Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-01-2011) 25-02-2011, n. 7431

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.G. è imputato di diffamazione per avere offeso la reputazione di R.N., mediante la pubblicazione sul sito internet (OMISSIS) di foto – scattate nel corso di una vacanza che i due fecero insieme ai (OMISSIS)- nelle quali la stessa era stata ritratta completamente nuda.

Il SdP di Chieti, riconoscendolo colpevole del delitto a lui addebitato, lo condannò alla pena di giustizia e al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Chieti, in funzione di giudice di appello, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronunzia di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore e deduce violazione di legge e contraddittorietà di motivazione in ordine alla tardività della querela. Detta querela fu infatti depositata il 22.9.2005, ma, dalla testimonianza della sorella della PC ( R.I.), si apprende che N. venne a conoscenza della pubblicazione di dette foto già in data (OMISSIS), essendone stata informata da amici, avendo poi ottenuto – dopo un primo diniego – la ammissione da parte del T. ed avendo ella stessa, sempre il giorno 16, preso visione di parte delle foto in questione. Così stando le cose, alla data di presentazione della querela, il termine era già scaduto.

Contraddittoriamente la sentenza impugnata sostiene che la prima conoscenza la R. la ebbe solo attraverso e-mail e senza che potesse ricollegare l’azione lesiva alla persona del T.. Ma l’assunto è in pieno contrasto con quanto emerge dagli elementi acquisiti agli atti.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, per essere stata la querela presentata intempestivamente.

La PO era a conoscenza della diffusione sul web delle immagini diffamatorie sin dal (OMISSIS).

Al proposito è da notare che la sentenza di primo grado fissa il giorno in cui la PO apprese della diffusione "in rete" delle fotografie al (OMISSIS).

Con i motivi di appello, tuttavia, si indica la data del (OMISSIS) e la sentenza di secondo grado – correggendo implicitamente sul punto il primo giudice – accetta tale nuova datazione.

Da un controllo eseguito negli atti (possibile e doveroso, in considerazione della natura della censura), emerge che I., sorella della PO, indicò appunto nel (OMISSIS) la data della piena conoscenza da parte di N. della presenza "in rete" delle sue foto. Sempre dalla testimonianza di I. si apprende che quello stesso giorno sia la stessa I., sia N. parlarono con T., che fini per ammettere i fatti.

Emerge per altro con chiarezza che, nel corso della conversazione, si fece riferimento a foto "intime", scattate in un'(OMISSIS):

non poteva, dunque, che trattarsi dei documenti per i quali è processo.

Il fatto che la PO non abbia visitato il "sito" il giorno 16 non appare rilevante, atteso che in tale data ella fu comunque informata e che, nello stesso giorno, ottenne la "confessione" del T..

Sempre il giorno (OMISSIS), inoltre, ella visionò almeno parte delle foto, allegate alle e-mail che alcuni suoi amici si erano premurati di mandarle.

Nè ovviamente può aver rilievo il fatto che ella non abbia preso visione in unica soluzione di tutte le foto, essendo sufficiente per la determinazione della presentazione della istanza punitiva la certezza della notizia che tali foto ormai circolavano su internet.

Il termine di mesi tre dunque scadeva alcuni giorni prima della data della effettiva proposizione della querela.

E’ per altro da notare – per mero scrupolo di completezza, non essendo stata sul punto formulata censura con il ricorso e rimanendo comunque la questione assorbita dalla accertata tardività della querela – che la competenza a giudicare in primo grado apparteneva al Tribunale e non certo al GdP, costituendo pacificamente internet uno degli altri "mezzi di pubblicità" di cui all’art. 595 c.p., comma 3 (cfr. ASN 200831392 – RV 241182).

Il fatto che, secondo il giudice di appello, solo poche persone avevano avuto la possibilità di riconoscere la PO è irrilevante ai fini della sussistenza dell’aggravante.

Invero, ad es., è pur commesso a mezzo stampa il delitto di diffamazione, anche se il giornale abbia avuto pochi lettori.

Ciò che infatti rileva non è la diffusione effettiva del medium ma la diffusibilità della notizia attraverso il medium, diffusività che, a proposito di internet, ha una sua dimensione non solo, per cd., "spaziale", ma anche "temporale", in quanto la notizia può rimanere in rete per un tempo indeterminato, con conseguente protrazione del danno.
P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè l’azione penale non poteva essere iniziata per tardiva presentazione della querela.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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