T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 1733 Reati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 12 marzo 2009, ha deliberato che:

a) la pratica commerciale descritta al punto II, lettere a), b), c), e d), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

b) la pratica commerciale descritta al punto II, lettere e) ed f), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

c) alla società F.B. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

d) alla società M. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a) e c) del punto II del provvedimento e di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

e) alla società G.R.E. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento.

Di talché, la G.R.E. G.R.E. S.p.a. ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione dei principi del giusto procedimento e del contraddittorio. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, co. 11, d.lgs. 206/2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette, emanato con delibera AGCM del 15 novembre 2007. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 6 CEDU.

La ricorrente non avrebbe adeguatamente esercitato il suo diritto di difesa a causa della genericità delle contestazioni contenute nella comunicazione di avvio del procedimento e della discrepanza fra le contestazioni contenute nella comunicazione di apertura del procedimento e le pratiche commerciali scorrette ravvisate nel comportamento di G.R.E.

Il provvedimento avrebbe completamente abbandonato l’impostazione adottata con la comunicazione di apertura del procedimento giungendo alla conclusione che nella vicenda fossero ravvisabili due diverse pratiche commerciali, dotate di autonomia strutturale in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito ed il credito finalizzato classico.

Mancata comunicazione delle risultanze istruttorie. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, co. 11, d.lgs. 206/2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1 l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis l. 241/1990.

La violazione del diritto di difesa sarebbe stata aggravata dalla omessa comunicazione delle risultanze istruttorie.

La ricorrente sarebbe stata ritenuta responsabile di pratiche commerciali scorrette in relazione ad elementi che non hanno mai formato oggetto di specifica contestazione.

L’obbligo di comunicazione delle risultanze istruttorie, peraltro, sarebbe imposto dall’art. 10 bis l. 241/1990.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 20, co. 2, d.lgs. 206/2005. Illogicità, carenza di istruttoria e di motivazione, irragionevolezza e ingiustizia. Eccesso di potere.

La necessaria verifica della configurabilità o meno in capo alla ricorrente di un comportamento contrario alla diligenza professionale sarebbe stato completamente omessa in quanto, nell’attribuire la qualità di coautore, l’Autorità avrebbe preso in considerazione solo l’aspetto oggettivo, ma non quello soggettivo.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25, lett. a), d.lgs. 206/2005. Omessa e insufficiente motivazione. Travisamento delle risultanze istruttorie.

Con riferimento ad entrambe le pratiche, il provvedimento si limiterebbe a constatare l’esistenza di una fattispecie astrattamente idonea ad integrare gli estremi della pratica scorretta, ma non verificherebbe l’idoneità della stessa ad indurre nel consumatore un comportamento diverso da quello che avrebbe potuto tenere.

Travisamento delle risultanze istruttorie.

La condotta della ricorrente darebbe vita ad una pratica commerciale unica di cui, quindi, si imporrebbe una valutazione unitaria.

Tutti i messaggi pubblicitari sarebbero volti ad incentivare l’acquisto di prodotti presso i punti vendita T., approfittando delle favorevoli condizioni di finanziamento offerte da F. per quanto riguarda la dilazione di pagamento, il TAN ed il TAEG e tali condizioni di finanziamento sarebbero applicate sia nel caso in cui il consumatore decida di attivare il finanziamento mediante il credito finalizzato classico sia nel caso in cui decida per l’apertura di una linea di credito.

L’esistenza di una offerta A ed un’offerta B, d’altra parte, non sarebbe nemmeno menzionata nell’annuncio che pubblicizza l’offerta promozionale F. indipendentemente dal modo in cui la stessa sia concretamente attuata.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, co. 9, d.lgs. 206/2005 in relazione all’art. 11 l. 689/1981. Travisamento delle risultanze istruttorie. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Disparità di trattamento.

In ordine alla quantificazione della sanzione, il provvedimento sarebbe carente di adeguata motivazione e, comunque, avrebbe trattato in modo identico situazione differenti quali quelle di G.R.E. e M..

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

La ricorrente ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 9 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 12 marzo 2009, ha deliberato che:

la pratica commerciale descritta al punto II, lettere a), b), c), e d), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

la pratica commerciale descritta al punto II, lettere e) ed f), del provvedimento, posta in essere dalle società F.B. S.p.A., M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, lettera a), del Codice del Consumo, e ne ha vietato l’ulteriore diffusione;

alla società F.B. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 215.000 Euro (duecentoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

alla società M. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere a) e c) del punto II del provvedimento e di 115.000 Euro (centoquindicimila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento;

alla società G.R.E. S.p.A. sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di 95.000 Euro (novantacinquemila euro) per la pratica commerciale di cui alle lettere e) ed f) del punto II del provvedimento.

I comportamenti oggetto di contestazione consistono in:

a) campagne pubblicitarie diffuse attraverso diversi mezzi di comunicazione, tra i quali stampa, cartellonistica e brochure, volte a promuovere, contrariamente al vero, la possibilità di finanziare a "tasso zero" l’acquisto di prodotti presso i punti vendita M.W.;

b) campagne pubblicitarie diffuse attraverso diversi mezzi di comunicazione tra i quali stampa, cartellonistica e brochure, volte a promuovere, contrariamente al vero, la possibilità di finanziare a "tasso zero" l’acquisto di prodotti presso i punti vendita T.;

c) apertura di una linea di credito con carta, denominata nei moduli contrattuali "offerta B", concessa a TAN 16,68% e TAEG 18,02% (per rimborsi con addebito sul c/c bancario) e TAN 18,72% e TAEG 20,41% (per rimborsi con bollettini su c/c postale) e utilizzo della stessa per il rimborso di un credito finalizzato all’acquisto di prodotti in vendita presso i centri M.W., a fronte dell’offerta di un diverso prodotto finanziario, consistente nella concessione di un credito al consumo a "tasso zero";

d) apertura di una linea di credito con carta, denominata nei moduli contrattuali "offerta B", concessa a TAN 16,68% e TAEG 18,02% (per rimborsi con addebito sul c/c bancario) e TAN 18,72% e TAEG 20,41% (per rimborsi con bollettini su c/c postale) e utilizzo della stessa per il rimborso di un credito finalizzato all’acquisto di prodotti in vendita presso i centri T., a fronte dell’offerta di un diverso prodotto finanziario, consistente nella concessione di un credito al consumo a "tasso zero";

e) concessione di credito finalizzato con contestuale concessione di una linea di credito utilizzabile con carta, denominata nella modulistica contrattuale "offerta A";

f) concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore.

2. La ricorrente G.R.E., titolare del marchio T., con il primo motivo di impugnativa, ha lamentato la lesione del diritto di difesa a causa della genericità delle contestazioni contenute nella comunicazione di avvio del procedimento e della discrepanza fra le contestazioni contenute nella comunicazione di apertura del procedimento e le pratiche commerciali scorrette ravvisate nel suo comportamento, sostenendo, in particolare, che il provvedimento avrebbe completamente abbandonato l’impostazione adottata con la comunicazione di apertura del procedimento giungendo alla conclusione che nella vicenda fossero ravvisabili due diverse pratiche commerciali, dotate di autonomia strutturale in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito ed il credito finalizzato classico.

La doglianza si rivela in parte fondata.

Il Collegio, in primo luogo, rileva che la comunicazione di avvio del procedimento deve riportare gli elementi essenziali per consentire un efficace e completo contraddittorio e, quindi, per un pieno esercizio del diritto di difesa, mentre l’analiticità delle argomentazioni riguarda la fase conclusiva del procedimento, che costituisce l’esito della fase istruttoria, sicché il dettaglio analitico delle considerazioni che hanno portato l’Autorità ad agire non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, deve essere con precisione identificato il solo messaggio, o i profili della pratica commerciale, oggetto dell’indagine al fine di mettere in grado l’operatore pubblicitario di poter proficuamente partecipare all’istruttoria (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, I, 4 maggio 2009, n. 4490/2009; T.A.R. Lazio, Roma, I, 13 aprile 2006, n. 2737).

L’AGCM, con la comunicazione di avvio del procedimento del 17 settembre 2008, ha descritto le condotte poi puntualmente riportate al punto II del provvedimento conclusivo ed ha posto in rilievo che i comportamenti descritti sub a) e sub b) potrebbero integrare violazione degli artt. 20, 21 e 22 del d.lgs. 206/2005, come modificato dal d.lgs. 146/2007, atteso che le campagne pubblicitarie potrebbero considerarsi ingannevoli in quanto ai consumatori sarebbero state fornite indicazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero non sarebbero state fornite informazioni rilevanti, in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso.

Con riferimento ai comportamenti descritti sub c), sub d) e sub e), ha evidenziato che gli stessi potrebbero integrare violazioni degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 lett. a) del d.lgs. 206/2005 atteso che, per un verso, potrebbero considerarsi ingannevoli in quanto ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso, per altro verso, potrebbero considerarsi aggressive in quanto, in ragione delle caratteristiche delle condotte, potrebbero comportare un indebito condizionamento che appare idoneo a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento dei consumatori.

Ha fatto altresì presente che il comportamento descritto sub f) potrebbe integrare una ipotesi di violazione degli artt. 20, 21, 22, 23, 24 e 25 del d.lgs. 206/2005, atteso che la pratica commerciale potrebbe, per un verso, considerarsi ingannevole qualora venisse accertata l’esistenza di un pregresso rapporto contrattuale in quanto ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso, per altro verso, potrebbe considerarsi aggressiva in quanto consistente nel fornire un servizio o un prodotto finanziario non richiesto.

Il Collegio, premesso che le pratiche commerciali contestate a G.R.E. sono quelle sub b), sub d), sub e) e sub f), rileva che, in relazione alla pratica sub b), nella comunicazione di avvio del procedimento è stata ipotizzata la violazione degli artt. 20, 21 e 22 del codice del consumo (azioni ed omissioni ingannevoli), ma non anche quella di cui agli artt. 24 e 25 (pratica commerciale aggressiva e ricorso a molestie coercizione o indebito condizionamento), laddove il provvedimento conclusivo del procedimento ha deliberato che la pratica commerciale sub b) costituisce una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25 lett. a).

Ne consegue che nella parte in cui l’Autorità ha rilevato anche l’aggressività della pratica sub b) ha effettivamente leso il diritto di difesa della ricorrente in quanto, nella comunicazione di avvio del procedimento, tale ipotesi non è stata prospettata.

La fondatezza della doglianza in parte qua, pertanto, determina l’illegittimità e, per l’effetto, l’annullamento della delibera impugnata nella parte in cui, alla lett. a), ha accertato nei confronti della ricorrente la violazione anche degli artt. 24 e 25 lett. a) del codice del consumo.

La comunicazione di avvio del procedimento, inoltre, non dà contezza del fatto che i comportamenti contestati possono integrare due distinte pratiche commerciali, strutturalmente autonome, ma tale aspetto è destinato ad assumere più propriamente rilievo nell’esame della specifica doglianza di cui infra.

In relazione a tutti gli altri profili, invece, l’oggetto del procedimento, vale a dire la circostanza in relazione alla quale l’Autorità ha ritenuto di procedere, è stato sufficientemente indicato in quanto vi è l’espresso riferimento alle condotte poste in essere e la precisa indicazione delle violazioni ipotizzate.

3. La ricorrente ha altresì dedotto che la violazione del diritto di difesa sarebbe stata aggravata dalla omessa comunicazione delle risultanze istruttorie e che l’obbligo di comunicazione delle risultanze istruttorie sarebbe comunque imposto dall’art. 10 bis l. 241/1990.

La doglianza non è persuasiva.

Il regolamento di procedura in materia di pratiche commerciali scorrette, agli artt. 6 e 16, non prevede una contestazione delle risultanze istruttorie.

L’art. 6, infatti, disciplina l’avvio dell’istruttoria e l’art. 16 dispone che il responsabile del procedimento, allorché ritenga sufficientemente istruita la pratica, comunica alle parti la data di conclusione della fase istruttoria e indica loro un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui esse possono presentare memorie conclusive o documenti, specificando che, conclusa la fase istruttoria, rimette gli atti al Collegio per l’adozione del provvedimento finale.

Le norme del regolamento in materia di pratiche commerciali scorrette, peraltro, assicurano comunque una piena garanzia del contraddittorio, riconoscendo alle parti un’ampia facoltà di presentare scritti difensivi e documentazione a supporto delle argomentazioni proposte, sicché il procedimento è del tutto conforme ai principi sottesi alla L. 241/1990, mentre, nei procedimenti antitrust, a tutela della libertà di concorrenza, la previsione della comunicazione delle risultanze istruttorie è da ricondurre alle peculiarità tipiche dei relativi procedimenti, caratterizzati dalla particolare complessità degli accertamenti istruttori.

Né può ritenersi che dall’art. 10 bis l. 241/1990 possa discendere un generale principio di comunicazione delle risultanze istruttorie, atteso, in primo luogo, che la norma richiamata si riferisce evidentemente ai procedimenti ad istanza di parte, in cui il richiedente fa valere un interesse legittimo pretensivo, e non ai procedimenti d’ufficio, in cui l’interessato è titolare di un interesse legittimo oppositivo, e considerato comunque che un adempimento di tale rilevanza nel corso di un procedimento caratterizzato, come nel caso di specie, da intrinseche esigenze di celerità in quanto volto ad una sollecita ed efficace tutela dei consumatori, dovrebbe essere esplicitamente previsto dalla normativa di settore.

4. La ricorrente ha sostenuto che la necessaria verifica della configurabilità o meno di un comportamento contrario alla diligenza professionale sarebbe stato completamente omessa in quanto, nell’attribuirle la qualità di coautore, l’Autorità avrebbe preso in considerazione solo l’aspetto oggettivo, ma non quello soggettivo.

La censura non può essere condivisa.

Il Collegio rileva in primo luogo che l’art. 18, co. 1, lett. b), d.lgs. 206/2005 definisce professionista qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali de quibus, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista.

L’Autorità ha desunto la responsabilità delle ricorrente G.R.E., titolare del marchio "T.", da una pluralità di profili.

Sotto il profilo soggettivo, come indicato al punto 26 della delibera, sono state considerate destinatarie del provvedimento le società F.B. S.p.A., in qualità di autore delle pratiche commerciali e le società M. S.p.A. e G.R.E. S.p.A. in qualità di coautori.

In particolare, per quanto concerne le società convenzionate, la responsabilità è stata individuata nelle fasi di formazione del vincolo contrattuale ed è stata fatta discendere oltre che dalla qualità di coautori e committenti dei messaggi pubblicitari, nell’ambito dei quali viene pubblicizzata la possibilità di finanziare l’acquisto dei prodotti in vendita presso i propri centri commerciali, anche dalla conoscenza da parte delle società stesse della natura delle operazioni finanziarie commercializzate presso i propri punti vendita nonché del contenuto dei fogli informativi e dei moduli utilizzati per la conclusione dei contratti di finanziamento.

La consapevolezza delle società rispetto alle pratiche commerciali oggetto di valutazione, ha soggiunto l’AGCM, emerge con tutta evidenza dal contenuto degli accordi di collaborazione conclusi con la società finanziaria, F.B. S.p.A., nell’ambito dei quali, tra le operazioni finanziarie da offrire ai propri clienti, sono individuate proprio le operazioni di c.d. credito classico, da perfezionarsi tramite compilazione della richiesta di finanziamento da inoltrare alla finanziaria per il suo esame, e le operazioni che consentono, per il cliente, il ricorso all’apertura, presso F.B., di una linea di credito, da perfezionarsi con la concessione di una apposita carta magnetizzata nominativa e con il pagamento a favore del convenzionato in sede di primo utilizzo; la tesi appare altresì avvalorata dalla previsione di provvigioni che, peraltro, risultano più alte nell’ipotesi in cui il consumatore che si determini a ricorrere al finanziamento per l’acquisto di un prodotto presso il punto vendita, opti per l’apertura della linea di credito revolving.

In sintesi, la responsabilità della ricorrente, quale coautore, è stata fatta discendere: a) dalla qualità di committente dei messaggi pubblicitari, in cui è pubblicizzata la possibilità di finanziare l’acquisto dei prodotti in vendita presso i propri centri commerciali; b) dalla conoscenza da parte della società della natura delle operazioni finanziarie commercializzate presso i propri punti vendita; c) dalla conoscenza del contenuto dei fogli informativi e dei moduli utilizzati per la conclusione dei contratti di finanziamento; d) dagli accordi di collaborazione conclusi con la finanziaria F.; e) dalla previsione di provvigioni che, peraltro, nell’ipotesi in cui il consumatore che si determini a ricorrere al finanziamento per l’acquisto di un prodotto opti per l’apertura della linea di credito revolving sono più elevate.

Il Collegio – premesso che la figura del "coautore" non è un tertium genus di soggetto attivo dell’illecito rispetto al committente ed all’autore, essendo possibile configurare anche nella fattispecie in esame un’ipotesi di concorso di persone nell’illecito amministrativo – rileva che l’Autorità ha proceduto ad un riscontro della sussistenza dei due elementi essenziali che valgono a qualificare la figura del professionista, vale a dire la responsabilità editoriale ed il vantaggio economico (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, I, 9 dicembre 2009, n. 12594; T.A.R. Lazio, Roma, I, 20 novembre 2008, n. 10465).

Non essendovi dubbio sul vantaggio economico derivante alla ricorrente dalla diffusione della pratica commerciale, considerate sia la finalità di promozione delle vendite presso i propri punti commerciali, connessa intrinsecamente alle campagne pubblicitarie, sia le provvigioni spettanti per l’ipotesi in cui il consumatore ricorra al finanziamento per l’acquisto del prodotto, occorre verificare la sussistenza di una responsabilità editoriale in capo alla Società ricorrente.

Il punto centrale della questione, in sostanza, è costituito dalla sussistenza o meno di una responsabilità diretta in capo a G.R.E., vale a dire dalla individuazione, nella sua condotta, di un’azione o omissione che consenta l’ascrizione dell’illecito al titolare del marchio a titolo di responsabilità soggettiva e non di responsabilità oggettiva o per fatto altrui, il che sarebbe evidentemente illegittimo.

Il Collegio è dell’avviso che possa essere senz’altro configurata una responsabilità editoriale anche del titolare del marchio in ragione del fatto che i messaggi pubblicitari sono stati predisposti dalle società convenzionate sulla base delle indicazioni fornite dalla F. e che le stesse devono ritenersi senz’altro a conoscenza della natura delle operazioni finanziarie commercializzate, tanto che negli accordi di collaborazione conclusi con la Società finanziaria, tra le operazioni da offrire ai propri clienti, sono individuate proprio le operazioni di c.d. credito classico, da perfezionarsi tramite compilazione della richiesta di finanziamento da inoltrare alla finanziaria per il suo esame.

Inoltre, è significativa e dirimente la circostanza che i contratti di finanziamento sono sottoscritti dai consumatori nei locali commerciali della ricorrente.

Peraltro, quand’anche volesse ritenersi che la ricorrente, pur a conoscenza, non avesse contezza degli esatti termini delle operazioni di finanziamento proposte, occorre rilevare che l’obbligo di diligenza, desumibile dal corpus normativo in materia, richiede che, in presenza di vantaggi economici derivanti dalla pratica commerciale, il soggetto che consegue comunque un vantaggio, come nel caso di specie il titolare dei punti commerciali dove sono effettuate le vendite e sottoscritti i contratti di finanziamento, si attivi concretamente e ponga in essere misure idonee per comprendere appieno le modalità ed il contenuto delle operazioni proposte ai consumatori, solo in presenza delle quali la responsabilità editoriale può essere esclusa essendosi l’operatore economico diligentemente attivato.

Nella fattispecie in esame, di contro, non avendo la ricorrente fornito alcuna dimostrazione di essersi diligentemente attivata, ma anzi risultando che la stessa ha assunto un comportamento attivo e concludente per la diffusione della pratica commerciale, deve ritenersi integrata, sussistendo un comportamento rilevante sul piano soggettivo, la responsabilità di G.R.E.

In altri termini, il Collegio è dell’avviso che, se non è possibile ritenere che l’immanente obbligo di diligenza gravante su coloro che dalla pratica commerciale traggono comunque dei benefici sia in termini economici che pubblicitari determina sempre e comunque una loro responsabilità editoriale per pratica commerciale scorretta, un’omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo sussiste allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo sui contenuti delle iniziative promopubblicitarie realizzate e diffuse.

Di qui, l’infondatezza delle censure formulate per dedurre l’illegittimità dell’azione amministrativa che ha individuato la ricorrente come professionista ai sensi d.lgs. 206/2005 e come coautore della pratica commerciale.

5. La G.R.E. ha fatto presente che, con riferimento ad entrambe le pratiche, il provvedimento si limiterebbe a constatare l’esistenza di una fattispecie astrattamente idonea ad integrare gli estremi della pratica scorretta, ma non verificherebbe l’idoneità della stessa ad indurre nel consumatore un comportamento diverso da quello che avrebbe potuto tenere.

In proposito, per escludere la fondatezza della censura, è sufficiente rilevare come la giurisprudenza amministrativa abbia costantemente affermato che le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di "pericolo", essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all’Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione (cfr. T.A.R Lazio, I, 14 aprile 2009, n. 3779; T.A.R. Lazio, I, 11 marzo 2008, n. 2220).

Nel caso di specie – trattandosi di condotte poste in essere da una pluralità di soggetti, la società finanziaria che eroga i finanziamenti e le società titolari di importanti marchi della distribuzione commerciale che prospettano ai clienti i prodotti finanziari, e relative a tutte le fasi di contatto con il consumatore, dalla promozione dell’iniziativa fino alla stipulazione del contratto – non può sussistere dubbio che la pratica commerciale fosse potenzialmente idonea a ledere la libertà di autodeterminazione dei consumatori.

6. La censura con cui la ricorrente ha dedotto che si imporrebbe una valutazione unitaria della pratica commerciale, invece, è fondata e va accolta.

L’Autorità ha fatto presente che, alla luce delle risultanze istruttorie, i comportamenti oggetto di contestazione nell’ambito della comunicazione di avvio del presente procedimento non possono essere ricondotti ad unità ed in particolare appaiono idonei ad integrare due pratiche commerciali dotate di autonomia strutturale, in quanto riferite a due diversi prodotti finanziari, l’apertura di linea di credito (offerta B) e il credito finalizzato classico (offerta A).

In particolare, l’AGCM ha evidenziato che le pratiche commerciali oggetto di valutazione consistono nella:

1) conclusione di contratti di finanziamento senza informare adeguatamente i consumatori sulla circostanza che l’importo del finanziamento richiesto per l’acquisto di specifici prodotti in vendita, tra l’altro, presso punti vendita M.W. e T., viene addebitato, come primo utilizzo, su una linea di credito contestualmente aperta utilizzabile mediante carta di credito, per la quale sono previsti oneri economici aggiuntivi rispetto al credito finalizzato classico (emissione e invio estratto conto, quota associativa ecc) di cui alle lettere a), b), c) e d) del punto II del provvedimento;

2) conclusione di contratti di finanziamento finalizzato classico senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto comporta la contestuale richiesta di concessione di una linea di credito revolving a tempo indeterminato, utilizzabile anche mediante carta, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro e inequivocabile il consenso del consumatore all’apertura della linea di credito stessa, di cui alle lettere e) ed f).

L’amministrazione procedente ha precisato che, alla luce delle risultanze in atti, le condotte individuate nel punto II del provvedimento sub lettere a) e c) e sub lettere b) e d), costituiscono atti della medesima pratica commerciale indicata sub 1) e che la condotta di cui alla lettera f) del punto II del presente provvedimento, ossia la concessione di una carta di credito "Aura" in assenza di una espressa e/o consapevole richiesta da parte del consumatore, e quella di cui alla lettera e), rappresentano condotte riconducibili alla pratica indicata sub 2).

Il Collegio, in primo luogo, rileva che la duplicità delle pratiche commerciali non è stata contestata con la comunicazione di avvio del procedimento, in cui la pratica è stata delineata essenzialmente come unitaria, il che già di per sé è indice dell’illegittimo "sdoppiamento" operato nel provvedimento conclusivo del procedimento.

In ogni caso, pur avendo presente le differenti caratteristiche individuate dall’Autorità con riferimento alle due forme di finanziamento, occorre rilevare, come condivisibilmente sostenuto dalla ricorrente, che tutti i messaggi pubblicitari sono volti ad incentivare l’acquisto di prodotti presso i punti vendita T., approfittando delle favorevoli condizioni di finanziamento offerte da F. per quanto riguarda la dilazione di pagamento, il TAN ed il TAEG, e che tali condizioni di finanziamento sono applicabili sia nel caso in cui il consumatore decida di attivare il finanziamento mediante il credito finalizzato classico sia nel caso in cui decida per l’apertura di una linea di credito.

In altri termini, entrambe le forme di finanziamento sono indirizzate ad un unico obiettivo e cioè quello di sollecitare l’acquisto di prodotti presso i punti vendita T. in ragione di favorevoli condizioni di finanziamento.

Pertanto, in ragione dell’unità teleologica delle campagne pubblicitarie – vale a dire la promozione all’acquisto presso i punti vendita T. con contestuale accensione di una pratica di finanziamento F. a condizioni favorevoli – la pratica commerciale deve essere considerata unitaria, anche se il medesimo scopo è perseguito con una modalità alternativa di finanziamento.

Di qui, l’illegittimità della delibera nella parte in cui distingue le pratiche commerciali anziché considerare i messaggi promozionali come una sola pratica.

7. La fondatezza di tale doglianza e la parziale fondatezza della censura dedotta con il primo motivo d’impugnativa determinano l’illegittimità della quantificazione della sanzione, censurata dalla ricorrente con riferimento alla carenza di adeguata motivazione ed all’identico trattamento riservato a situazioni differenti quali quelle di G.R.E. e M..

Il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 134, lett. c), d.lgs. 104/2010, esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla sua giurisdizione, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti.

L’Autorità ha irrogato alla società G.R.E. una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 95.000 per la pratica commerciale di cui alle lett. b) e d) del punto II del provvedimento e una sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 95.000 per la pratica commerciale di cui alle lett. e) ed f) del punto II del provvedimento per un totale di Euro 190.000.

Il Collegio – tenuto conto della lesione del diritto di difesa derivante dalla omessa indicazione, nella comunicazione di avvio del procedimento, che la condotta indicata sub b) potesse integrare la violazione anche degli artt. 24 e 25 d.lgs. 206/2005 e, soprattutto, tenuto conto che non si è in presenza di distinte pratiche commerciali, con conseguente applicazione del cumulo materiale delle sanzioni, ma di un unico illecito – ritiene che sia applicabile una sola sanzione amministrativa pecuniaria in relazione all’unica pratica commerciale e ritiene equo determinare la stessa nella misura di Euro 95.000 (novantacinquemila/00).

8. Sussistono giuste ragioni, considerata la parziale reciproca soccombenza, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua la delibera impugnata e determina in Euro 95.000 (novantacinquemila/00) la sanzione amministrativa pecuniaria da irrogare alla ricorrente.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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