T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 1736 Punteggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone in fatto l’odierno ricorrente di aver preso parte, nei giorni 19, 20 e 21 novembre 2008, alle prove scritte del concorso per esami a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con decreto ministeriale del Ministro della Giustizia del 27 febbraio 2008, riportando, in esito alla correzione degli elaborati, il giudizio di non idoneità per la prova di diritto amministrativo e di diritto civile.

Avverso gli impugnati atti deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Illegittimità dei criteri di cui al verbale n. 8 del 2 dicembre 2008 per violazione dell’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 160 del 2006. Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, delle norme e dei principi indicati nel motivo n. 1 di ricorso. Illegittimità riflessa e derivata.

Nel richiamare parte ricorrente la pertinente disciplina di riferimento, denuncia l’assenza di due dei componenti la Commissione esaminatrice – segnatamente il prof. C.P. ed il prof. F.C. – nella seduta del 2 dicembre 2008, nel corso della quale sono stati elaborati i criteri per la valutazione degli elaborati scritti, per l’effetto risultando l’organo concorsuale, da qualificarsi quale collegio perfetto, irregolarmente costituito.

I criteri di correzione così stabiliti sarebbero, inoltre, illegittimi in quanto definiti in un tempo esiguo di 70 minuti e, nel riprodurre i criteri fissati per il precedente concorso, sarebbero altresì generici e non pertinenti alle tracce assegnate.

2 – Violazione dell’art. 6 del R.D. 15 ottobre 1925 n. 1860 – Illegittimità degli atti compiuti il 19 novembre dalla Commissione esaminatrice di eliminazione delle tre tracce di diritto amministrativo precedentemente individuate e di individuazione di tre nuove tracce della medesima materia, nonché della relativa verbalizzazione.

Denuncia parte ricorrente la presenza di irregolarità nel corso dello svolgimento della prova scritta di diritto amministrativo, come peraltro emergente dalla relazione redatta dal Presidente della Commissione, essendosi un componente della Commissione, prof. Santangeli, allontanato subito dopo l’individuazione della tracce di diritto amministrativo con conseguente necessità per la Commissione di procedere alla individuazione di altre tre tracce senza la presenza di tutti i suoi componenti, in denunciata violazione dei principi di funzionamento del collegio perfetto e conseguente illegittimità dell’intera procedura concorsuale.

3 – Eccesso di potere per omessa e carente motivazione, violazione e falsa applicazione dei principi in materia di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 9 della legge n. 48 del 2001. Illegittimità riflessa e derivata.

Denuncia parte ricorrente il difetto di motivazione dei giudizi di non idoneità formulati con riferimento ai propri elaborati di diritto amministrativo e di diritto civile, i quali non consentirebbero di comprenderne le relative ragioni e di percepire l’iter logico giuridico seguito dalla Commissione, anche in considerazione della mancata apposizione di segni di correzione e annotazioni sugli elaborati.

Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni sostenendo l’infondatezza del ricorso con richiesta di corrispondente pronuncia.

Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti, trattenuta per la decisione come da verbale.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso i provvedimenti – meglio indicati in epigrafe nei loro estremi – inerenti la procedura del concorso per esami a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con decreto ministeriale del Ministro della Giustizia del 27 febbraio 2008, in relazione alla quale il ricorrente, in esito alla correzione delle prove scritte, ha riportato il giudizio di non idoneità negli elaborati di diritto amministrativo e di diritto civile.

Seguendo, nella disamina delle censure proposte, l’ordine di trattazione suggerito dalla sequenza di loro proposizione, viene innanzitutto in rilievo la doglianza volta a denunciare l’irregolare funzionamento della Commissione stante l’assenza di due componenti dell’organismo concorsuale (il prof. C.P. ed il prof. F.C.) nella seduta del 2 dicembre 2008, in cui sono stati predeterminati i criteri di valutazione, per l’effetto assumendo parte ricorrente che la relativa deliberazione sia inficiata da tale irregolare composizione della Commissione, in violazione del principio del collegio perfetto.

La censura non merita favorevole esame, non potendo la Commissione esaminatrice, alla luce del quadro normativo di riferimento, essere qualificata quale collegio perfetto.

Ed infatti, il comma 3 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 160 del 2006 stabilisce che "nella seduta di cui al sesto comma dell’articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni, la commissione definisce i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati scritti; i criteri per la valutazione delle prove orali sono definiti prima dell’inizio delle stesse. Alle sedute per la definizione dei suddetti criteri devono partecipare tutti i componenti della commissione, salvi i casi di forza maggiore e legittimo impedimento, la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura. In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio superiore può deliberare la revoca del componente e la sua sostituzione con le modalità previste dal comma 1".

Dalla lettura della riportata disposizione appare agevole desumere che, seppur la partecipazione dei componenti della Commissione alla seduta nella quale quest’ultima stabilisce i criteri di valutazione ha carattere di obbligatorietà, nondimeno la norma di legge contempla l’ipotesi in cui taluno dei membri dell’organismo risulti assente.

Se, nel caso in cui la mancata presenza dipenda da "forza maggiore e legittimo impedimento", la valutazione in ordine alla consistenza delle circostanze impeditive è rimessa al C.S.M., per le ipotesi in cui, diversamente, manchi una "adeguata giustificazione", l’Organo di autogoverno può sanzionare la condotta del Commissario con l’esclusione (che assume carattere di obbligatorietà laddove l’assenza si protragga per due sedute).

Deve argomentarsi, da quanto esposto, che la tesi enunciata dalla parte ricorrente circa la natura di collegio perfetto della Commissione laddove è chiamata alla fissazione dei criteri di valutazione non incontra nelle pertinenti previsioni di legge elementi di puntuale riscontro, atteso che l’assenza di taluno dei componenti della Commissione, lungi dal riverberare valenza inficiante sui relativi atti, può – al più – indurre l’adozione di provvedimenti "sanzionatori" da parte del C.S.M., sostanziati dalla revoca della nomina a componente dell’organismo concorsuale (circostanza, nella fattispecie, peraltro verificatasi con riferimento alla posizione del prof. P., sostituito successivamente dal prof. M.).

Conseguentemente, la determinazione dei criteri di correzione non ripete profili di illegittimità dalla concreta composizione della Commissione nella seduta nel corso della quale gli stessi sono stati elaborati, non delineando la norma di riferimento un organo collegiale perfetto che, per la validità delle sue deliberazioni, debba operare con il plenum dei suoi componenti.

Analoga delibazione di infondatezza va adottata con riguardo alle censure volte a lamentare la genericità dei criteri di correzione degli elaborati scritti e la loro non pertinenza rispetto alle tracce assegnate.

Nella seduta del 2 dicembre 2008, la Commissione ha stabilito di considerare idoneo il singolo elaborato che: "presenti una forma italiana corretta sotto il profilo lessicale, sintattico e grammaticale, e riveli adeguata padronanza della terminologia giuridica, unita a capacità di sintesi. In particolare, la chiarezza va valutata in relazione alla linearità del periodo ed alla comprensibilità del contenuti nonché alla precisione del linguaggio comune e giuridico"; "offra una pertinente ed esauriente trattazione del tema, dimostrando adeguata conoscenza dell’istituto cui direttamente esso si riferisce, dei principi fondamentali della materia, della giurisprudenza e della dottrina, nonché un’adeguata capacità di inquadramento dogmatico e sistematico"; riveli la capacità del candidato di procedere all’analisi delle specifiche questioni a lui sottoposte e di proporne una soluzione logicamente argomentata in coerenza con gli istituti e i principi della materia".

I criteri generali di valutazione, come sopra illustrati, contenendo indicazioni di massima sulle caratteristiche che l’elaborato deve possedere per poter essere considerato idoneo, risultano funzionali alla finalità per la quale la Commissione li ha previsti.

Al riguardo, la Sezione ha più volte ribadito che i criteri di valutazione delle prove scritte in cui si articola il concorso per uditore giudiziario non necessitano di particolare illustrazione e dettaglio, e ciò a differenza che in altre ipotesi di procedimenti concorsuali, come ad esempio nelle gare pubbliche di appalto aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in cui l’intensità della discrezionalità tecnica dell’amministrazione è espressa anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente esigenza di individuare ed esplicitare gli elementi stessi (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 3 luglio 2007 n. 5941).

Nell’ambito di procedure concorsuali per l’accesso all’impiego, e segnatamente in quelle per la nomina a uditore giudiziario, la valutazione che la Commissione è chiamata ad effettuare con riguardo agli elaborati scritti si rivolge ad un complesso di elementi non suscettibili di essere vagliati alla luce di criteri particolarmente dettagliati, involgendo essi la preparazione del candidato e quel complesso di qualità e capacità che attraverso l’elaborato devono poter emergere ai fini della formulazione di un giudizio di idoneità, riferite sia alla correttezza della forma italiana sotto il profilo lessicale, sintattico e grammaticale, sia alla padronanza della terminologia giuridica ed alla chiarezza dell’esposizione, mentre, con riferimento ai profili più sostanziali, la valutazione si indirizza alla verifica del possesso di una adeguata preparazione giuridica emergente dalla trattazione degli argomenti di cui alla traccia, della conoscenza degli istituti e dei principi fondamentali delle materie, della capacità di inquadramento e di analisi delle problematiche coinvolte, che racchiudono un complesso di qualità intellettive e culturali e di capacità, necessarie ai fini dell’idoneità per la selezione in questione, che possono essere definite solo attraverso il ricorso a criteri generali quali quelli fissati dalla Commissione, preclusa essendo, in ragione della natura della selezione e della finalità della valutazione, la possibilità di individuazione di criteri più dettagliati, non compatibili rispetto alla tipologia di discrezionalità valutativa rimessa alla Commissione e non idonei rispetto allo scopo della selezione in questione, involgente l’accertamento del possesso di un complesso di qualità e capacità intellettive che attesti l’idoneità del candidato.

In siffatta tipologia di procedura concorsuale, i criteri di valutazione delle prove scritte non si prestano, dunque, ad un meccanismo rigido ed automatico basato su meri riscontri tra gli elaborati ed una serie di ipotesi e definizioni predeterminate che guidino il giudizio, né necessitano di particolare analiticità, risolvendosi il giudizio in una verifica essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati, a differenza di altri procedimenti concorsuali, quali quelli ad evidenza pubblica, in cui l’intensità della discrezionalità dell’Amministrazione discende anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente necessità di individuare ed esplicitare analiticamente i criteri cui ancorare il giudizio.

Se, dunque, l’ampiezza della discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nella predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove circoscrive la sindacabilità dei criteri stessi, limitandola ai soli casi in cui emergano profili, qui non ravvisabili, di manifesta illogicità ed irrazionalità, va affermato come, nella fattispecie in esame, i criteri predeterminati dalla Commissione risultino rispondenti allo scopo di indirizzare la valutazione complessiva degli elaborati, comportando il giudizio della Commissione una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati che attiene alla sfera della discrezionalità tecnica.

Le considerazioni sopra illustrate, circa la legittimità dei criteri di correzione individuati dalla Commissione esaminatrice, stante la loro immunità dai dedotti profili di denunciata genericità, consentono di disattendere l’ulteriore censura che individua nel breve lasso di tempo – 70 minuti – in cui gli stessi sono stati elaborati, un profilo asseritamente inficiante gli stessi.

Ed invero, nessun decisivo rilievo inficiante la determinazione dei criteri di correzione può annettersi alla asserita esiguità del tempo impiegato per la loro determinazione laddove gli stessi non risultino in concreto affetti da vizi propri, non sussistendo alcun parametro temporale da cui desumere l’adeguatezza del procedimento di elaborazione dei criteri di correzione il cui mancato rispetto possa determinare un profilo di illegittimità in via derivata degli stessi.

Con riferimento all’ulteriore profilo di censura articolato da parte ricorrente alla luce dello svolgimento della prima prova scritta, inerente il diritto amministrativo, nel corso della quale un componente della Commissione, prof. Santangeli, si è allontanato subito dopo l’individuazione della tracce, con conseguente necessità per la Commissione di procedere alla individuazione di altre tre tracce così violando i principi di funzionamento del collegio perfetto e determinando l’illegittimità dell’intera procedura concorsuale, come peraltro emergente dalla relazione redatta dal Presidente della Commissione, deve richiamarsi quanto sopra illustrato in ordine alla preclusione della possibilità di qualificare quale collegio perfetto la Commissione esaminatrice del concorso in questione.

Né le irregolarità che hanno caratterizzato lo volgimento della prova di diritto amministrativo, connesse alla necessità per la Commissione, a seguito dell’allontanamento di uno dei suoi componenti, di individuare tracce diverse da quelle inizialmente stabilite, con conseguente ritardo nell’inizio della prova di diritto amministrativo, avvenuto alle ore 14 a fronte della previsione che individua il termine massimo nelle ore 10 antimeridiane, assumono valenza inficiante la procedura concorsuale per violazione dell’art. 6, comma 4, del R.D. 1860 del 1925, in assenza di alcun carattere di perentorietà riscontrabile nelle relative indicazioni.

Ed invero, nelle procedure concorsuali rivestono carattere tassativo unicamente le norme procedimentali volte ad assicurare le garanzie di imparzialità, segretezza ed autenticità delle prove, dovendo assegnarsi alle ulteriori prescrizioni carattere derogatorio.

Peraltro, va ricordato che le ragioni del ritardo nella dettatura della prova di diritto amministrativo sono riconducibili all’avvenuto allontanamento di un membro della Commissione subito dopo l’individuazione delle tracce, con conseguente necessità per la Commissione di procedere alla elaborazione di nuove e diverse tracce a garanzia proprio del corretto svolgimento della procedura concorsuale.

In proposito, tuttavia, non può il Collegio esimersi dal rilevare che una procedura selettiva di particolare rilevanza – quale quella preordinata all’accesso in magistratura – avrebbe senz’altro dovuto essere assistita da modalità di svolgimento che garantissero un ordinato e quanto più possibile sollecito svolgimento delle operazioni strumentali, sì da consentire ai candidati ottimali condizioni per la predisposizione degli elaborati.

Ed è altrettanto vero che, anche a fronte di numerose indicazioni che hanno avuto notevole rilievo mediatico, le operazioni concorsuali in discorso (segnatamente con riferimento al primo giorno di prova) non sono indenni da severe mende per quanto riguarda modalità organizzative che non si sono dimostrate certamente all’altezza di una selezione concorsuale di così alto rilievo.

Peraltro non è ravvisabile alcun nesso di conseguenzialità fra le irregolarità inerenti la prima prova scritta e l’esito della valutazione della prova stessa, cosicché le censure in esame non si sollevano – in difetto di concludenti elementi dimostrativi atti a provare con carattere di necessaria concretezza l’efficienza causale rivelata dalle suindicate modalità di svolgimento rispetto alle modalità di redazione dell’elaborato – dal rango di indimostrate asserzioni, in quanto tali insuscettibili di sindacato.

Avuto riguardo al denunciato profilo di difetto di motivazione del giudizio di inidoneità formulato con riferimento alle prove di diritto amministrativo e di diritto civile redatte dal ricorrente, non consentendo asseritamente la relativa formulazione di ricostruire l’iter logico seguito dalla Commissione stante anche l’assenza di correzioni o annotazioni sugli elaborati, osserva il Collegio che costituisce ormai principio consolidato quello secondo cui le valutazioni espresse da una Commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità tecnica e, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate, ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti.

La giurisprudenza ha pure avuto modo di evidenziare che il voto numerico (ovvero, come nel caso in esame, il conclusivo giudizio di non idoneità) costituisce espressione sintetica, ma esaustiva, della valutazione della Commissione, soddisfacendo adeguatamente l’onere della motivazione previsto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, e, più in generale, dei principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione.

La disposizione contenuta nell’art. 1, comma 5, del D.Lgs. 5 aprile 2006 n. 160 (recante "Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150"), il quale prevede che "sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta" e che "agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo"", non viola le ricordate disposizioni in tema di motivazione del giudizio di inidoneità.

Invero, il meccanismo delineato dalla predetta normativa non costituisce il frutto di una mera attività materiale dell’Amministrazione, ma è espressione di una valutazione, positiva o negativa dell’elaborato: mentre, nel primo caso, alla valutazione positiva segue l’attribuzione di un punteggio, nel secondo caso viene espresso un giudizio di inidoneità che implica, senza alcuna possibilità di dubbio, il mancato raggiungimento della sufficienza.

In altri termini, il giudizio di inidoneità contiene in sé, implicitamente e manifestamente, una valutazione di insufficienza della prova concorsuale che non necessita di essere ulteriormente esplicitato.

Un difetto di motivazione di tale giudizio di inidoneità potrebbe apprezzarsi solo ove il candidato offrisse elementi idonei a supportare l’arbitrarietà o l’irragionevolezza del giudizio, quantomeno relativamente ai criteri predeterminati dalla Commissione, elementi tutti che, nel caso di specie, non ricorrono.

Agli elaborati è stato dunque dato un giudizio di inidoneità – in conformità alla disciplina di riferimento – che appare sufficiente ad esprimere correttamente la valutazione effettuata dalla Commissione, non essendovi neanche l’onere di indicare un voto.

Va dunque confermato, sulla base di quanto dianzi esposto, l’orientamento ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa – consolidato al punto da costituire "diritto vivente" e giudicato conforme ai parametri costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa dalla Corte Costituzionale (sentenza 30 gennaio 2009 n. 20) – secondo cui nelle procedure concorsuali, ove la valutazione del merito del candidato esprime un giudizio strettamente valutativo del grado di preparazione e di idoneità culturale (e non una ponderazione fra una pluralità di interessi in gioco ai fini dell’adozione di una statuizione provvedi mentale), il voto numerico è di per sé idoneo a identificare il livello di sufficienza o di insufficienza della prova sostenuta, senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative (Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009 n. 2880 e 11 luglio 2008 n. 3480; C.G.A.R.S., 7 ottobre 2008 n. 837).

La sopra citata pronuncia del giudice delle leggi – quantunque riferita all’esame di abilitazione alla professione forense – reca univoche indicazioni che inducono il Collegio a disattendere, in quanto infondate, le censure dalla parte ricorrente sollevate con riguardo alla insufficienza della motivazione, avendo la Corte, pur nel rammentare di aver "in plurime decisioni,… escluso che la tesi dell’insussistenza, nell’ordinamento vigente, di un obbligo di motivazione dei punteggi attribuiti in sede di correzione e della idoneità degli stessi punteggi numerici a rappresentare una valida motivazione del provvedimento di inidoneità costituisse una interpretazione obbligata e univoca della normativa vigente (ordinanze n. 466 del 2000, n. 233 del 2001, n. 419 del 2005 e, da ultimo, n. 28 del 2006)", rilevato che "nella più recente evoluzione della giurisprudenza del Consiglio di Stato, tale tesi si è ormai consolidata, privando la tesi minoritaria, ancora adottata in alcune isolate pronunce, di ogni concreta possibilità di definitiva affermazione giurisprudenziale", conclusivamente prendendo atto "della circostanza che la soluzione interpretativa offerta in giurisprudenza costituisce ormai un vero e proprio "diritto vivente"".

Né, pur considerando la peculiarità della disciplina del concorso per uditore giudiziario, può fondatamente argomentarsi che la Commissione fosse tenuta ad apporre glosse, segni di correzione, et similia, poiché l’attività della Commissione di concorso è di carattere valutativo e non didattico.

Preme anche evidenziare che le prove di esame in questione si collocano nell’ambito di un procedimento preordinato all’accertamento di un certo tipo di idoneità, e formano oggetto di un giudizio che è frutto della valutazione tecnicodiscrezionale, da parte della Commissione, di una serie di elementi complessi, suscettibili di vario apprezzamento, anche secondo parametri non strettamente giuridici e, comunque, più ampi rispetto ai criteri generali di correzione.

La Commissione utilizza quindi un potere discrezionale la cui sindacabilità, in questa sede, è ammessa solo in presenza di puntuali profili di illogicità manifesta, o di travisamento, non essendo configurabile la sostituzione dell’autorità giurisdizionale all’organo amministrativo appositamente competente.

In conclusione, la delibata infondatezza – alla luce delle considerazioni sin qui illustrate – delle censure proposte con il ricorso in esame conduce al rigetto dello stesso.

Analogamente a quanto statuito in precedenza dalla Sezione con riferimento ad analoghi ricorsi già decisi, inerenti la medesima procedura concorsuale, si ritiene di poter compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 8158/2009 R.G., come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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