T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 102 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il ricorso introduttivo l’istante impugna l’ordinanza n. 152 del 24.11.00 di sospensione lavori, nonché l’avviso di avvio di procedimento per accertate violazioni urbanisticoedilizie, del 23.11.00.

1.1. – In fatto, espone che la Società di cui è Amministratore Delegato è proprietaria di un terreno in censuario di Sacile, su cui ha edificato, in forza della concessione edilizia n. 145/96 e di un ulteriore titolo in variante del 15.2.99, un edificio ad uso residenziale e commerciale.

Il 30.5.00 richiedeva una ulteriore concessione edilizia in variante e a sanatoria per l’esecuzione di alcune opere di completamento, che otteneva parere favorevole dalla CEC. Con gli atti qui opposti, tuttavia, il Comune ordinava la sospensione dei lavori e comunicava l’avvio di un procedimento sanzionatorio, per accertate violazioni urbanisticoedilizie.

1.2. – Questi i motivi di ricorso:

1) incompetenza e violazione dell’art. 107 del D.lg. 267/00;

2) violazione dell’art. 1 della L. 241/90, e di principi di giusto procedimento ed economicità;

3) travisamento di fatto, carenza di motivazione e violazione dell’art. 98 della L.r. 52/91.

1.3. – Con motivi aggiunti, depositati il 16.6.01, l’istante impugna il diniego di sanatoria, limitatamente al corpo di collegamento tra la torretta e il vano corsa dell’ascensore, in ampliamento di un vano sito all’ultimo livello della torretta medesima, di cui all’atto n. 18 del 9.4.01, e la successiva ordinanza di demolizione n. 34 del 9.4.01, relativa, oltre al vano di cui si è detto, a 6 velux realizzati sulle falde del solaio; alle partitura murarie interne del sottotetto e relativi impianti e ad una sporgenza dell’area pavimentata in fregio del fiume Livenza, di circa 50 cm..

1.3.1. – Oltre all’invalidità derivata da quella dell’atto di sospensione lavori (motivo A), l’istante lamenta:

B) incompetenza e violazione dell’art. 107 del D.lg. 267/00;

C) violazione dell’art. 1 e di principi di giusto procedimento, dell’art. 98 della L.r. 52/91 e dell’art. 1, comma 2, della L. 241/90

D) travisamento di fatto, carenza di motivazione, omessa valutazione dei presupposti; violazione degli artt. 98 e 104 della L.r. 52/91; degli artt. 1, 2, 3 e 10 della L. 241/90 dell’art. 26 della L. 47/85.

2. – Il Comune si è costituito sia sul ricorso introduttivo che sui motivi aggiunti, controdeducendo sui singoli motivi, e concludendo per la loro reiezione siccome infondati.

2.1. – In prossimità dell’udienza di discussione, il Comune ha dimesso alcune sentenze che danno conto di eventi successivi che hanno caratterizzato la vicenda.

3. – Il ricorso principale è in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in parte inammissibile; i motivi aggiunti sono infondati. Ciò consente al Collegio di decidere indipendentemente dalle sopravvenienze in fatto; tra cui merita segnalare la circostanza che – in prosieguo di tempo, ed esattamente il 10.12.04 – il ricorrente ha richiesto il condono per le opere abusive di cui è causa, che è stato negato con il provvedimento del 2.1.08 (non in atti, e che non si sa se sia sia stato o meno opposto); e le sentenze penali che ne sono conseguite.

3.1. – Col ricorso introduttivo, vengono impugnati l’ordinanza di sospensione lavori e l’atto di comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio per accertate violazioni urbanisticoedilizie.

Orbene, per pacifica giurisprudenza, l’atto di comunicazione di avvio del procedimento non è impugnabile. Come precisato, da ultimo, dal TAR Lazio n. 905/11, "il ricorso, proposto contro la nota con la quale si comunica che è stato avviato un procedimento che potrebbe concludersi con un provvedimento sfavorevole al suo destinatario, è inammissibile, trattandosi di atto endoprocedimentale privo, in quanto tale, di autonoma capacità lesiva. Si tratta, infatti, di un atto che ha, quale unica funzione, di portare a conoscenza del soggetto destinatario del futuro provvedimento amministrativo l’inizio nei suoi confronti del prodromico iter procedimentale all’esito del quale, mediante l’adozione dell’atto conclusivo di tale sequenza, si potrebbero produrre effetti giuridici pregiudizievoli per la sua situazione giuridica soggettiva. È dunque solo quest’ultimo provvedimento che, ove assunto, dovrà essere impugnato perchè è l’unico dal quale derivano effetti lesivi per il suo destinatario".

Quanto all’ordinanza di sospensione lavori, il ricorrente non ha più alcun interesse alla sua (eventuale) dichiarazione di illegittimità, poiché la stessa cessa comunque – a tenore dell’allora vigente art. 98, comma 5, della L.r. 52/91 – di produrre effetti dopo l’emissione del provvedimento sanzionatorio (intervenuto il 9.4.01 e opposto coi motivi aggiunti) e in ogni caso decorsi 60 giorni dalla sua emanazione.

E" ben vero che, nel corpo del ricorso introduttivo, l’istante aveva anche avanzato richiesta di "risarcimento del danno", tuttavia tale domanda risulta, a sua volta, inammissibile per l’assoluta genericità della sua formulazione.

3.2. – Coi motivi aggiunti si lamenta, innanzi tutto, l’illegittimità derivata del provvedimento sanzionatorio (comportante la demolizione di lavori, meglio dettagliati nella ricostruzione in fatto che precede, asseritamente realizzati in difformità dai titoli) da quella del provvedimento di sospensione lavori stessi.

Il motivo è palesemente infondato, stante la ontologica diversità dei due tipi di procedimento. L’ordinanza di sospensione lavori, infatti, è atto di natura temporanea e cautelare che trova il suo unico presupposto nell’aver il soggetto posto in essere attività non legittimate dal titolo ovvero violative delle disposizioni urbanisticoedilizie comunali, laddove il procedimento sanzionatorio si fonda sull’accertata commissione di abusi. Anche se l’ordinanza di sospensione lavori fosse, in ipotesi, illegittima, non perciò lo sarebbe, in via derivativa, anche l’atto sanzionatorio, che ha una sua autonomia e non deriva in alcun modo la propria legittimità (né risente dell’illegittimità) del primo.

3.2.1. – Col secondo motivo, il ricorrente lamenta l’incompetenza del Sindaco a emettere l’ingiunzione a demolire, per contrarietà al disposto dell’art. 107 del D.Lg. 207/00, che la attribuisce ai dirigenti.

Il motivo è infondato.

Come più volte ribadito da questo Tribunale, in virtù delle disposizioni della L.r. n. 52/91 (e in specie degli artt. 98 e 101) espressione della potestà legislativa esclusiva della Regione Friuli Venezia Giulia in materia di urbanistica e di autonomie locali, è il Sindaco (e non il Dirigente) ad esercitare la vigilanza sull’attività urbanisticoedilizia e ad irrogare le relative sanzioni.

3.2.2. – Col terzo motivo, si lamenta la tardività del provvedimento che ingiunge la demolizione che, a tenore dell’art. 98, deve essere adottato e notificato entro 60 giorni dall’ordine di sospensione lavori.

La doglianza non ha pregio stante la pacifica ordinatorietà del termine ivi previsto, che ha il solo scopo di identificare il momento in cui la misura cautelare della sospensione lavori perde la propria efficacia, con la conseguenza che l’interessato è legittimato (ove non sia ancora intervenuto il provvedimento sanzionatorio) a riprendere (ovviamente a suo rischio) i lavori.

3.2.3. – Col quarto, articolato, motivo, si censura l’ordine di demolizione perché non avrebbe tenuto conto, congiuntamente, della istanza di sanatoria del 20.6.00 e dell’integrazione del 12.12.00, con le quali l’istante aveva chiesto di autorizzare determinate opere in variante, altre in sanatoria e si era spontaneamente offerto di eliminare alcune di esse. In particolare, da tali atti risulta che avrebbero dovuto essere spontaneamente demolite le opere abusive realizzate nel sottotetto che, da soffitta inabitabile, era stato di fatto trasformato in appartamento autonomo tramite un insieme di opere, tra cui i velux atti a fornire illuminazione, le pareti divisorie e gli impianti. Di tali opere non era stata chiesta sanatoria e neppure sono state demolite (nonostante il ricorrente ne avesse dichiarato l’intenzione), di talchè l’atto opposto, che ne ordina la rimozione, appare corretto essendo tali opere del tutto abusive. Giova precisare, sul punto, che (come emerge dalla sentenza penale del Tribunale di Pordenone n. 310/08) questi lavori sono stati successivamente oggetto di richiesta di "condono", peraltro denegato in quanto l’intervento aveva realizzato un inammissibile aumento di unità immobiliari. Lo stesso vale per la pavimentazione eccedente quanto autorizzato, realizzata in fregio al fiume Livenza (abuso dichiarato non condonabile in quanto realizzato su aree appartenenti al Demanio pubblico).

Per quanto concerne, infine, le opere di collegamento tra la torretta e il vano scale, che hanno di fatto ampliato una stanza adibita a studio (perciò solo sconfessando la pretesa natura di "volume tecnico"), per le quali era stata richiesta una sorta di "variante", il Comune precisa che detta istanza era già stata respinta con atto del 22.3.01, non opposto. Ne consegue che anche l’ordine di demolizione, qui opposto, di questo manufatto (abusivamente realizzato e non ricondotto a legittimità), appare legittimamente disposta..

Da ultimo, si osserva che l’ordine di demolizione è adeguatamente motivato con il solo richiamo all’abusività delle opere realizzate.

I motivi aggiunti, alla stregua delle osservazioni che precedono, vanno quindi respinti.

4. – Le spese, come di regola, seguono la soccombenza; pertanto il ricorrente viene condannato alla rifusione, in favore del Comune di Sacile, delle spese e competenze di causa, che pare equo quantificare in complessivi Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), al netto di IVA e c.p.a..
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso e motivi aggiunti di cui in epigrafe, dichiara il ricorso introduttivo in parte inammissibile e in parte improcedibile, nei termini di cui in motivazione, e respinge i motivi aggiunti.

Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Sacile, della spese e competenze di causa, quantificate in complessivi Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), al netto di IVA e c.p.a..Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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