T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 107 Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

. – Il ricorrente impugna il diniego di concessione edilizia in sanatoria (c.d. "condono") per un box in muratura abusivamente eretto in area soggetta a vincolo cimiteriale.

1.1. – In fatto, espone di esser proprietario (esclusivo dal 2000, in precedenza al 50%) di un’area con sovrastante casa di abitazione in via Vida n. 6, in censuario di Trieste, in zona soggetta a vincolo cimiteriale, ove era stato eretto, senza titolo, un box in muratura ad uso pertinenziale rispetto all’edificio principale (oggetto di altre opere abusive, successivamente condonate).

Il precedente comproprietario, T.B., nel 1986 aveva presentato istanza di condono per tutte le opere abusive, corredata dalla prescritta documentazione e dall’attestazione di pagamento della relativa oblazione.

Nel 2000, il Comune richiedeva un’integrazione documentale, cui il Battista non dava seguito, cosicchè tale domanda – nel 2001 – veniva rivolta anche al ricorrente (nel frattempo divenuto unico proprietario), con la precisazione che, in difetto, l’istanza sarebbe divenuta improcedibile. E, infatti, a causa della omessa presentazione della documentazione richiesta, il successivo 24.3.03 la domanda veniva respinta.

Contro quest’atto è stato proposto ric. n. 665/03, chiamato esso pure all’odierna udienza pubblica.

Nel frattempo, peraltro, era entrata in vigore la L.r. 22/03 che riapriva i termini per il deposito della documentazione che, questa volta, veniva tempestivamente dimessa.

Il precedente diniego era quindi revocato e, in esito all’istruttoria, la domanda di condono veniva accolta per quanto concerne la ristrutturazione con ampliamento della casa di abitazione (e altre opere minori), ma respinta per quanto concerne il box in muratura.

1.2. – Contro quest’atto vengono proposte le seguenti censure:

1) violazione degli artt. 2 e 7 della L. 241/90;

2) violazione dell’art. 32, comma 2, della L. 47785 e dell’art. 28 della L. 166/02. Incompetenza e carenza di motivazione;

2. – L’amministrazione, costituita, puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione.

3. – Il ricorso non ò fondato.

3.1. – Col primo motivo, il ricorrente espone che il procedimento di condono, iniziato dal precedente proprietario nel 1986, si era concluso con un atto oggetto di impugnazione (e, in allora, pendente), da ciò facendo derivare che, a seguito della presentazione dell’istanza di revoca del pregresso diniego, il Comune avesse l’obbligo di comunicare l’avvio del nuovo procedimento.

Il motivo è palesemente infondato, poichè per pacifica giurisprudenza le domande di condono – che attivano un procedimento su istanza di parte – non necessitavano di comunicazione di avvio del procedimento. Si veda, per tutti: C.S. n. 2218/07.

La doglianza in ogni caso – stante l’infondatezza dei motivi formulati avverso il merito del provvedimento – in base al principio di cui all’art. 21octies della L. 241/1990, quale introdotto dall’art. 14 della L. 15/2005, assume rilievo solo formale e non esplica effetti vizianti del provvedimento gravato che possano determinare il suo annullamento. (C.S. n. 1971/10).

3.2. – Col secondo motivo l’istante contesta le motivazioni del diniego, fondato sulla incondonabilità dei manufatti eretti in violazione del vincolo cimiteriale.

A dire del ricorrente, l’art. 28 della L. 166/02, di modifica dell’art. 338 del R.D. 1265/34, prevederebbe due distinte ipotesi: gli abusi commessi sul patrimonio edilizio esistente e quelli correlati a esecuzione ex novo di manufatti. La norma avrebbe ampliato il novero degli interventi sanabili, ricomprendendovi (previo parere favorevole dell’organo sanitario competente) quelli allocati entro 50 metri dall’impianto cimiteriale, se da esso separati da strade pubbliche almeno di livello comunale; e gli interventi "funzionali all’utilizzo dell’edificio esistente", quale il box di cui si controverte.

Il ricorrente lamenta, quindi, sia che il manufatto pertinenziale (e non ad uso abitativo) poteva essere ex se sanato, in quanto preesistente (nel senso che esso era stato eretto in sostituzione di una preesistente baracca ubicata nello stesso luogo), sia che, in ogni caso, essendo destinato a parcheggio privato, rientra tra le eccezioni di cui al comma 5, con conseguente obbligo per il Comune di iniziare la procedura di possibile riduzione della zona di rispetto.

L’articolato motivo non può essere accolto.

3.2.1. – L’art. 338 del TULS, così come modificato dall’art. 28 della L. 166/02, detta diverse prescrizioni. Dispone, ad esempio (ma la cosa – contrariamente a quanto ritiene il ricorrente – nella specie non rileva), che per "la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti" è possibile ridurre l’area di rispetto cimiteriale dagli ordinari 200 m. sino a 50, previo parere favorevole della competente Azienda Sanitaria Locale, laddove "non sia possibile provvedere altrimenti" e "l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale,…. o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari".

La norma stabilisce poi che, "all’interno della zona di rispetto, per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della L. n. 457/78"; ed è proprio in virtù di tale disposizione che l’istante ha potuto comunque ottenere il condono per l’abusiva ristrutturazione, con ampliamento, dell’edificio adibito ad abitazione.

3.2.1. – Nel nostro caso si controverte, invece, di un manufatto in muratura adibito a box per auto.

A dire del ricorrente esso non sarebbe "nuovo", in quanto eretto in sostituzione di una preesistente baracca (essa pure abusiva).

Così non è: infatti la baracca che, essendo abusiva non poteva comunque formare oggetto di alcun diritto di preesistenza, è stata comunque demolita e, al suo posto è stato eretto un diverso manufatto, da considerarsi quindi nuovo.

Neppure il quinto comma, invocato dal ricorrente, si attaglia alla fattispecie all’esame. Esso infatti stabilisce che "per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienicosanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre"

Nella specie, non si è all’evidenza in presenza di opere pubbliche o simili, e il "parcheggio" cui fa cenno al norma (se non ricompreso tra le "opere pubbliche" ut supra, ovvero non rientri – se, ad esempio, si tratta di edificio pluriplano – tra gli interventi urbanistici di P.R.G., è da intendersi quale parcheggio a raso, privo di rilevanza urbanistica.

Ma tale non è un box privato.

In proposito, si sottolinea che il vincolo a zona di rispetto cimiteriale previsto dall’art. 338 del T.U.L.S. comporta, secondo prevalente giurisprudenza (si veda, da ultimo e per tutte, C.S n. 6547/09, alle cui affermazioni il Collegio aderisce), inedificabilità assoluta dell’area, indipendentemente dal tipo di fabbricato di cui trattasi, anche non finalizzato all’abitazione ovvero di carattere pertinenziale (sul punto, anche: Tar Toscana, n. 1815/10), e ciò in quanto detto vincolo svolge ad una triplice funzione: assicurare condizioni di igiene e di salubrità, garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti dell’impianto funerario. Precisa inoltre la citata decisione del Giudice d’Appello, che "è tuttora consolidato l’indirizzo secondo cui quello posto dall’art. 338 del r.d. n. 1265/34, in materia di zona di rispetto cimiteriale, è un vincolo assoluto di inedificabilità "ex lege", tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni contrarie del P.R.G., con conseguente insanabilità delle opere ivi realizzate ai sensi dell’art. 33 della citata legge n. 47 del 1985".

Da ultimo, il ricorrente afferma che il condono doveva essere rilasciato poiché il box non ha destinazione abitativa, essendo pertinenza dell’edificio principale ad uso abitazione.

Anche questo motivo va respinto, oltre che alla stregua di quanto già osservato, perché è fin troppo noto che la giurisprudenza amministrativa ha elaborato una nozione di pertinenza edilizia divergente – più ristretta – dalla corrispondente accezione civilistica, circoscrivendola a quei manufatti che non alterano in modo significativo l’assetto del territorio – cioè di dimensioni modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono – preordinati ad una esigenza necessaria dell’edificio principale (T.A.R. Basilicata, n.1/09); considerando tali le opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale (T.A.R Piemonte n. 2247/09 e T.A.R. Emilia – Romagna Bologna n. 3729/10) e siano fornite di un autonomo valore di mercato (C.S. n. 3127/10 e T.A.R. Lombardia – Brescia n. 2408/10). Il box auto di cui si controverte non può essere considerato pertinenza, dal punto di vista edilizio – urbanistico, perché dotato di propria autonomia funzionale e di autonomo valore di mercato.

In definitiva, il ricorso va respinto.

4. – Sussistono tuttavia le ragioni di legge per disporre la totale compensazione, tra le parti, delle spese e competenze di causa.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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