T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 1740 Pubblicità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 12 marzo 2009, ha deliberato che:

a) la pratica commerciale descritta al punto II, lettere a), b), c), e d), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

b) la pratica commerciale descritta al punto II, lettere e) ed f), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

c) alla società F.B. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

d) alla società M. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a) e c) del punto II del provvedimento e di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

e) alla società G.R.E. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento.

Di talché, la M. S.p.a. ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi d’impugnativa:

Violazione dell’art. 3 l. 241/1990.

L’atto impugnato sarebbe incomprensibile in quanto le tesi dell’Autorità sarebbero esposte senza una ragionevole logica, in vari punti del provvedimento.

Violazione e falsa applicazione dei principi generali di legge ed in particolare di quelli di cui agli artt. 14, 16 e 18 l. 689/1981.

L’art. 16 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette non metterebbe le parti in grado di difendersi.

Violazione di legge. Eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Le contestazioni riguarderebbero un’unica pratica commerciale, costituita dall’opportunità per il consumatore di usufruire del finanziamento " a tasso zero", tramite il c.d. credito finalizzato, o credito classico, vale a dire quello finalizzato all’acquisto di uno o più prodotti presso i punti vendita M. ed oggetto delle campagne pubblicitarie; in alternativa, il cliente potrebbe ottenere una linea di credito con carta che, se utilizzata in occasione di una delle promozioni, non comporterebbe a sua volta l’applicazione di interessi, per cui anche in tale evenienza il finanziamento sarebbe erogato "a tasso zero", senza che ciò possa integrare pratiche commerciali diverse.

Il "credito finalizzato" e la linea di credito "con carta", infatti, costituirebbero modalità di esecuzione alternative relative all’unico servizio proposto, costituito dalla possibilità di ottenere un finanziamento "a tasso zero".

Violazione e falsa applicazione dell’art. 20, co. 2, del codice del consumo. Illogicità, carenza di istruttoria e di motivazione, irragionevolezza ed ingiustizia. Eccesso di potere.

L’Autorità avrebbe imputato genericamente a M. di avere tenuto un comportamento non diligente, omettendo completamente di individuare l’esatta portata contenutistica dell’obbligo di diligenza con riferimento alla figura professionale della ricorrente.

D’altra parte, il consumatore indotto a recarsi presso un punto vendita M. a seguito delle campagne pubblicitarie potrebbe certamente usufruire del reclamizzato finanziamento a tasso zero e detti finanziamenti sarebbero stati erogati secondo le modalità e alle condizioni descritte nei messaggi pubblicitari.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 22, 23, 24 2 25 lett. a) del codice del consumo. Omessa ed insufficiente motivazione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Al consumatore sarebbero state fornite tutte le informazioni sostanziali necessarie per valutare l’opportunità o meno di chiedere il finanziamento "a zero interessi", non essendo illegittimo l’invito a verificare alcune modalità operative tramite le quali ottenerlo, fermo restando che le stesse sono portate a conoscenza del consumatore nel momento in cui si decide ad usufruire dell’eventuale finanziamento.

In ogni caso, la carta rilasciata tramite M. per ottenere finanziamenti sarebbe solo quella denominata "MWm Prestige", che permette di accedere ai circuiti Visa o Aura ed è gestita da F., mentre non sarebbe previsto il rilascio, tramite l’esponente, della "carta di credito Aura" citata nel provvedimento.

I consumatori, in definitiva, avrebbero potuto usufruire del finanziamento reclamizzato "a tasso zero", esattamente alle condizioni indicate nelle comunicazioni pubblicitarie e senza alcuna limitazione o obbligo ulteriore, mentre, quanto agli oneri economici aggiuntivi, l’imposta di bollo e le spese di invio dell’estratto conto sarebbero oneri esclusi dal calcolo del TAEG.

L’Autorità si sarebbe limitata ad ipotizzare l’esistenza di una pratica commerciale scorretta omettendo di verificare l’effettiva idoneità della stessa ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

La pratica commerciale non configurerebbe comunque una fattispecie aggressiva in particolare quanto all’offerta "B".

Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, co. 9, del codice del consumo con riferimento all’art. 8 l. 689/1981. Eccesso di potere.

Le sanzioni applicate sarebbero inique e sproporzionate, atteso, in primo luogo, che le "due" pratiche commerciali non sarebbero affatto distinte né dotate di autonomia strutturale, trattandosi di modalità alternative di concessione dello stesso finanziamento "a tasso zero".

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 9 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 12 marzo 2009, ha deliberato che:

la pratica commerciale descritta al punto II, lettere a), b), c), e d), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

la pratica commerciale descritta al punto II, lettere e) ed f), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

alla società F.B. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

alla società M. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a) e c) del punto II del provvedimento e di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

alla società G.R.E. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento.

I comportamenti oggetto di contestazione consistono in:

a) campagne pubblicitarie diffuse attraverso diversi mezzi di comunicazione, tra i quali stampa, cartellonistica e brochure, volte a promuovere, contrariamente al vero, la possibilità di finanziare a "tasso zero" l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W.;

b) campagne pubblicitarie diffuse attraverso diversi mezzi di comunicazione tra i quali stampa, cartellonistica e brochure, volte a promuovere, contrariamente al vero, la possibilità di finanziare a "tasso zero" l’acquisto di prodotti presso i punti vendita T.;

c) apertura di una linea di credito con carta, denominata nei moduli contrattuali "offerta B", concessa a TAN 16,68% e TAEG 18,02% (per rimborsi con addebito sul c/c bancario) e TAN 18,72% e TAEG 20,41% (per rimborsi con bollettini su c/c postale) e utilizzo della stessa per il rimborso di un credito finalizzato all’acquisto di prodotti in vendita presso i centri M.W., a fronte dell’offerta di un diverso prodotto finanziario, consistente nella concessione di un credito al consumo a "tasso zero";

d) apertura di una linea di credito con carta, denominata nei moduli contrattuali "offerta B", concessa a TAN 16,68% e TAEG 18,02% (per rimborsi con addebito sul c/c bancario) e TAN 18,72% e TAEG 20,41% (per rimborsi con bollettini su c/c postale) e utilizzo della stessa per il rimborso di un credito finalizzato all’acquisto di prodotti in vendita presso i centri T., a fronte dell’offerta di un diverso prodotto finanziario, consistente nella concessione di un credito al consumo a "tasso zero";

e) concessione di credito finalizzato con contestuale concessione di una linea di credito utilizzabile con carta, denominata nella modulistica contrattuale "offerta A";

f) concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore.

2. La ricorrente M., titolare del marchio M.W., con il primo motivo di impugnativa, ha lamentato la carenza di motivazione del provvedimento impugnato in quanto le tesi dell’Autorità sarebbero esposte senza una ragionevole logica ed in vari punti del provvedimento.

La censura non può essere condivisa.

Nelle proprie valutazioni conclusive, l’Autorità ha precisato che, alla luce delle risultanze istruttorie, i comportamenti oggetto di contestazione nell’ambito della comunicazione di avvio del presente procedimento, non possono essere ricondotti ad unità ed in particolare appaiono idonei ad integrare due pratiche commerciali dotate di autonomia strutturale, in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito (offerta B) e il credito finalizzato classico (offerta A).

In particolare, l’amministrazione procedente ha specificato che le pratiche commerciali oggetto di valutazione consistono nella:

1) conclusione di contratti di finanziamento senza informare adeguatamente i consumatori sulla circostanza che l’importo del finanziamento richiesto per l’acquisto di specifici prodotti in vendita, tra l’altro, presso punti vendita M.W. e T., viene addebitato, come primo utilizzo, su una linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc) di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento;

2) conclusione di contratti di finanziamento finalizzato classico senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro e inequivocabile il consenso del consumatore all’apertura della linea di credito stessa, di cui alle lettere e) ed f).

Ha poi precisato che, alla luce delle risultanze in atti, le condotte individuate nel punto II del provvedimento sub lettere a) e c) e sub lettere b) e d), costituiscono atti della medesima pratica commerciale indicata sub 1) e che la condotta di cui alla lettera f) del punto II del provvedimento, ossia la concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore, e quella di cui alla lettera e), rappresentano condotte riconducibili alla pratica indicata sub 2).

L’AGCM ha evidenziato che le pratiche commerciali, così individuate, sono state realizzate in tutte le fasi di formazione del vincolo contrattuale: la fase promozionale, la fase precontrattuale e la fase di conclusione del contratto.

Con riferimento alla prima pratica commerciale, ha rilevato, innanzitutto, la sussistenza di omissioni informative rilevanti in merito alla natura ed alle caratteristiche dei finanziamenti offerti nella fase pubblicitaria, atteso che, dalle risultanze istruttorie, è emerso come presso i punti vendita M.W. e T., siano state diffuse nel corso del 2008 diverse campagne pubblicitarie volte a promuovere la possibilità di finanziare a "tasso zero" o a "interessi zero" l’acquisto di prodotti in vendita senza, tuttavia, informare i consumatori sulla possibilità di aderire alla promozione finanziaria effettuando una scelta tra due offerte: il credito finalizzato classico con eventuale apertura di linea di credito (c.d. offerta A) e l’apertura di linea di credito revolving (c.d. offerta B) e, in particolare, senza informare i destinatari che in questa seconda ipotesi l’importo del finanziamento richiesto sarebbe stato addebitato, come primo utilizzo, sulla linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito Aura, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc).

I messaggi pubblicitari riconducibili alle campagne, inoltre, a fronte di espressioni quali "interessi zero" o "vero tasso zero" idonee a creare nei destinatari l’idea che il finanziamento non comporti alcuna spesa, omettono di informare il consumatore che sia attratto dall’offerta finanziaria così proposta, della esistenza di costi a titolo di tenuta ed estratto conto, o di quota associativa, previsti nell’ipotesi di apertura della linea di credito e di contestuale utilizzo per il finanziamento del bene acquistato presso il punto vendita.

L’Autorità ha altresì specificato che tali costi rappresentano spese vive non calcolate nel TAEG, ma ha rilevato che la conoscenza di tali limitazioni appare idonea a modificare la percezione del potenziale acquirente in merito all’esatto contenuto delle pubblicità e, quindi, in grado di mitigare fortemente il tenore enfatico dei claim che caratterizzano le comunicazioni pubblicitarie.

Con riferimento alla pratica commerciale contestata nell’ambito della commercializzazione del credito finalizzato classico, l’Autorità ha fatto presente che le risultanze istruttorie evidenziano come le campagne pubblicitarie diffuse dalle società M. e G.R.E. presentino omissioni informative anche in merito alla circostanza per cui la richiesta di credito finalizzato classico comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e tale circostanza, secondo l’AGCM, appare integrare una omissione informativa rilevante in quanto relativa all’oggetto del contratto che il consumatore si appresta a richiedere ed è, quindi, idonea a far assumere al consumatore una decisione che egli non avrebbe altrimenti preso.

Di talché, a prescindere dalla maggiore o minore chiarezza o linearità dell’esposizione, non sussiste alcun dubbio che il provvedimento sia stato congruamente motivato in ordine ai presupposti di fatto e di diritto a base della determinazione adottata.

3. La ricorrente ha prospettato una lesione del diritto di difesa in quanto l’art. 16 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette non consentirebbe alle parti di difendersi.

La doglianza non è persuasiva.

Il regolamento di procedura in materia di pratiche commerciali scorrette, agli artt. 6 e 16, disciplina le comunicazioni agli interessati non prevedendo una contestazione delle risultanze istruttorie.

L’art. 6, infatti, prevede l’avvio dell’istruttoria e l’art. 16 dispone che il responsabile del procedimento, allorché ritenga sufficientemente istruita la pratica, comunica alle parti la data di conclusione della fase istruttoria e indica loro un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui esse possono presentare memorie conclusive o documenti, specificando che, conclusa la fase istruttoria, rimette gli atti al Collegio per l’adozione del provvedimento finale.

Le norme del regolamento in materia di pratiche commerciali scorrette assicurano comunque una piena garanzia del contraddittorio, riconoscendo alle parti un’ampia facoltà di presentare scritti difensivi e documentazione a supporto delle argomentazioni proposte, sicché il procedimento è del tutto conforme ai principi sottesi alla L. 241/1990, mentre, nei procedimenti antitrust, a tutela della libertà di concorrenza, la previsione della comunicazione delle risultanze istruttorie è da ricondurre alle peculiarità tipiche dei relativi procedimenti, caratterizzati dalla particolare complessità degli accertamenti istruttori.

4. Con il successivo motivo d’impugnativa, la Società ricorrente ha sostenuto che le contestazioni riguarderebbero un’unica pratica commerciale, costituita dall’opportunità per il consumatore di usufruire del finanziamento " a tasso zero", e ciò in quanto il "credito finalizzato" e la linea di credito "con carta" costituirebbero modalità di esecuzione alternative relative all’unico servizio proposto, costituito dalla possibilità di ottenere un finanziamento "a tasso zero".

La censura è fondata e va accolta.

L’Autorità ha fatto presente che, alla luce delle risultanze istruttorie, i comportamenti oggetto di contestazione nell’ambito della comunicazione di avvio del presente procedimento non possono essere ricondotti ad unità ed in particolare appaiono idonei ad integrare due pratiche commerciali dotate di autonomia strutturale, in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito (offerta B) e il credito finalizzato classico (offerta A).

In particolare, l’AGCM ha evidenziato che le pratiche commerciali oggetto di valutazione consistono nella:

1) conclusione di contratti di finanziamento senza informare adeguatamente i consumatori sulla circostanza che l’importo del finanziamento richiesto per l’acquisto di specifici prodotti in vendita, tra l’altro, presso punti vendita M.W. e T., viene addebitato, come primo utilizzo, su una linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc) di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento;

2) conclusione di contratti di finanziamento finalizzato classico senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro e inequivocabile il consenso del consumatore all’apertura della linea di credito stessa, di cui alle lettere e) ed f).

L’amministrazione procedente ha precisato che, alla luce delle risultanze in atti, le condotte individuate nel punto II del provvedimento sub lettere a) e c) e sub lettere b) e d), costituiscono atti della medesima pratica commerciale indicata sub 1) e che la condotta di cui alla lettera f) del punto II del presente provvedimento, ossia la concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore, e quella di cui alla lettera e), rappresentano condotte riconducibili alla pratica indicata sub 2).

Il Collegio, in primo luogo, rileva che la duplicità delle pratiche commerciali non è stata contestata con la comunicazione di avvio del procedimento, in cui la pratica è stata delineata essenzialmente come unitaria, il che già di per sé è indice dell’illegittimo "sdoppiamento" operato nel provvedimento conclusivo del procedimento.

In ogni caso, pur avendo presente le differenti caratteristiche individuate dall’Autorità con riferimento alle due forme di finanziamento, occorre rilevare, come condivisibilmente sostenuto dalla ricorrente, che tali modalità alternative sono relative ad un unico servizio proposto, costituito dalla possibilità di ottenere un finanziamento a tasso zero per l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W..

In altri termini, entrambe le forme di finanziamento sono indirizzate ad un unico obiettivo e cioè quello di sollecitare l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W. in ragione di favorevoli condizioni di finanziamento.

Pertanto, in ragione dell’unità teleologica delle campagne pubblicitarie – vale a dire la promozione all’acquisto presso i punti vendita M.W. con contestuale accensione di una pratica di finanziamento F. a condizioni favorevoli – la pratica commerciale deve essere considerata unitaria, anche se il medesimo scopo è perseguito con una modalità alternativa di finanziamento.

Di qui, l’illegittimità della delibera nella parte in cui distingue le pratiche commerciali anziché considerare i messaggi promozionali come una sola pratica.

5. La M. ha ancora contestato come l’Autorità le avrebbe genericamente imputato di avere avuto un comportamento non diligente, omettendo completamente di individuare l’esatta portata contenutistica dell’obbligo di diligenza con riferimento alla figura professionale della ricorrente e, a sostegno dell’assunto, ha fatto presente che il consumatore indotto a recarsi presso un punto vendita M. a seguito delle campagne pubblicitarie potrebbe certamente usufruire del reclamizzato finanziamento a tasso zero e detti finanziamenti sarebbero stati erogati secondo le modalità e alle condizioni descritte nei messaggi pubblicitari.

L’argomentazione non può essere condivisa.

Il Collegio rileva in primo luogo che l’art. 18, co. 1, lett. b), d.lgs. 206/2005 definisce professionista qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali de quibus, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista.

L’Autorità ha desunto la responsabilità delle ricorrente M., titolare del marchio "M.W.", da una pluralità di profili.

Sotto il profilo soggettivo, come indicato al punto 26 della delibera, sono state considerate destinatarie del provvedimento le società F.B. S.p.A., in qualità di autore delle pratiche commerciali e le società M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A. in qualità di coautori.

In particolare, per quanto concerne le società convenzionate, la responsabilità è stata individuata nelle fasi di formazione del vincolo contrattuale ed è stata fatta discendere oltre che dalla qualità di coautori e committenti dei messaggi pubblicitari, nell’ambito dei quali viene pubblicizzata la possibilità di finanziare l’acquisto dei prodotti in vendita presso i propri centri commerciali, anche dalla conoscenza da parte delle società stesse della natura delle operazioni finanziarie commercializzate presso i propri punti vendita nonché del contenuto dei fogli informativi e dei moduli utilizzati per la conclusione dei contratti di finanziamento.

La consapevolezza delle società rispetto alle pratiche commerciali oggetto di valutazione, ha soggiunto l’AGCM, emerge con tutta evidenza dal contenuto degli accordi di collaborazione conclusi con la società finanziaria, F.B. S.p.A., nell’ambito dei quali, tra le operazioni finanziarie da offrire ai propri clienti, sono individuate proprio le operazioni di c.d. credito classico, da perfezionarsi tramite compilazione della richiesta di finanziamento da inoltrare alla finanziaria per il suo esame, e le operazioni che consentono, per il cliente, il ricorso all’apertura, presso F.B., di una linea di credito, da perfezionarsi con la concessione di una apposita carta magnetizzata nominativa e con il pagamento a favore del convenzionato in sede di primo utilizzo; la tesi appare altresì avvalorata dalla previsione di provvigioni che, peraltro, risultano più alte nell’ipotesi in cui il consumatore che si determini a ricorrere al finanziamento per l’acquisto di un prodotto presso il punto vendita, opti per l’apertura della linea di credito revolving.

In sintesi, la responsabilità della ricorrente, quale coautore, è stata fatta discendere: a) dalla qualità di committente dei messaggi pubblicitari, in cui è pubblicizzata la possibilità di finanziare l’acquisto dei prodotti in vendita presso i propri centri commerciali; b) dalla conoscenza da parte della società della natura delle operazioni finanziarie commercializzate presso i propri punti vendita; c) dalla conoscenza del contenuto dei fogli informativi e dei moduli utilizzati per la conclusione dei contratti di finanziamento; d) dagli accordi di collaborazione conclusi con la finanziaria F.; e) dalla previsione di provvigioni che, peraltro, nell’ipotesi in cui il consumatore che si determini a ricorrere al finanziamento per l’acquisto di un prodotto opti per l’apertura della linea di credito revolving sono più elevate.

Il Collegio – premesso che la figura del "coautore" non è un tertium genus di soggetto attivo dell’illecito rispetto al committente ed all’autore, essendo possibile configurare anche nella fattispecie in esame un’ipotesi di concorso di persone nell’illecito amministrativo – rileva che l’Autorità ha proceduto ad un riscontro della sussistenza dei due elementi essenziali che valgono a qualificare la figura del professionista, vale a dire la responsabilità editoriale ed il vantaggio economico (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, I, 9 dicembre 2009, n. 12594; T.A.R. Lazio, Roma, I, 20 novembre 2008, n. 10465).

Non essendovi dubbio sul vantaggio economico derivante alla ricorrente dalla diffusione della pratica commerciale, considerate sia la finalità di promozione delle vendite presso i propri punti commerciali, connessa intrinsecamente alle campagne pubblicitarie, sia le provvigioni spettanti per l’ipotesi in cui il consumatore ricorra al finanziamento per l’acquisto del prodotto, occorre verificare la sussistenza di una responsabilità editoriale in capo alla Società ricorrente.

Il punto centrale della questione, in sostanza, è costituito dalla sussistenza o meno di una responsabilità diretta in capo a M., vale a dire dalla individuazione, nella sua condotta, di un’azione o omissione che consenta l’ascrizione dell’illecito al titolare del marchio a titolo di responsabilità soggettiva e non di responsabilità oggettiva o per fatto altrui, il che sarebbe evidentemente illegittimo.

Il Collegio è dell’avviso che possa essere senz’altro configurata una responsabilità editoriale anche del titolare del marchio in ragione del fatto che i messaggi pubblicitari sono stati predisposti dalle società convenzionate sulla base delle indicazioni fornite dalla F. e che le stesse devono ritenersi senz’altro a conoscenza della natura delle operazioni finanziarie commercializzate, tanto che negli accordi di collaborazione conclusi con la Società finanziaria, tra le operazioni da offrire ai propri clienti, sono individuate proprio le operazioni di c.d. credito classico, da perfezionarsi tramite compilazione della richiesta di finanziamento da inoltrare alla finanziaria per il suo esame.

Inoltre, è significativa e dirimente la circostanza che i contratti di finanziamento sono sottoscritti dai consumatori nei locali commerciali della ricorrente.

In definitiva, occorre rilevare che l’obbligo di diligenza, desumibile dal corpus normativo in materia, richiede che, in presenza di vantaggi economici derivanti dalla pratica commerciale, il soggetto che consegue comunque un vantaggio, come nel caso di specie il titolare dei punti commerciali dove sono effettuate le vendite e sottoscritti i contratti di finanziamento, si attivi concretamente e ponga in essere misure idonee per comprendere appieno le modalità ed il contenuto delle operazioni proposte ai consumatori, solo in presenza delle quali la responsabilità editoriale può essere esclusa essendosi l’operatore economico diligentemente attivato.

Nella fattispecie in esame, di contro, non avendo la ricorrente fornito alcuna dimostrazione di essersi diligentemente attivata, ma, anzi, risultando che la stessa ha assunto un comportamento attivo e concludente per la diffusione della pratica commerciale, deve ritenersi integrata, sussistendo un comportamento rilevante sul piano soggettivo, la responsabilità di M..

In altri termini, il Collegio è dell’avviso che, se non è possibile ritenere che l’immanente obbligo di diligenza gravante su coloro che dalla pratica commerciale traggono comunque dei benefici sia in termini economici che pubblicitari determina sempre e comunque una loro responsabilità editoriale per pratica commerciale scorretta, un’omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo sussiste allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo sui contenuti delle iniziative promopubblicitarie realizzate e diffuse.

Di qui, l’infondatezza delle censure formulate per dedurre l’illegittimità dell’azione amministrativa che ha individuato la ricorrente come professionista ai sensi d.lgs. 206/2005 e come coautore della pratica commerciale.

6. Con una successiva serie di censure, la ricorrente ha contestato sia l’ingannevolezza sia l’aggressività dei comportamenti ascritti, evidenziando anche che l’Autorità si sarebbe limitata ad ipotizzare l’esistenza di una pratica commerciale scorretta omettendo di verificare l’effettiva idoneità della stessa ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

La prospettazione non è persuasiva.

L’Autorità, come già rappresentato, ha fatto presente la sussistenza di un’omissione informativa sulla possibilità di aderire alla promozione finanziaria effettuando una scelta tra due offerte, il credito finalizzato classico con eventuale apertura di linea di credito e l’apertura di linea di credito revolving, e, in particolare, l’assenza dell’informazione per i destinatari che, in questa seconda ipotesi, l’importo del finanziamento richiesto sarebbe stato addebitato, come primo utilizzo, sulla linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito Aura, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc).

Ha ancora fatto presente che i messaggi pubblicitari riconducibili alle campagne a fronte di espressioni quali "interessi zero" o "vero tasso zero" idonee a creare nei destinatari l’idea che il finanziamento non comporti alcuna spesa, omettono di informare il consumatore che sia attratto dall’offerta finanziaria così proposta, della esistenza di costi a titolo di tenuta ed estratto conto, o di quota associativa, previsti nell’ipotesi di apertura della linea di credito e di contestuale utilizzo per il finanziamento del bene acquistato presso il punto vendita.

Il Collegio rileva che l’omissione informativa di tali oneri economici aggiuntivi è ragionevolmente idonea a modificare la percezione dei consumatori in merito all’esatto contenuto della pubblicità ed è di conseguenza idonea ad indurre all’assunzione di una decisione di natura commerciale che altrimenti non sarebbe stata presa.

Con riferimento alla commercializzazione del credito finalizzato classico, le omissioni informative sono state individuate anche in ordine alla circostanza per cui la richiesta di credito finalizzato classico comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta.

Le campagne pubblicitarie, in sostanza, per i profili indicati, risultano essere obiettivamente ingannevoli e si rivelano potenzialmente idonee a ledere la libertà di autodeterminazione dei consumatori.

Né può assumere rilievo che tali costi rappresentano spese vive non calcolate nel TAEG e ciò in quanto l’Autorità non ha individuato l’ingannevolezza nella errata indicazione del TAEG, ma nell’omissione dell’informazione sui costi aggiuntivi che, pur se non inclusi nel TAEG, possono comunque orientare le scelte dei consumatori sulla convenienza o meno dell’effettuazione dell’operazione di finanziamento.

Analogamente, non può incidere sulla legittimità della valutazione l’invito a verificare alcune modalità operative tramite le quali ottenere il finanziamento, atteso che il rinvio ad altre fonti di informazioni non può sanare il pregiudizio derivante dall’omissione informativa in quanto l’effetto "aggancio" dei consumatori e, di conseguenza, l’effetto promozionale si è già prodotto.

La circostanza poi che la carta rilasciata tramite M. per ottenere finanziamenti sarebbe quella denominata "MWm Prestige", che permette di accedere ai circuiti Visa o Aura ed è gestita da F., mentre non sarebbe previsto il rilascio, tramite l’esponente, della "carta di credito Aura" citata nel provvedimento non modifica i termini sostanziali della questione.

Parimenti non persuasive sono le doglianze rivolte alla qualificazione in termini di aggressività della pratica commerciale.

L’AGCM, con ragionamento esente da vizi logici, ha fatto presente che, in relazione alla fase di acquisizione del consenso, la pratica è idonea a configurare una fattispecie aggressiva in violazione degli artt. 24 e 25, lett. a), del codice del consumo in considerazione della natura della condotta e del luogo e dei tempi che caratterizzano la fase di conclusione del contratto.

In proposito, è sufficiente rilevare che il contratto di finanziamento è stipulato direttamente nel punto vendita, nell’ambito di un contesto ambientale che, in considerazione dell’ampiezza e dell’affollamento dei centri commerciali e della sollecitudine con cui, in alcuni casi, si conducono gli acquisti, può indurre il consumatore a non soffermarsi nella lettura delle condizioni generali del contratto o comunque a non richiedere ulteriori informazioni che consentano di chiarire la natura del contratto e le caratteristiche del servizio.

Sulla base di tutto quanto esposto, occorre altresì ritenere non condivisibile l’assunto della ricorrente secondo cui l’Autorità si sarebbe limitata ad ipotizzare l’esistenza di una pratica commerciale scorretta omettendo di verificare l’effettiva idoneità della stessa ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

Su tale aspetto, peraltro, si precisa come la giurisprudenza amministrativa abbia costantemente affermato che le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di "pericolo", essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all’Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione (cfr. T.A.R Lazio, I, 14 aprile 2009, n. 3779; T.A.R. Lazio, I, 11 marzo 2008, n. 2220).

Nel caso di specie – trattandosi di condotte poste in essere da una pluralità di soggetti, la società finanziaria che eroga i finanziamenti e le società titolari di importanti marchi della distribuzione commerciale che prospettano ai clienti i prodotti finanziari, e relative a tutte le fasi di contatto con il consumatore, dalla promozione dell’iniziativa fino alla stipulazione del contratto – non può sussistere dubbio che la pratica commerciale fosse potenzialmente idonea a ledere la libertà di autodeterminazione dei consumatori.

7. La fondatezza della doglianza relativa all’unicità della pratica commerciale implica la fondatezza della censura relativa alla quantificazione della sanzione dedotta, in primo luogo, perché le "due" pratiche commerciali non sarebbero distinte né dotate di autonomia strutturale, trattandosi di modalità alternative di concessione dello stesso finanziamento "a tasso zero"

Il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 134, lett. c), d.lgs. 104/2010, esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla sua giurisdizione, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti.

L’Autorità ha irrogato alla società M. una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 115.000 per la pratica commerciale di cui alle lett. a) e c) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 115.000 per la pratica commerciale di cui alle lett. e) ed f) del punto II del provvedimento per un totale di Euro 230.000.

Il Collegio – tenuto conto che non si è in presenza di distinte pratiche commerciali, con conseguente applicazione del cumulo materiale delle sanzioni, ma di un’unica pratica commerciale e, quindi, di un unico illecito – ritiene che sia applicabile una sola sanzione amministrativa pecuniaria, determinata nella misura di Euro 115.000 (centoquindicimila/00).

8. Sussistono giuste ragioni, considerata la parziale reciproca soccombenza, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua la delibera impugnata e determina in Euro 115.000 (centoquindicimila/00) la sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare alla ricorrente.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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