T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 24-02-2011, n. 1122 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I Sig.ri F.N., I.D., D.C.A., D.C.A. (residenti alla via Claudio in Falciano di Caserta) impugnano il permesso di costruire meglio specificato in epigrafe rilasciato dall’intimato ente locale in favore della società Marzo Costruzioni s.r.l. per la costruzione, nei pressi delle abitazioni dei ricorrenti, di un fabbricato per civili abitazioni ed uffici "a mezzo intervento di sostituzione edilizia a parità di volume".

Gli esponenti deducono in sintesi violazione e falsa applicazione delle Norme di Attuazione del P.R.G. per le zone B3 residenziali di completamento, violazione e falsa applicazione dell’art. 31 L. 5 agosto 1978 n. 457, del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, della L. Reg. 28 novembre 2001 n. 19, violazione e falsa applicazione del P.R.G., eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione e falsa applicazione del Regolamento Edilizio.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Caserta, seppure ritualmente evocato in giudizio.

Resiste in giudizio il Fallimento M.C.G. s.r.l. che replica alle censure di parte ricorrente e conclude per la reiezione del ricorso.

Il Tribunale ha disposto incombenti istruttori con ordinanze collegiali n. 30/2010 e n. 318/2010.

Alla pubblica udienza del 26 gennaio 2011 la causa è stata spedita in decisione.

In limine litis, occorre scrutinare le eccezioni sollevate in rito dalla società controinteressata, secondo la quale il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti (i quali non avrebbero specificato il pregiudizio discendente dall’esecuzione dell’atto impugnato) ed irricevibile per tardività del medesimo rispetto al rilascio del titolo ed al termine ivi previsto per il completamento delle opere (36 mesi dal rilascio).

Le eccezioni sono infondate.

Quanto alla legittimazione attiva degli esponenti, occorre prendere atto che, in forza del rapporto di vicinitas con il fabbricato in corso di realizzazione, sussiste una situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con la zona coinvolta dalla costruzione che, qualora illegittimamente assentita, è idonea ad arrecare un pregiudizio ai valori urbanistici della zona medesima che legittima la proposizione del ricorso. Quindi, la qualità di soggetti residenti in immobili limitrofi è di per sé idonea a radicare la legittimazione e l’interesse all’impugnazione, in capo agli stessi, delle concessioni edilizie relative all’immobile confinante, senza bisogno di procedere ad ulteriori indagini, come pacificamente riconosciuto in giurisprudenza (Consiglio Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007 n. 2849; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 17 marzo 2010 n. 1488).

Neppure coglie nel segno l’eccezione di irricevibilità per tardività del gravame in quanto, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, la decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell’edificazione si ha, per i soggetti diversi da quelli cui l’atto è rilasciato (ovvero che in esso sono comunque indicati), dalla data in cui si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto, la qual cosa si verifica quando sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto, la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica e l’eventuale non conformità alla disciplina urbanistica di settore. Sicché, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine decorre dal completamento dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 gennaio 2011 n. 18; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 7 giugno 2010, n. 12677), a meno che non venga provata una conoscenza anticipata o si deducano censure di assoluta inedificabilità dell’area, nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell’iniziativa in corso (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 18 settembre 2008 n. 10354).

Ne discende l’infondatezza dell’eccezione in quanto, nel caso in esame, dall’istruttoria svolta in corso di causa è emerso che i lavori non sono ancora completati in quanto, in seguito al sequestro preventivo del bene ex art. 321 cod. proc. pen. effettuato il 18 maggio 2005, nello stesso anno il Comune ha emesso ordinanze di sospensione e di demolizione per difformità delle opere rispetto al progetto assentito. Inoltre, la società controinteressata non ha allegato ulteriori elementi probatori rivelatori della conoscenza anticipata dell’abuso edilizio da parte dei ricorrenti.

Nel merito, con il primo motivo di gravame i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001 e delle Norme di Attuazione del Piano Regolatore del Comune di Caserta per le zone B3 residenziali di completamento.

In sintesi, gli istanti espongono che:

– la disciplina urbanistica del Comune di Caserta prevede per le zone B3 una duplice possibilità: da un lato, per le costruzioni esistenti, ammette le opere di sostituzione, per una cubatura pari a quella dell’edilizia sostituita, e di manutenzione straordinaria, dall’altro, nelle aree libere da costruzioni (c.d. lotto libero), è consentita la realizzazione di nuovi manufatti nel rispetto di specifici indici di fabbricabilità fondiaria, rapporto di copertura, altezza massima, distacco tra edifici e dai confini, etc.;

– l’impugnato provvedimento si appalesa illegittimo nella misura in cui opera una non consentita commistione tra le descritte alternative ipotesi edilizie, consentendo, previo abbattimento del precedente fabbricato, di costruire un fabbricato ex novo negli stessi volumi di quello originario e senza rispettare gli indici delle aree libere (quale risultava essere quella in questione dopo l’abbattimento del precedente manufatto): in pratica, la società controinteressata ha potuto realizzare un fabbricato ex novo non rispettando gli indici delle aree libere e sfruttando l’intera volumetria del fabbricato abbattuto.

La censura coglie nel segno alla luce dell’orientamento espresso da questo T.A.R. e, in un caso analogo riferito proprio alle zone B3 del Comune di Caserta, da questa Sezione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 27 marzo 2003 n. 3067; Sez. VIII, 27 febbraio 2009 n. 1153).

Premesso che, per risolvere la questione posta all’attenzione di questo Tribunale, è necessario inquadrare la tipologia dell’intervento edilizio contestato, è necessario ricordare che già l’art. 31, comma 1, lett. d), della L. 5 agosto 1978 n. 457, definiva come interventi di ristrutturazione edilizia "quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi impianti".

La giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente chiarito che, ai sensi della norma citata, il concetto di ristrutturazione edilizia comprende anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, purché tale ricostruzione assicuri la piena conformità di sagoma, di volume e di superficie tra il vecchio ed il nuovo fabbricato (Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 luglio 2010 n. 4462).

È poi intervenuto, a definire siffatto intervento edilizio, l’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che, nel testo originario, menzionava il criterio della "fedele ricostruzione" come indice tipico della tipologia di ristrutturazione edilizia consistente nella demolizione e ricostruzione.

Per effetto, poi, della normativa introdotta dall’art. 1 del D.Lgs. 27 dicembre 2002 n. 301, il vincolo della fedele ricostruzione è venuto meno, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia, che, per quanto riguarda gli interventi di ricostruzione e demolizione ad essa riconducibili, resta distinta dall’intervento di nuova costruzione per la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito (Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 luglio 2005 n. 4011; Sez. V, 30 agosto 2006 n. 5061).

Quindi, l’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 definisce come "interventi di ristrutturazione edilizia", quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica".

Per completare il quadro normativo si deve ricordare che anche la L. Reg. 28 novembre 2001 n. 19, all’articolo 2, nel prevedere che le ristrutturazioni possono essere realizzate in base a semplice denuncia di inizio di attività, precisa che rientrano nella fattispecie "le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria, superficie e sagoma dell’edificio preesistente".

Viceversa, esula dal concetto di ristrutturazione la totale demolizione e ricostruzione di un manufatto nel caso che il nuovo stabile non sia fedele al precedente, per sagoma, superficie e volumi (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 27 febbraio 2009 n. 1153). In tal caso l’intervento deve considerarsi come nuova costruzione e, come tale, è soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio del titolo edilizio.

Ebbene, applicando tale principio al caso in esame, devono essere positivamente apprezzate le deduzioni svolte dagli esponenti, secondo cui l’intervento edilizio assentito dal Comune consiste nella demolizione di un preesistente manufatto e nella successiva costruzione di un immobile diverso per volumetria e superficie rispetto al precedente (cfr. relazione tecnica asseverata allegata al ricorso).

Quindi, è fondato il motivo di ricorso che si appunta sulla inosservanza delle Norme Tecniche di Attuazione di riferimento giacché, trattandosi di intervento edilizio che si articolava nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato ex novo diverso dal precedente, si dovevano applicare gli indici prescritti dal vigente strumento urbanistico per le nuoveedificazioni di immobili su lotto libero.

Quindi, risulta illegittimo l’impugnato provvedimento nella misura in cui opera una non consentita commistione tra le descritte, alternative ipotesi edilizie, consentendo, previo abbattimento del precedente fabbricato, di costruire un fabbricato ex novo negli stessi volumi di quello originario e senza rispettare i precitati indici delle aree libere (quale risultava essere quella in questione dopo l’abbattimento del precedente manufatto).

L’accoglimento del primo motivo di gravame conduce, con assorbimento delle ulteriori censure, all’annullamento del provvedimento impugnato.

Spese ed onorari di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidati in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna il Comune di Caserta ed il Fallimento M.C.G. s.r.l., in solido tra loro, al pagamento delle spese ed onorari di giudizio in favore dei Sig.ri F.N., I.D., D.C.A., D.C.A. che liquida in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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