale sostiene (nel secondo motivo) che il Comune di Villaricca avrebbe agito nell’esercizio del potere di revoca di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/1990, sicché il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo perché sono stati violati i principi in materia di autotutela decisoria. Inoltre la ricorrente in via subordinata sostiene che, laddove si pervenisse a qualificare il provvedimento impugnato come una revoca sanzionatoria, lo stesso risulterebbe comunque illegittimo perché nel caso in esame mancherebbero i presupposti per l’adozione di tale provvedimento sanzionatorio.

A conclusioni diametralmente opposte perviene la difesa dell’Amministrazione resistente, secondo la quale il diniego del permesso di costruire nel caso in esame conseguirebbe al mero accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di ultimare i lavori di costruzione del manufatto funerario entro il prescritto termine biennale, sicché il provvedimento implicito dell’Amministrazione sarebbe da qualificare come una semplice decadenza, ossia come un provvedimento del tutto vincolato, e quindi, da tenere nettamente distinto sia dalla revoca di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/1990, sia dalla c.d. revoca sanzionatoria.

3. Poste tali premesse il Collegio osserva che, ai fini di una corretta qualificazione del provvedimento impugnato, s’impone una preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

Innanzi tutto occorre evidenziare che il già citato art. 93 del Regolamento di polizia mortuaria – dopo aver previsto, al comma 1, che le concessioni di suoli cimiteriali previste dall’art. 91, rilasciate dopo l’entrata in vigore del medesimo regolamento, "sono a tempo determinato, e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo" – nei commi successivi prevede tre distinti meccanismi idonei ad incidere sul rapporto concessorio. In particolare, il primo periodo del secondo comma dispone che "le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente all’entrata in vigore del presente regolamento, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza dei cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero". Trattasi di una speciale ipotesi di revoca per sopravvenienze (ipotesi disciplinata, in termini generali, dall’art. 21quinquies della legge n. 241/1990, nella parte in cui dispone che il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato "per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto"), la cui natura discrezionale si evince inequivocabilmente dal tenore letterale della disposizione di cui trattasi.

Diverse considerazioni valgono per i due restanti meccanismi. Infatti il secondo periodo del secondo comma dell’art. 93 dispone che "tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo quanto è disposto nel seguente art. 99", lasciando così intendere che l’estinzione della concessione costituisce un effetto automatico conseguente alla soppressione del cimitero.

Infine il terzo comma dell’art. 93 – nel prevedere che "con l’atto della concessione, il comune può imporre al concessionario determinati obblighi, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione" limita la discrezionalità del Comune alla scelta di imporre o meno al concessionario l’obbligo di "costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione", ma lascia chiaramente intendere che, una volta inserito tale obbligo tra quelli imposti al concessionario, il suo inadempimento determina la "decadenza della concessione", ossia l’automatica risoluzione del rapporto concessorio. Del resto in tal senso si è espressa la prevalente giurisprudenza (T.A.R. Lazio Latina, 23 novembre 2006, n. 1748), secondo la quale la decadenza dalla concessione cimiteriale è un provvedimento di carattere sanzionatorio che costituisce atto dovuto a condizioni date, in quanto ogni valutazione degli interessi pubblici coinvolti è stata già compiuta ad un livello più alto e generale (normazione primaria e secondaria) di esercizio della discrezionalità, sicché all’Amministrazione spetta soltanto il compito di accertare la ricorrenza o meno, in concreto, delle condizioni che legittimano e giustificano l’adozione del provvedimento. Inoltre, solo in apparenza difforme da tale orientamento risulta il principio di diritto affermato in altra pronuncia (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 4 settembre 2003, n. 1145), secondo la quale, laddove la norma regolamentare disponga che la decadenza dalla concessione cimiteriale "può" essere dichiarata per mancata esecuzione tempestiva delle opere previste, il relativo provvedimento non ha carattere assolutamente vincolato, né meramente dichiarativo di un evento verificatosi automaticamente, costituendo invece espressione di un potere discrezionale di apprezzamento dei presupposti della decadenza medesima; infatti nel caso di specie i Giudici piemontesi hanno affrontato una fattispecie nella quale era stata operata, a monte, la scelta di non imporre al concessionario l’obbligo di "costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione".

4. Passando alla fattispecie sottoposta all’esame di questo Tribunale, rilevanza decisiva assume, quindi, la scelta operata dal Comune di Villaricca in sede di approvazione del piano cimiteriale e delle relative norme di attuazione (alle quali fa integrale rinvio il contratto di concessione stipulato in data 23 maggio 1990). In particolare, la deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976, al paragrafo 7, dispone che "il concessionario ha l’obbligo di ultimare i lavori di costruzione della sepoltura privata entro due anni dalla data di esecutività della delibera relativa alla concessione", mentre il successivo paragrafo 9, nel disciplinare le conseguenze della violazione di tale obbligo, prevede che ai trasgressori "sarà revocata la concessione stessa". Ebbene, nonostante l’improprio riferimento alla revoca della concessione (che potrebbe evocare l’esercizio di un potere discrezionale), l’uso dell’espressione "sarà revocata la concessione stessa", in luogo della diversa espressione "potrà essere revocata la concessione stessa", induce a ritenere che il Consiglio Comunale nel caso in esame abbia operato, a monte, la scelta di imporre al concessionario l’obbligo di "costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione".

Pertanto, alla luce del combinato disposto dell’art. 93, comma 3, del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, con i paragrafi 7 e 9 della deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976, la conseguenza dell’inadempimento all’obbligo di "ultimare i lavori di costruzione della sepoltura privata entro due anni dalla data di esecutività della delibera relativa alla concessione" si configura come un’automatica decadenza dalla concessione, con l’ulteriore conseguenza che – analogamente a quanto accade laddove non siano rispettati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori indicati nel permesso di costruire (fattispecie disciplinata dall’art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, secondo il quale "decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga") – il provvedimento con cui l’Amministrazione dichiara l’intervenuta decadenza è un atto dovuto, avente un contenuto meramente ricognitivo (in tal senso, con riferimento alla decadenza dal permesso di costruire, T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 11 dicembre 2007, n. 2050).

5. Alla luce di quanto precede risulta evidente che nessuna delle censure dedotte dalla ricorrente può trovare accoglimento.

In particolare, quanto al primo motivo di ricorso, nessun rilievo può assumere il parere di cui nota n. 5560 in data 6 maggio 2008, posto che la tesi del Direttore generale del Comune di Villaricca, secondo la quale la deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976 non prevederebbe nessun automatico meccanismo sanzionatorio destinato ad operare in caso di inerzia del concessionario, è smentita dal combinato disposto di tale deliberazione con l’art. 93, comma 3, del Regolamento di polizia mortuaria. Né può rilevare il persistente interesse della ricorrente alla realizzazione della cappella funeraria, in quanto tale interesse può giustificare la richiesta di una nuova concessione di suolo cimiteriale, ma non può certo precludere l’adozione del provvedimento con cui viene accertata (seppure a distanza di molti anni da verificarsi dell’inadempimento) la decadenza dalla concessione a suo tempo rilasciata. Né, tanto meno, può rilevare il fatto che l’Amministrazione comunale non abbia restituito alla ricorrente l’importo dalla stessa a suo tempo corrisposto (600.000 lire) per il rilascio della concessione di cui trattasi, posto che il pagamento di tale somma costituiva condizione per il rilascio della concessione e, quindi, la somma stessa è stata definitivamente incamerata dall’Amministrazione all’atto del rilascio della concessione.

Parimenti infondato risulta il secondo motivo di ricorso, perché muove dall’erroneo presupposto che nel caso in esame l’Amministrazione comunale abbia disposto una revoca ai sensi dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990 e, quindi, abbia illegittimamente omesso di esplicitare sia la situazione di fatto, sia l’interesse pubblico concreto e attuale che giustificherebbe la decisione di revocare la concessione di cui trattasi. Invece, trattandosi di una decadenza disposta ai sensi dell’art. 93, comma 3, del Regolamento di polizia mortuaria, risulta evidente che l’unico presupposto di fatto che ha determinato l’adozione del provvedimento impugnato è costituito dall’inadempimento all’obbligo di "ultimare i lavori di costruzione della sepoltura privata entro due anni dalla data di esecutività della delibera relativa alla concessione" e, quindi, trattandosi di un provvedimento vincolato, non sussisteva alcun obbligo di esplicitare l’interesse pubblico concreto e attuale a provvedere.

Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo, posto che l’Amministrazione non era tenuta a prendere in considerazione nessuna delle circostanze di fatto ivi addotte, sicchè viene meno in radice anche la possibilità di ipotizzare "un’avversione personale nei confronti della ricorrente, (mal) celata dietro lo scudo di un inesistente e mai esplicitato interesse pubblico".

Quanto poi al quarto motivo, non s’intende certo mettere in discussione in questa sede la possibilità di configurare, accanto alle due ipotesi di revoca disciplinate dall’art. 21quinquies della legge n. 241/1990 – la revoca determinata da sopravvenienze (ossia da sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero da un mutamento della situazione di fatto) e la revoca determinata dall’esercizio dello jus poenitendi dell’Amministrazione (ossia da una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario) – la c.d. revoca sanzionatoria, ossia la revoca di un precedente provvedimento ampliativo collegata ad inadempimenti del soggetto destinatario di tale provvedimento ampliativo, ma connotata dall’esercizio di un potere discrezionale. Tuttavia non è questo il tipo di provvedimento che si rinviene nella disciplina posta dal combinato disposto dell’art. 93, comma 3, del Regolamento di polizia mortuaria con la deliberazione di C.C. n. 205 del 30 dicembre 1976.

Infine, posto che la decadenza di cui trattasi costituisce un atto dovuto, risulta evidente che non residua alcuno spazio per verificare se vi sia stata una lesione dei principi di proporzionalità e affidamento. In particolare, con riferimento al principio di affidamento, occorre rammentare che solo i comportamenti positivi dell’Amministrazione (come, ad esempio, il rilascio di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del destinatario) sono suscettibili di ingenerare nei privati affidamenti meritevoli di tutela (come accade, ad esempio, laddove l’amministrazione intenda agire in autotutela per la revoca o l’annullamento d’ufficio di un provvedimento ampliativo), mentre analoghe considerazioni non possono valere per l’inerzia dell’Amministrazione, neppure laddove la stessa si dovesse protrarre per un considerevole lasso di tempo, perché quando il legislatore ha inteso attribuire all’inerzia dell’Amministrazione un determinato significato, ha espressamente provveduto in tal senso (si pensi ai c.d. silenzi significativi).

6. Stante quanto precede, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Tenuto conto della complessità delle questioni trattate, sussistono comunque giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 267/2009, lo respinge perché infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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