T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 1734

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 12 marzo 2009, ha deliberato che:

a) la pratica commerciale descritta al punto II, lettere a), b), c), e d), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

b) la pratica commerciale descritta al punto II, lettere e) ed f), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

c) alla società F.B. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

d) alla società M. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a) e c) del punto II del provvedimento e di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

e) alla società G.R.E. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento.

Di talché, la F.B. S.p.a. ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi d’impugnativa:

Violazione e falsa applicazione dei principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost., anche in relazione alla violazione e mancata applicazione dei principi di cui agli artt. 14, 16 e 18 l. 689/1981.

Il provvedimento impugnato risulterebbe emesso senza alcuna preventiva contestazione alla ricorrente e senza che quest’ultima abbia potuto esplicitare le proprie difese su quanto oggetto di censura.

Ulteriore violazione e falsa applicazione dei principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost., anche in relazione alla violazione e mancata applicazione del principio di cui all’art. 27, co. 11, d.lgs. 206/2005, in generale e con specifico riferimento sia all’art. 16, co. 1, del regolamento sia all’art. 16, co. 3, dello stesso regolamento.

La mancata comunicazione dei risultati dell’istruttoria e delle conclusioni alle quali è pervenuto il responsabile del procedimento renderebbe inutile la concessione di un nuovo termine per la presentazione di memorie conclusive o documenti.

Non vi sarebbe prova che il parere rilasciato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sia stato riportato nella propria interezza e lo stesso, comunque, non farebbe riferimento agli artt. 24 e 25, lett. a), del codice del consumo.

Violazione e falsa applicazione dei principi di cui agli artt. 3, co. 1, e 10, co. 1, lett. b), l. 241/1990.

Il provvedimento sarebbe carente di motivazione e, in particolare, non avrebbe tenuto nella debita considerazione le argomentazioni sviluppate dalla ricorrente nelle memorie difensive presentate nel corso del procedimento, sicché non vi sarebbe stata la valutazione prevista e richiesta dall’art. 10, co. 1, lett. b), l. 241/1990.

Ulteriore violazione e falsa applicazione del principio di cui all’art. 3, co. 1, l. 241/1990.

L’Autorità avrebbe precisato che la prima delle campagne promozionali è stata diffusa dal 6 al 31 dicembre 2007 e le seguenti in periodi alterni fino al mese di settembre 2008, sicché il periodo da prendere in considerazione ai fini della valutazione dei comportamenti dei professionisti sarebbe dovuto essere inquadrato in tale arco temporale.

Anche a voler prescindere dalla circostanza che i semplici rimborsi delle spese vive e dei costi sostenuti dalla finanziaria non andrebbero, per principio generale, a far parte del TAEG, l’Autorità avrebbe dovuto verificare se ed in quale delle cinque campagne promozionali sarebbero potute essere inserite le condotte della ricorrente soggette ad esame, eliminando sia quelle che riportavano l’esposizione di un TAEG sia quelle che evidenziavano la percentuale complessiva delle spese accessorie.

Mancata corrispondenza fra l’oggetto del procedimento enunciato nella comunicazione di avvio del procedimento e l’oggetto posto a base del provvedimento; travisamento delle risultanze dell’istruttoria.

Dalla formulazione della comunicazione di avvio del procedimento, ricomprendente anche i profili oggetto di valutazione, sarebbe emersa in modo incontrovertibile l’unicità delle condotte attribuite alla F. alle prime sette lettere, mentre in linea puramente teorica sarebbe potuta essere considerata autonoma solo l’ultima parte del comportamento descritto alla lett. f) ed al punto 4; viceversa, nel provvedimento conclusivo sarebbero state individuate due pratiche commerciali dotate di autonomia strutturale con l’effetto pratico di raddoppiare la sanzione irrogata.

Le condotte attribuite alla ricorrente sarebbero state illegittimamente separate al solo fine di duplicare la sanzione, mentre le condotte, svolgendosi in un unico contesto e nell’ambito della medesima iniziativa, avrebbero l’identico effetto di far ottenere al consumatore il finanziamento a tasso zero del bene che vuole acquistare e la possibilità di disporre di una carta di credito.

Ad ogni buon conto, i finanziamenti pubblicizzati a tasso zero o a zero interessi sarebbero stati effettivamente tali.

Ulteriore travisamento delle risultanze istruttorie; violazione e falsa applicazione degli artt. 20, co. 2, 21, 22, 24 e 25 lett. a) del codice del consumo.

La mancata indicazione della precisazione che, nel caso di contestuale apertura di una linea di credito con carta, vi sarebbe stato un minimo onere per spese di emissione ed invio estratto conto, nonché quota associativa, costituirebbe un elemento marginale, accessorio, non rilevante ed inidoneo sia a condizionare il consumatore medio sia ad alterare la scelta dello stesso facendogli assumere una decisione che altrimenti non avrebbe preso.

I volantini avrebbero innegabili limiti di spazio e vi sarebbe un rinvio ad altre fonti di informazione disponibili nella immediatezza temporale e di luogo rispetto alla ricezione del messaggio pubblicitario.

Illegittimità della irrogazione delle sanzioni e, in subordine, eccessività delle somme ingiunte quali sanzioni amministrative, con violazione e falsa applicazione dell’art. 11 l. 689/1981; difetto di motivazione; manifesta irragionevolezza.

La pratica commerciale della F. dovrebbe, in ogni caso, essere considerata unica ed unitaria, con emissione di un’unica sanzione, essendo illegittima la configurazione di due distinte ed autonome pratiche commerciali.

Le argomentazioni poste dall’Autorità a sostegno della gravità della violazione sarebbero più un esercizio di stile che una concreta valutazione di tale elemento.

Parimenti inesatte sarebbero le argomentazioni a base della durata della violazione, atteso che i fatti oggetto del provvedimento non potrebbero estendersi oltre l’ottobre del 2008 e la violazione non potrebbe che fare riferimento al periodo temporale delle campagne pubblicitarie.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 9 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 12 marzo 2009, ha deliberato che:

la pratica commerciale descritta al punto II, lettere a), b), c), e d), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

la pratica commerciale descritta al punto II, lettere e) ed f), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

alla società F.B. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

alla società M. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a) e c) del punto II del provvedimento e di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

alla società G.R.E. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento.

I comportamenti oggetto di contestazione consistono in:

a) campagne pubblicitarie diffuse attraverso diversi mezzi di comunicazione, tra i quali stampa, cartellonistica e brochure, volte a promuovere, contrariamente al vero, la possibilità di finanziare a "tasso zero" l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W.;

b) campagne pubblicitarie diffuse attraverso diversi mezzi di comunicazione tra i quali stampa, cartellonistica e brochure, volte a promuovere, contrariamente al vero, la possibilità di finanziare a "tasso zero" l’acquisto di prodotti presso i punti vendita T.;

c) apertura di una linea di credito con carta, denominata nei moduli contrattuali "offerta B", concessa a TAN 16,68% e TAEG 18,02% (per rimborsi con addebito sul c/c bancario) e TAN 18,72% e TAEG 20,41% (per rimborsi con bollettini su c/c postale) e utilizzo della stessa per il rimborso di un credito finalizzato all’acquisto di prodotti in vendita presso i centri M.W., a fronte dell’offerta di un diverso prodotto finanziario, consistente nella concessione di un credito al consumo a "tasso zero";

d) apertura di una linea di credito con carta, denominata nei moduli contrattuali "offerta B", concessa a TAN 16,68% e TAEG 18,02% (per rimborsi con addebito sul c/c bancario) e TAN 18,72% e TAEG 20,41% (per rimborsi con bollettini su c/c postale) e utilizzo della stessa per il rimborso di un credito finalizzato all’acquisto di prodotti in vendita presso i centri T., a fronte dell’offerta di un diverso prodotto finanziario, consistente nella concessione di un credito al consumo a "tasso zero";

e) concessione di credito finalizzato con contestuale concessione di una linea di credito utilizzabile con carta, denominata nella modulistica contrattuale "offerta A";

f) concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore.

2. Le censure di carattere procedimentale sono infondate.

2.1 Il regolamento di procedura in materia di pratiche commerciali scorrette, agli artt. 6 e 16, disciplina le comunicazioni agli interessati non prevedendo una contestazione delle risultanze istruttorie.

L’art. 6, infatti, prevede l’avvio dell’istruttoria e l’art. 16 dispone che il responsabile del procedimento, allorché ritenga sufficientemente istruita la pratica, comunica alle parti la data di conclusione della fase istruttoria e indica loro un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui esse possono presentare memorie conclusive o documenti, specificando che, conclusa la fase istruttoria, rimette gli atti al Collegio per l’adozione del provvedimento finale.

Le norme del regolamento in materia di pratiche commerciali scorrette, nondimeno, assicurano una piena garanzia del contraddittorio, riconoscendo alle parti un’ampia facoltà di presentare scritti difensivi e documentazione a supporto delle argomentazioni proposte, sicché il procedimento è del tutto conforme ai principi sottesi alla L. 241/1990, mentre, nei procedimenti antitrust, a tutela della libertà di concorrenza, la previsione della comunicazione delle risultanze istruttorie è da ricondurre alle peculiarità tipiche dei relativi procedimenti, caratterizzati dalla particolare complessità degli accertamenti istruttori.

2.2 L’art. 27, co. 6, del codice del consumo prevede la richiesta del parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – da acquisire prima dell’adozione del provvedimento da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – per i casi in cui la pratica commerciale sia diffusa attraverso la stampa periodica o quotidiana o per via radiofonica o televisiva o altro mezzo di telecomunicazione.

Tale parere costituisce un atto endoprocedimentale in ordine al quale non è previsto che debba formarsi uno specifico contraddittorio tra le parti, il quale è invece garantito con riferimento ai fatti in relazione ai quali è stato avviato il procedimento di accertamento della violazione, come indicati nella comunicazione di avvio dello stesso (cfr. T.A.R. Lazio Roma, I, 3 marzo 2010, n. 3287).

La circostanza poi che il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, nel caso di specie, abbia ritenuto che le pratiche commerciali risultano scorrette ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 e non anche degli artt. 24 e 25, lett. a), d.lgs. 206/2005 non è idonea ad incidere sulla legittimità della valutazione compiuta dall’Autorità procedente che, secondo quanto si vedrà infra, ha invece esteso la violazione anche ai suddetti articoli di legge sulla base di un iter argomentativo esente da vizi logici.

2.3 Per quanto attiene alla lamentata mancata considerazione delle argomentazioni esposte dalla F. nelle memorie prodotte nel corso del procedimento, il Collegio rileva che costituisce principio consolidato quello secondo cui l’obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi, ex art. 10, l. n. 241 del 1990, non impone una analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del non adeguamento alle traiettorie difensive e ne attesti la relativa consapevolezza (ex multis: T.A.R. Lazio Roma, I, 2 agosto 2010, n. 29503).

3. La doglianza relativa alla durata delle campagne promozionali non assume rilievo in quanto il fattore durata, se può costituire un elemento da valutare ai fini della quantificazione della sanzione, non può certo di per sé escludere l’illiceità delle condotte e, quindi, non è idonea a determinare l’illegittimità del provvedimento nel suo complesso.

4. Il provvedimento, inoltre, a prescindere dalla maggiore o minore chiarezza e linearità dell’esposizione, risulta congruamente motivato in ordine ai presupposti di fatto e di diritto a base della determinazione adottata e, d’altra parte, l’omissione informativa non è stata rilevata con riferimento al TAEG, ma essenzialmente in relazione agli oneri economici aggiuntivi che prescindono dall’indicazione del TAEG.

5. Parimenti infondate sono le censure con cui la F. ha dedotto l’illegittimità dell’azione amministrativa dal travisamento delle risultanze istruttorie e dalla errata applicazione della normativa di settore.

La ricorrente ha sostenuto soprattutto che:

la mancata indicazione della precisazione che, nel caso di contestuale apertura di una linea di credito con carta, vi sarebbe stato un minimo onere per spese di emissione ed invio estratto conto, nonché quota associativa, costituirebbe un elemento marginale, accessorio, non rilevante ed inidoneo sia a condizionare il consumatore medio sia ad alterare la scelta dello stesso facendogli assumere una decisione che altrimenti non avrebbe preso;

i volantini pubblicitari avrebbero innegabili limiti di spazio e vi sarebbe un rinvio ad altre fonti di informazione disponibili nella immediatezza temporale e di luogo rispetto alla ricezione del messaggio pubblicitario.

Nelle proprie valutazioni conclusive, l’Autorità ha precisato che, alla luce delle risultanze istruttorie, i comportamenti oggetto di contestazione nell’ambito della comunicazione di avvio del procedimento non possono essere ricondotti ad unità ed in particolare appaiono idonei ad integrare due pratiche commerciali dotate di autonomia strutturale, in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito (offerta B) e il credito finalizzato classico (offerta A).

In particolare, l’amministrazione procedente ha specificato che le pratiche commerciali oggetto di valutazione consistono nella:

1) conclusione di contratti di finanziamento senza informare adeguatamente i consumatori sulla circostanza che l’importo del finanziamento richiesto per l’acquisto di specifici prodotti in vendita, tra l’altro, presso punti vendita M.W. e T., viene addebitato, come primo utilizzo, su una linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc) di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento;

2) conclusione di contratti di finanziamento finalizzato classico senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro e inequivocabile il consenso del consumatore all’apertura della linea di credito stessa, di cui alle lettere e) ed f).

Ha poi precisato che, alla luce delle risultanze in atti, le condotte individuate nel punto II del provvedimento sub lettere a) e c) e sub lettere b) e d), costituiscono atti della medesima pratica commerciale indicata sub 1) e che la condotta di cui alla lettera f) del punto II del provvedimento, ossia la concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore, e quella di cui alla lettera e), rappresentano condotte riconducibili alla pratica indicata sub 2).

L’AGCM ha evidenziato che le pratiche commerciali, così individuate, sono state realizzate in tutte le fasi di formazione del vincolo contrattuale: la fase promozionale, la fase precontrattuale e la fase di conclusione del contratto.

Con riferimento alla prima pratica commerciale, ha poi più analiticamente rappresentato, innanzitutto, la sussistenza di omissioni informative rilevanti in merito alla natura ed alle caratteristiche dei finanziamenti offerti nella fase pubblicitaria, atteso che, dalle risultanze istruttorie, è emerso come presso i punti vendita M.W. e T., siano state diffuse nel corso del 2008 diverse campagne pubblicitarie volte a promuovere la possibilità di finanziare a "tasso zero" o a "interessi zero" l’acquisto di prodotti in vendita senza, tuttavia, informare i consumatori sulla possibilità di aderire alla promozione finanziaria effettuando una scelta tra due offerte, il credito finalizzato classico con eventuale apertura di linea di credito (c.d. offerta A) e l’apertura di linea di credito revolving (c.d. offerta B), e, in particolare, senza informare i destinatari che in questa seconda ipotesi l’importo del finanziamento richiesto sarebbe stato addebitato, come primo utilizzo, sulla linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito Aura, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc).

I messaggi pubblicitari riconducibili alle campagne, a fronte di espressioni quali "interessi zero" o "vero tasso zero" idonee a creare nei destinatari l’idea che il finanziamento non comporti alcuna spesa, omettono di informare il consumatore che sia attratto dall’offerta finanziaria così proposta, della esistenza di costi a titolo di tenuta ed estratto conto, o di quota associativa, previsti nell’ipotesi di apertura della linea di credito e di contestuale utilizzo per il finanziamento del bene acquistato presso il punto vendita.

L’Autorità ha specificato che tali costi rappresentano spese vive non calcolate nel TAEG, ma ha rilevato che la conoscenza di tali limitazioni appare idonea a modificare la percezione del potenziale acquirente in merito all’esatto contenuto delle pubblicità e, quindi, è in grado di mitigare fortemente il tenore enfatico dei claim che caratterizzano le comunicazioni pubblicitarie.

Con riferimento alla pratica commerciale contestata nell’ambito della commercializzazione del credito finalizzato classico, l’Autorità ha fatto altresì presente che le risultanze istruttorie evidenziano come le campagne pubblicitarie diffuse dalle società M. e G.R.E. presentino omissioni informative anche in merito alla circostanza per cui la richiesta di credito finalizzato classico comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e tale circostanza, secondo l’AGCM, appare integrare una omissione informativa rilevante in quanto relativa all’oggetto del contratto che il consumatore si appresta a richiedere ed è, quindi, idonea a far assumere al consumatore una decisione che egli non avrebbe altrimenti preso.

Il Collegio rileva che l’omissione informativa degli oneri economici aggiuntivi è ragionevolmente idonea a modificare la percezione dei consumatori in merito all’esatto contenuto della pubblicità ed è di conseguenza idonea ad indurre gli stessi all’assunzione di una decisione di natura commerciale che altrimenti non sarebbe stata presa.

Il consumatore, infatti, deve essere in grado di conoscere tutte le informazioni sulle condizioni economiche del prestito nel momento in cui avviene il contatto pubblicitario.

Ugualmente condivisibile, in relazione alla commercializzazione del credito finalizzato classico, è la considerazione che – essendo state le omissioni informative individuate anche in ordine alla circostanza per cui la richiesta di credito finalizzato classico comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta – tale circostanza è rilevante ai fini in discorso in quanto relativa all’oggetto del contratto.

Le campagne pubblicitarie, in sostanza, per i profili indicati, risultano essere obiettivamente ingannevoli e si rivelano potenzialmente idonee a ledere la libertà di autodeterminazione dei consumatori.

Né può assumere rilievo che i costi economici aggiuntivi rappresentano spese vive non calcolate nel TAEG e ciò in quanto l’Autorità non ha individuato l’ingannevolezza nella errata indicazione del TAEG, ma nell’omissione dell’informazione sui costi aggiuntivi che, pur se non inclusi nel TAEG, possono comunque orientare le scelte dei consumatori sulla convenienza o meno dell’effettuazione dell’operazione di finanziamento.

Analogamente, non può incidere sulla legittimità della valutazione l’invito a verificare alcune modalità operative tramite le quali ottenere il finanziamento, atteso che il rinvio ad altre fonti di informazioni non può sanare il pregiudizio derivante dall’omissione informativa in quanto l’effetto "aggancio" dei consumatori e, di conseguenza, l’effetto promozionale si è già prodotto.

In altri termini, la scorrettezza della pratica commerciale non può essere esclusa per il fatto che le informazioni rilevanti possono essere conosciute dal consumatore in un momento successivo al primo contatto pubblicitario, imponendosi, invece, al professionista un preciso onere di chiarezza e completezza nella redazione delle campagne pubblicitarie, nell’esercizio della propria libertà imprenditoriale.

La circostanza poi che la carta rilasciata tramite M. per ottenere finanziamenti sarebbe quella denominata "MWm Prestige", che permette di accedere ai circuiti Visa o Aura ed è gestita da F., mentre non sarebbe previsto il rilascio, tramite l’esponente, della "carta di credito Aura" citata nel provvedimento non modifica i termini sostanziali della questione.

Per quanto concerne l’aggressività della condotta, inoltre, l’AGCM, con ragionamento esente da vizi logici, ha fatto presente che, in relazione alla fase di acquisizione del consenso, la pratica è idonea a configurare una fattispecie aggressiva in violazione degli artt. 24 e 25, lett. a), del codice del consumo in considerazione della natura della condotta e del luogo e dei tempi che caratterizzano la fase di conclusione del contratto.

In proposito, è sufficiente rilevare che il contratto di finanziamento è stipulato direttamente nel punto vendita, nell’ambito di un contesto ambientale che, in considerazione dell’ampiezza e dell’affollamento dei centri commerciali e della sollecitudine con cui, in alcuni casi, si conducono gli acquisti, può indurre il consumatore a non soffermarsi nella lettura delle condizioni generali del contratto o comunque a non richiedere ulteriori informazioni che consentano di chiarire la natura del contratto e le caratteristiche del servizio.

Né è possibile ritenere che l’Autorità si sia limitata ad ipotizzare l’esistenza di una pratica commerciale scorretta omettendo di verificare l’effettiva idoneità della stessa ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

La giurisprudenza amministrativa, infatti, ha costantemente affermato che le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di "pericolo", essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all’Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione (cfr. T.A.R Lazio, I, 14 aprile 2009, n. 3779; T.A.R. Lazio, I, 11 marzo 2008, n. 2220).

Nel caso di specie – trattandosi di condotte poste in essere da una pluralità di soggetti, la società finanziaria che eroga i finanziamenti e le società titolari di importanti marchi della distribuzione commerciale che prospettano ai clienti i prodotti finanziari, e relative a tutte le fasi di contatto con il consumatore, dalla promozione dell’iniziativa fino alla stipulazione del contratto – non può sussistere dubbio che la pratica commerciale fosse potenzialmente idonea a ledere la libertà di autodeterminazione dei consumatori.

6. La ricorrente ha sostenuto che le condotte contestate sarebbero state illegittimamente separate, mentre, svolgendosi in un unico contesto e nell’ambito della medesima iniziativa, avrebbero l’identico effetto di far ottenere al consumatore il finanziamento a tasso zero del bene che vuole acquistare e la possibilità di disporre di una carta di credito.

La Società ricorrente, in definitiva, ha posto in rilievo che le contestazioni riguarderebbero un’unica pratica commerciale, costituita dall’opportunità per il consumatore di usufruire del finanziamento " a tasso zero", e ciò in quanto il "credito finalizzato" e la linea di credito "con carta" costituirebbero modalità di esecuzione alternative relative all’unico servizio proposto, costituito dalla possibilità di ottenere un finanziamento "a tasso zero".

La censura è fondata e va accolta.

L’Autorità ha fatto presente che, alla luce delle risultanze istruttorie, i comportamenti oggetto di contestazione nell’ambito della comunicazione di avvio del procedimento non possono essere ricondotti ad unità ed in particolare appaiono idonei ad integrare due pratiche commerciali dotate di autonomia strutturale, in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito (offerta B) e il credito finalizzato classico (offerta A).

In particolare, l’AGCM ha evidenziato che le pratiche commerciali oggetto di valutazione consistono nella:

1) conclusione di contratti di finanziamento senza informare adeguatamente i consumatori sulla circostanza che l’importo del finanziamento richiesto per l’acquisto di specifici prodotti in vendita, tra l’altro, presso punti vendita M.W. e T., viene addebitato, come primo utilizzo, su una linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc) di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento;

2) conclusione di contratti di finanziamento finalizzato classico senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro e inequivocabile il consenso del consumatore all’apertura della linea di credito stessa, di cui alle lettere e) ed f).

L’amministrazione procedente ha precisato che, alla luce delle risultanze in atti, le condotte individuate nel punto II del provvedimento sub lettere a) e c) e sub lettere b) e d), costituiscono atti della medesima pratica commerciale indicata sub 1) e che la condotta di cui alla lettera f) del punto II del presente provvedimento, ossia la concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore, e quella di cui alla lettera e), rappresentano condotte riconducibili alla pratica indicata sub 2).

Il Collegio, in primo luogo, rileva che la duplicità delle pratiche commerciali non è stata contestata con la comunicazione di avvio del procedimento, in cui la pratica è stata delineata essenzialmente come unitaria, il che già di per sé è indice dell’illegittimo "sdoppiamento" operato nel provvedimento conclusivo del procedimento.

In ogni caso, pur avendo presente le differenti caratteristiche individuate dall’Autorità con riferimento alle due forme di finanziamento, occorre rilevare che tali modalità alternative sono relative ad un unico servizio proposto, costituito dalla possibilità di ottenere un finanziamento a tasso zero per l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W. e T..

In altri termini, entrambe le forme di finanziamento sono indirizzate ad un unico obiettivo e cioè quello di sollecitare l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W. e T. in ragione di favorevoli condizioni di finanziamento.

Pertanto, in ragione dell’unità teleologica delle campagne pubblicitarie – vale a dire la promozione all’acquisto presso i punti vendita M.W. e T. con contestuale accensione di una pratica di finanziamento F. a condizioni favorevoli – la pratica commerciale deve essere considerata unitaria, anche se il medesimo scopo è perseguito con una modalità alternativa di finanziamento.

Di qui, l’illegittimità della delibera nella parte in cui distingue le pratiche commerciali anziché considerare i messaggi promozionali come una sola pratica.

7. La fondatezza della doglianza relativa all’unicità della pratica commerciale implica la fondatezza della censura relativa alla quantificazione della sanzione dedotta, in primo luogo, perché la pratica commerciale dovrebbe essere considerata unica, con applicazione di un’unica sanzione.

Il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 134, lett. c), d.lgs. 104/2010, esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla sua giurisdizione, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti.

L’Autorità ha irrogato alla società F.B. S.p.a. una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 215.000 per la pratica commerciale di cui alle lett. a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 215.000 per la pratica commerciale di cui alle lett. e) ed f) del punto II del provvedimento per un totale di Euro 430.000.

Il Collegio – tenuto conto che non si è in presenza di distinte pratiche commerciali, con conseguente applicazione del cumulo materiale delle sanzioni, ma di un’unica pratica commerciale e, quindi, di un unico illecito – ritiene che sia applicabile una sola sanzione amministrativa pecuniaria, determinata nella misura di Euro 215.000 (duecentoquindicimila/00).

8. Sussistono giuste ragioni, considerata la parziale reciproca soccombenza, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua la delibera impugnata e determina in Euro 215.000 (duecentoquindicimila/00) la sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare alla ricorrente.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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