T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 24-02-2011, n. 1126 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G. è proprietario di un immobile sito alla via Trarivi n. 3 del Comune di Meta, del quale, a seguito dei gravi danni riportati dopo il terremoto del novembre 1980, ha proceduto alla demolizione e successiva ricostruzione in forza di autorizzazione rilasciatagli ai sensi dell’art. 9 L. 219/1981 (la n. 14/1988), con concessione di contributo statale.

Con il ricorso RG 10708/1993, notificato il 16 settembre 1993 e depositato il successivo 20 settembre, il C. ha impugnato l’ordinanza n° 58 del 3.5.1993 con la quale il Sindaco di Meta gli ha ingiunto di demolire alcune opere (descritte come "piccolo terrazzino a piano terra, con una superficie di mt. 2,45 x 4,20 circa" e "sistemazione esterna, così come indicato sul grafico agli atti d’ufficio, ma non approvata dalle competenti commissioni"), che ha assunto essere state realizzate in difformità rispetto al rilasciato titolo.

All’uopo il ricorrente, dopo aver precisato di aver comunque presentato al Comune di Meta istanza ex art. 13 L. 47/1985 (prot. n. 6940 del 14.7.1993) volta a conseguire la sanatoria delle opere in questione, ha proposto le seguenti censure:

eccesso di potere per errore sui presupposti, carenza d’istruttoria e travisamento dei fatti – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 L. 47/1985 – difetto di motivazione;

falsa applicazione dell’art. 12 L. 47/1985 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 L. 47/1985, degli artt. 31 e 48 L. 457/1978, dell’art. 9 L. 10/1977, dell’art. 7 D.L. 9/1982 conv. in L. 94/1982.

In data 20 dicembre 1993 si è costituito in giudizio il Comune intimato, contestando l’ammissibilità e, comunque, la fondatezza del proposto ricorso.

Una volta decorsi i 60 giorni assegnati al Sindaco dall’art. 13 co. 2 L. 47/1985 per la definizione dell’istanza di sanatoria presentata, C.G., con il ricorso RG 1432/1994, notificato il 4 febbraio 1994 e depositato il successivo 8 febbraio, ha impugnato il provvedimento tacito di reiezione che si sarebbe formato ex lege sulla sua domanda, chiedendone l’annullamento per "difetto di motivazione – violazione delle disposizioni di cui alla L. 7.8.1990 n° 241 – violazione del principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione".

Con ordinanza n° 347/1994 del 17 marzo 1994, la sez. 2^ di questo Tribunale, riuniti ai soli fini cautelari i due proposti ricorsi, ha accolto l’istanza di sospensiva del ricorrente "limitatamente alla ordinanza di demolizione e fino alla espressa pronuncia sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria avanzata dal ricorrente".

Con l’ulteriore ricorso RG 945/1998, notificato il 15 gennaio 1998 e depositato il 28 gennaio successivo, C.G. ha poi impugnato la sopravvenuta nota prot. n. 13172 del 20.11.1997, con la quale il Funzionario Tecnico del Comune di Meta (con visto dell’assessore all’urbanistica) gli ha comunicato che la C.E.C. e la C.E.C.I., in relazione alla pendente pratica di sanatoria, si erano così pronunziate nella seduta del 18.11.1997, rispettivamente con verbale 53/97 e con verbale 25/97: "La Commissione vista l’istanza, l’integrazione, i grafici, la relazione tecnica ed altri elaborati, dopo ampia discussione, esprime parere sfavorevole, in quanto le opere realizzate non sono assentibili ai sensi della normativa urbanistica vigente".

Nell’occasione il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

difetto di motivazione – violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – eccesso di potere per carenza di istruttoria e errore sui presupposti;

incompetenza.

In data 19 febbraio 1998 il Comune di Meta si è costituito in questo terzo giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 237/1998 del 19.2.1998, la sezione 2^ di questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente.

Con distinte ordinanze di contenuto analogo (n. 68/2010; n. 57/2010 e n. 79/2010), il Presidente della sezione 7^ del T.A.R. ha, in relazione ai tre citati giudizi pendenti, disposto incombenti istruttori a carico del Comune di Meta, al fine di acquisire documentati chiarimenti sui fatti che avevano determinato l’adozione dei provvedimenti impugnati, "nonché su fatti e circostanze eventualmente sopravvenuti (tra i quali istanze della parte privata, ulteriori provvedimenti eventualmente adottati dall’Amministrazione ed ulteriori gravami eventualmente proposti dalla parte privata)".

Onde adempiere a quanto commessogli, il Comune di Meta, in data 13 dicembre 2010, ha depositato la nota prot. n. 14162 del 23.9.2010, con la quale il Responsabile dell’Ufficio Urbanistica ha comunicato quanto segue: "Per l’abuso di cui all’ordinanza n. 58 del 3.5.1993 e del provvedimento prot. n. 13172 del 20.11.1997, è stata presentata istanza di condono edilizio ai sensi della L. 724/1994 prot. n. 2218 dell’1.3.1995, allo stato la pratica è in istruttoria".

Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 le tre causa sono state trattenute in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente, va disposta la riunione dei tre ricorsi in esame, al fine di operarne una definizione contestuale, posto che tra gli stessi sussistono, oltre ad una connessione soggettiva, anche evidenti profili di connessione oggettiva, discutendosi dell’attività provvedimentale posta in essere dal Comune di Meta in riferimento sempre alle medesime opere edilizie (ritenute abusive e realizzate nell’immobile di via Trarivi n. 3, di proprietà di C.G.).

Fatta questa preliminare precisazione, va evidenziato che C.G., oltre ad impugnare l’ordinanza con cui il Sindaco del Comune di Meta gli ha ingiunto di demolire alcune opere, asseritamente realizzate in difformità dal titolo edilizio rilasciatogli (ai sensi della L. 219/1981) per la demolizione e ricostruzione di un fabbricato gravemente danneggiato dal sisma del novembre 1980, impugna anche i successivi atti costituenti diniego dell’istanza da lui presentata ai sensi dell’art. 13 L. 47/1985 onde conseguire la sanatoria appunto di quanto illegittimamente realizzato (ovvero un primo atto di tacito diniego, che si sarebbe sostanziato per silentium una volta trascorsi i gg. 60 prescritti dall’art. 13 co. 2 L. 47/1985 per la definizione della pratica di sanatoria; nonché un successivo atto, che costituirebbe un diniego implicito, atteso il richiamo fatto dall’organo di amministrazione attiva ai pareri negativi resi sulla presentata istanza di sanatoria dalla C.E.C. e dalla C.E.C.I.).

Dopo l’emissione e la notifica della citata ordinanza di demolizione (avvenute rispettivamente il 3.5.1993 e il 9.6.1993) e dopo l’intervento del ricordato primo tacito diniego della chiesta sanatoria, nonché dopo l’instaurazione dei giudizi RG 10708/1993 e RG 1432/1994, il ricorrente ha però – per le opere in questione – presentato istanza di cd. "condono", al fine di conseguire il rilascio del titolo abilitante in sanatoria, ai sensi dell’art. 39 L. 724/1994 (cfr. comunicazione in proposito del Comune depositata in data 13.12.2010).

Orbene, quest’ultimo evento risulta, ad avviso del Collegio, decisivo ai fini della definizione di tutti e tre i ricorsi in esame, a prescindere dalle argomentazioni di cui ai proposti motivi.

Invero, va premesso che la presentazione della domanda di concessione in sanatoria successivamente all’emanazione del provvedimento sanzionatorio non incide sulla legittimità di esso (come accadrebbe, invece, nel caso in cui detta domanda si fosse avuta prima del suo intervento); considerato che l’illegittimità è situazione patologica originaria dell’atto, relativa al suo momento genetico, mentre la proposizione di una istanza di sanatoria cui all’articolo 39 L. 724/1994 è vicenda successiva.

In tale caso tuttavia, la proposizione della domanda ex art. 39 della legge n. 724/1994, successivamente all’adozione dell’atto demolitorio e alla proposizione dell’impugnativa, rileva sul piano processuale – quale conseguenza dei suoi effetti sostanziali – rendendo improcedibile, per carenza di interesse, il ricorso giurisdizionale (in senso conforme Consiglio di Stato Sez. V, n°165/97; Cons. Giust. Amm. Sicilia n° 187/97; Tar LazioRoma sez. II, n. 33098 del 2.11.2010; Tar CampaniaNapoli sez. II, n. 20262 del 19.10.2010; Tar LazioRoma, sez. II, n. 32129 del 7.9.2010; Tar SiciliaCatania sez. I, n. 3200 del 21.7.2010; Tar CampaniaNapoli sez. VI, n. 16806 del 15.7.2010; Tar PugliaBari sez. III, n. 2922 dell’8.7.2010;Tar LazioRoma sez. I, n. 15305 del 4.6.2010; Tar lazioRoma sez. I, n. 4243 del 18.3.2010; Tar Toscana sez. III, n. 516 del 26.2.2010; Tar CalabriaCatanzaro sez. II, n. 95 del 9.2.2010; CampaniaSalerno n° 234/99, n°423/99, n°368/99; nonché T.A.R. AbruzzoPescara n° 175 del 28.1.1999; T.A.R. CampaniaNapoli n° 2027 del 20.7.1999), salvo che non risulti già esternata dall’Amministrazione, o comunque non risulti con certezza dagli atti di causa, la non sanabilità dell’opera: in queste ipotesi, la presentazione dell’istanza avrebbe la mera funzione di procrastinare inutilmente l’irrogazione della sanzione per un non sanabile abuso edilizio; e quindi l’Amministrazione ben potrebbe, in assenza di documentate sopravvenute circostanze, limitarsi all’adozione di un atto meramente confermativo della sanzione già irrogata, stante la già accertata non sanabilità.

Infatti, il riesame dell’abusività dell’opera, provocato dall’istanza presentata in base alla peculiare normativa sul cd. "condono edilizio", ha un significato solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile: solo in tal caso è necessaria la formazione di un nuovo provvedimento esplicito (di accoglimento o di diniego), che, in quanto atto non meramente confermativo, vanificherebbe definitivamente l’operatività dell’impugnato provvedimento sanzionatorio.

In caso di accoglimento dell’istanza, il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria renderà legittima l’opera e non più applicabile la sanzione demolitoria, mentre, nell’ipotesi inversa di rigetto, l’Amministrazione comunale dovrà provvedere a riattivare il procedimento sanzionatorio sulla base del nuovo accertamento dell’abusività non sanabile delle opere, ai sensi degli artt. 27 e segg. D.P.R. 380/2001 (normativa che ha sostituito quella di cui alla legge n°47/1985), e ciò anche al fine di permettere al responsabile (nell’arco di un nuovo termine appunto da assegnarsi, essendo venuto meno quello attribuito dalla precedente ingiunzione) di adempiere spontaneamente alla demolizione, così evitando più onerose sanzioni. In tali ipotesi, pertanto, viene a mancare l’interesse della parte ricorrente alla decisione sull’impugnativa del primo provvedimento sanzionatorio, anche tenuto conto della necessaria successiva formazione di un ulteriore provvedimento (positivo o negativo), sull’istanza di "condono", non meramente confermativo e quindi anch’esso eventualmente censurabile in sede giurisdizionale dall’interessato.

Orbene, proprio quanto da ultimo descritto si è verificato nella vicenda in esame, posto che l’ordine demolitorio è antecedente alla proposizione della domanda di condono (presentata all’intimato Comune in data 1.3.1995); che non risultano dagli atti di causa ragioni ostative, in astratto, all’eventuale sanabilità dell’intervento; che nessun provvedimento risulta, in risposta, essere stato emesso dal Comune di Meta.

Né sulla descritta ricostruzione presenta incidenza l’avvenuta precedente presentazione da parte del C. (in data 14.7.1993 – prot. n. 6940) di una diversa istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 13 L. 47/1985.

Invero, tale richiesta risulta essere stata "superata" e resa priva di effetti proprio dalla successiva presentazione della istanza di "condono" di cui si è detto, in quanto i margini di operatività della normativa condonistica sono indiscutibilmente più ampi rispetto a quelli propri della ordinaria sanatoria di cui all’art. 13 L. 47/1985 (oggi sostituito dall’art. 36 D.P.R. 380/2001): quest’ultima norma richiede infatti che le opere siano comunque conformi alle prescrizioni urbanistiche vigenti tanto al momento della loro realizzazione quanto al momento della presentazione della domanda di sanatoria; mentre invece l’art. 39 L. 724/1994 è norma eccezionale, che non richiede una tale conformità.

Così stando le cose, consegue altresì che la successiva nota prot. n. 13172 del 20.11.1997 a firma Funzionario Tecnico del Comune di Meta (di comunicazione dei pareri negativi resi dalla C.E.C. e dalla C.E.C.I. in relazione alla pendente pratica ex art. 13 L. 47/1985), risulta priva di qualsivoglia lesività per C.G., in quanto, anche a volerle riconoscere una valenza provvedimentale, comunque è sopravvenuta in un momento in cui l’interesse del privato era ormai completamente spostato sulla nuova istanza di condono. Ecco allora che il ricorso RG 945/1998, avente ad oggetto l’impugnazione della detta nota del Comune di Meta, ancorché prudentemente proposto dal ricorrente, risulta inammissibile per originaria carenza di interesse.

In base alle suesposte considerazioni, sussistono quindi le condizioni per dichiarare l’inammissibilità del ricorso RG 945/1998 e la improcedibilità dei ricorsi RG 10708/1993 e RG 1432/1994, per carenza di interesse.

La definizione in rito del giudizio rende equo compensare tra le parti le relative spese.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi di cui in epigrafe, proposti da C.G. e dei quali dispone la riunione, così provvede:

dichiara inammissibile il ricorso RG 945/1998;

dichiara improcedibili i ricorsi RG 10708/1993 e RG 1432/1994;

compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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