Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7552 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. D.M.G. propone ricorso avverso la sentenza del 14/07/2008 della Corte d’appello di Trieste con la quale è stata confermata la sua condanna per i reati di guida in stato di ebbrezza, resistenza a pubblico ufficiale, nonchè per la contravvenzione di cui all’art. 651 cod pen..

Con il primo motivo si lamenta violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. c), in relazione agli artt. 68 e 213 cod. proc. pen. contestando che, sulla base degli elementi in atti, possa identificarsi nell’odierno imputato il conducente del mezzo controllato, osservando che, secondo la pronuncia impugnata, tale identificazione è stata eseguita sulla base della titolarità del mezzo, dato che non fornisce alcun elemento di certezza, posto che l’autovettura indicata è risultata appartenere ad una donna e non all’odierno ricorrente.

Anche il preteso riconoscimento eseguito non risulta svolto con correttezza, poichè i verbalizzanti hanno fatto generico richiamo ad una identificazione eseguita sulla base di conoscenza personale da imprecisati rappresentanti dei Carabinieri, che non risultano escussi. L’incertezza che deriva dalle approssimazioni richiamate ottiene ulteriore conferma considerando che tali imprecise deduzioni sono state tratte, a seguito di consultazione degli atti redatti nell’immediatezza, cui i verbalizzanti erano stati autorizzati, rivelando quindi una insanabile approssimazione dell’accertamento.

2. Con il secondo motivo si lamenta contraddittorietà di motivazione fondata sugli stessi elementi di fatto, eccependo oltre che la violazione delle norme in materia di ricognizione, l’erroneo riconoscimento, avvenuto de relato, sulla base di un presupposto di fatto, la disponibilità del mezzo, desunto esclusivamente dall’omessa denuncia di sottrazione da parte della titolare del bene, nel presupposto dell’identificazione del D.M. nel figlio della proprietaria, con deduzione di cui si eccepisce l’illogicità, concretizzandosi di fatto in un onere di dimostrazione in capo all’imputato.

3. Si lamenta con il terzo motivo erronea applicazione della legge penale, poichè si è accertata la sussistenza del delitto di resistenza nella condotta di sottrarsi alla redazione del verbale di contravvenzione, attività che gli agenti non stavano eseguendo, risultando questi al momento dei fatti fuori servizio. In ragione di ciò si valuta mancante la correlazione tra atto accertato e contestazione.

Analogo vizio si ritiene presente con riferimento all’art. 651 cod. pen. ove l’ipotesi d’accusa è configurata come ostacolo frapposto alla denuncia delle generalità, che invece non risultavano richieste, non avendo l’interessato dato seguito alla sollecitazione di esibire i documenti, il che avrebbe dovuto imporre la formulazione di un’ipotesi d’accusa differente.

4. Con quarto motivo si eccepisce da ultimo nullità della sentenza, per omessa determinazione specifica dell’aumento apportato in continuazione per i due reati satellite, diversamente da quanto specificamente imposto in argomento.
Motivi della decisione

1. Analizzando i motivi di impugnazione in ordine logico deve preliminarmente accertarsi la loro infondatezza, nella parte in cui contestano la ritualità del riconoscimento che ha fondato l’accertamento di responsabilità, poichè risulta impropriamente evocato l’art. 213 cod. proc. pen. dettato in materia di ricognizioni personali, in un situazione nella quale all’identificazione di D. M. si è giunti sulla base del rilievo dei dati dell’automezzo, e congiuntamente in forza della descrizione fisica resa di verbalizzanti.

La circostanza che D.M. sia stato indicato dagli agenti escussi quale proprietario del mezzo, essendone invece solo l’utilizzatore poichè l’auto è risultata intestata alla madre, non priva di valenza il riferimento operato dai testi, i quali hanno chiarito di aver raccolto informazioni presso i loro colleghi del posto, individuando sulla base dei dati forniti e della descrizione resa la persona che avevano tentato di sottoporre a controllo nell’odierno ricorrente. La prova testimoniale risulta ritualmente acquisita ed idonea ad individuare con precisione la persona responsabile della condotta contestata, valorizzando la testimonianza de relato che risulta correttamente valutata poichè non è eccepito che sia stata formulata richiesta di audizione dei carabinieri del luogo di residenza dell’interessato, ex art. 195 c.p.p., comma 1, al fine di assumere le loro dirette dichiarazioni.

Del tutto impropriamente si lamenta il mancato rispetto dei canoni di legge per l’esecuzione della ricognizione personale, che non risulta mai eseguita nè richiesta, ed il cui svolgimento non era imposto dalla situazione di fatto, ove non si trattava di individuare una persona da identificare nella generalità dei consociati, ma colui il quale potesse essere legittimato ad utilizzare un automezzo compiutamente individuato, che rispondesse a determinate caratteristiche fisiche, elementi rispetto ai quali non risulta neppure dedotto che potesse crearsi alcuna confusione. Impropriamente quindi risulta evocata una causa di inutilizzabilità di una prova mai assunta, che non avrebbe dovuto esserlo, risultando per quanto detto esaustiva l’identificazione eseguita.

2. Analogamente infondato è il secondo motivo di ricorso basato su un allegato travisamento delle risultanze, derivante dall’illegittimo procedimento di identificazione dell’imputato, che, al contrario risulta eseguito correttamente in forza di quanto già espresso in relazione al rispetto dei canoni della testimonianza indiretta previsti dal richiamo art. 195. 3. Inammissibile è il motivo di ricorso relativo alla impossibilità di ravvisare nel comportamento tenuto il reato di resistenza a pubblico ufficiale, sulla base della descrizione dei fatti contenuta nel capo di imputazione; contestando che i verbalizzanti fossero addetti alla redazione del verbale, come descritto nel capo di imputazione, si assume che non potrebbe ravvisarsi la condotta descritta in quanto altra è stata la richiesta intervenuta. In realtà quel che rileva al fine di una corretta qualificazione giuridica è che nell’imputazione sia contestato di aver opposto violenza all’agente di p.s. mentre questi compiva un atto dell’ufficio, irrilevante essendo l’individuazione dello specifico atto, posto che lo stesso ricorrente non pone in dubbio che l’agente fosse intento a svolgere il suo lavoro, deducendo che il controllato fosse stato richiesto solo di accostare, attività che prelude alla necessità di approfondimenti. Quel che rileva al fine di valutare la corretta configurazione dell’ipotesi di accusa è l’esistenza dell’azione violenta, volta a sottrarsi a tali approfondimenti, azione che i testi hanno chiarito si verificò con uno spintone e con l’immeditata fuga, la cui forza oppositiva emerge evidente ove si consideri che produsse il risultato di consentire l’allontanamento, pur essendo l’interessato in stato di ubriachezza, e dovendo immaginarsi quindi non dotato di riflessi particolarmente pronti.

L’esame di tali risultanze, e la mancata contestazione dell’azione realizzata dal controllato, evidenzia l’insussistenza del rilievo di inosservanza dell’art. 337 cod. pen., peraltro sollevato in riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), riguardante norme processuali.

4. Analoga inammissibilità raggiunge l’ulteriore motivo di ricorso, anch’esso sollevato richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) pur se riferito all’erronea applicazione della norma sostanziale di cui all’art. 651 cod. pen. atteso che, al di là della forma con la quale si esprime il rifiuto di fornire le generalità, che nella specie si sarebbe estrinsecato nel rifiuto di fornire i documenti e nella successiva fuga, quel che rileva al fine della configurazione della fattispecie è l’esito dell’opposizione alla dichiarazione sollecitata, azione rispetto alla quale nessun rilievo di merito solleva il ricorrente.

5. Da ultimo non sussiste la nullità della sentenza per l’omessa indicazione dell’entità dell’aumento di pena per i reati satellite, essendo del tutto pacifico che tale omissione non produca la sanzione processuale evocata (Sez. 1, Sentenza n. 7700 del 03/12/1987 imp. Telese, Rv. 178763).

6. La sentenza deve essere annullata solo in relazione al capo a) ove è contestata la contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S. per il sopraggiungere della disciplina contenuta nella disposizione di cui dalla L. n. 120 del 2010, art. 33, comma 4, che, prevedendo per l’ipotesi lieve contestato, nella specie la configurazione di una violazione amministrativa, prevede una disciplina più favorevole di cui il giudice ha il dovere di fare applicazione d’ufficio anche nel giudizio di legittimità (Cass. sez. 5, 15.2000 n. 769, imp. Poma A.M., rv 215996).

Ciò impone che nel caso in cui, come nella di specie non sia stata effettuata la misurazione del tasso alcolemico, non sia possibile fare applicazione della diversa disciplina sanzionatoria prevista in correlazione con il diverso grado di concentrazione alcolica nel sangue alla crescente entità della sanzione prevista deve intendersi ricorrere, per il principio del favor rei, la disciplina meno grave di cui alla lett. a) della norma incriminatrice, con conseguente venir meno del reato e riconoscimento della sussistenza della violazione amministrativa. Su tale punto quindi la sentenza va annullata senza rinvio, dovendo assolversi l’imputato dal reato ascrittogli al capo a) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato con rideterminazione della pena a mesi quattro e giorni dieci di reclusione, così computando la misura dell’aumento per la contravvenzione residua, in forza della pari gravità delle violazioni contestate originariamente, e quindi della possibilità di suddividere, in maniera eguale, l’entità dell’aumento globalmente apportato.

L’inammissibilità originaria degli ulteriori motivi di ricorso, per quanto esposto, comporta l’impossibilità di considerare utile il decorso del tempo successivo alla pronuncia di secondo grado al fine dell’estinzione per prescrizione della contravvenzione prevista dall’art. 651 cod. pen. contestata al capo b). Va rigettato per il resto il ricorso.

7. L’accertamento della violazione amministrativa, in relazione alla contestazione di cui al capo a) impone che si disponga la trasmissione degli atti all’autorità accertatrice, per quanto di sua competenza.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo a) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Ridetermina la pena in mesi quattro e giorni dieci di reclusione. Rigetta nel resto. Dispone trasmettersi gli atti all’autorità che ha effettuato l’accertamento per quanto di competenza.

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