Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7432 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza del 13 gennaio 2010, ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza del 12 dicembre 2007, emessa a seguito di rito abbreviato, che aveva condannato P.A. alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, per il reato di violenza o minaccia per costringere a commettere reato in danno di G.M..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando:

a) la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione con particolare riferimento all’attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa;

b) la violazione o falsa applicazione dell’art. 611 c.p. e art. 49 c.p. nonchè l’omessa motivazione e il travisamento della prova in particolare sul punto dell’elemento soggettivo del contestato reato.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per un duplice ordine di motivi.

2. In primo luogo, perchè i motivi di ricorso ricalcano i motivi già proposti avanti la Corte di Appello di Catanzaro e, pertanto, risultano connotati dal profilo della genericità.

In secondo luogo, perchè la Corte territoriale nel rispondere ai suddetti motivi non ha affatto compiuto un’attività decisionale manifestamente illogica.

Si rimanda, infatti, alla pagina 2 dell’impugnata decisione, con ciò riferendosi al primo motivo dell’odierno ricorso, nella quale la Corte, facendo proprie le motivazioni del Giudice di prime cure, ripercorre lo svolgimento cronologico dei fatti e chiarisce il perchè dell’attendibilità della deposizione del parte lesa G., anche alla luce di quanto affermato da tale C. F., amico del ricorrente, sentito in sede di sommarie informazioni testimoniali.

L’impugnata sentenza, del pari, rende pienamente conto dei motivi per cui l’imputato è stato condannato per l’ascritto reato, con ciò disattendendosi il secondo motivo del ricorso, nel momento in cui, sulla base delle risultanze processuali che in questa sede di legittimità non è consentito sindacare, giunge logicamente ad affermare che "le minacce riferite da C., per conto del P., si pongono in diretta correlazione logica e temporale con l’agire illecito già posto in essere dall’imputato in un contesto di operazione delittuosa unitaria e condivisa" (v. pagina 3 della motivazione).

3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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