Cass. civ. Sez. V, Sent., 15-04-2011, n. 8669 Imposta reddito persone fisiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità della cartella di pagamento, relativa ad IRPEF ed ILOR dell’anno 1990, emessa nei confronti di V.C. a seguito di avviso di accertamento divenuto definitivo per omessa impugnazione.

Il giudice di merito ha dichiarato la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento prodromico, per violazione degli artt. 139 e 140 cod. proc. civ., essendo noto il domicilio fiscale del contribuente, con conseguente "inesistenza dell’atto di accertamento, divenuta insanabile oltre il termine decadenziale fissato per l’esercizio delle potestà impositiva, situazione che ha determinato l’illegittimità e nullità degli atti successivi". 2. Il V. non si è costituito.
Motivi della decisione

1. Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità per difetto di legittimazione, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, del ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze, il quale non è stato parte del giudizio d’appello, proposto dall’Agenzia delle entrate nel 2002.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese.

2. Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia, con il quale si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e art. 140 cod. proc. civ., sostenendo la validità della notifica dell’avviso di accertamento – atto presupposto della cartella impugnata -, è infondato, essendo stato accertato in fatto dal giudice di appello che la notifica fu effettuata all’indirizzo che risultava, anche allo stesso Ufficio, quale ultimo domicilio fiscale del contribuente, con la conseguenza che, verificata la temporanea assenza di quest’ultimo (e non già, quindi, il suo trasferimento in luogo sconosciuto), la notifica andava eseguita con le forme di cui all’art. 140 c.p.c. e non con quelle, semplificate, previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), (ex plurimis, Cass. nn. 20425 del 2007, 7067 del 2008).

3. Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione degli artt. 100, 112 e 156 c.p.c., art. 2909 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 21 e 57 nonchè vizio di motivazione, deve essere, invece, accolto nei limiti appresso specificati.

Premesso che è evidentemente infondata la tesi secondo la quale l’impugnazione della cartella avrebbe comportato la sanatoria della nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, in quanto una tale sanatoria può derivare esclusivamente dall’impugnazione dell’atto invalidamente notificato, non certo di un atto diverso che trovi nel primo soltanto il suo presupposto (Cass. n. 15849 del 2006), il motivo è fondato nella parte in cui si deduce l’erroneità della conclusione, cui è giunto il giudice a quo, della decadenza dell’Ufficio dalla pretesa tributaria e della conseguente illegittimità della cartella di pagamento.

Come risulta dalla stessa sentenza impugnata, infatti, il contribuente, nel ricorso avverso la cartella, non solo non ha eccepito alcuna decadenza dell’amministrazione dal potere impositivo (la quale, quindi, non poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice), ma, oltre ad eccepire la nullità della notifica dell’avviso di accertamento, ha anche proposto censure attinenti al merito della pretesa fiscale.

Così stando le cose, il giudice non poteva esimersi dall’esaminare la fondatezza di tali censure, in applicazione del principio secondo il quale la nullità di un atto consequenziale, derivante dalla omissione, o invalidità, della notifica dell’atto presupposto, può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio derivante dall’omessa o invalida notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria; il giudice di merito, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale, mentre nel secondo caso la pronuncia dovrà riguardare la fondatezza, o meno, di detta pretesa (Cass., Sez. un., n. 5791 del 2008, e, in senso conforme, Cass. n. 16444 del 2009).

4. In conclusione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate deve essere accolto nei limiti innanzi precisati, la sentenza impugnata deve essere cassata in tali limiti e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi ai principi di diritto sopra richiamati, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze.

Accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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