Cass. civ. Sez. V, Sent., 15-04-2011, n. 8625 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In riforma della sentenza pronunciata dalla CTP di Perugia n. 23/06/03, la CTR dell’Umbria ha annullato, in quanto non sottoscritta, la cartella di pagamento per Iva 1993 notificata a T.L. dalla Sorit s.p.a., Agente per la riscossione per la provincia di Perugia. L’Equitalia Perugia s.p.a. (nuova ragione sociale dell’esattore) e L’Agenzia delle Entrate hanno proposto due distinti ricorsi per la cassazione della sentenza. La contribuente si è difesa con controricorso avverso quello dell’Equitalia.
Motivi della decisione

I ricorsi proposti avverso la stessa sentenza vanno riuniti ( art. 335 c.p.c.).

La resistente ha eccepito il difetto di legittimazione dell’Equitalia sul rilievo che la CTR ha motivato la decisione osservando che "nonostante insomma la precisa contestazione circa la legittimità della iscrizione a ruolo, l’Amministrazione non è stata in grado di far conoscere l’esatto iter procedimentale idoneo per giungere alla formazione del titolo esecutivo". Soltanto l’Agenzia avrebbe pertanto interesse ad impugnare la sentenza, che avrebbe negato la validità non solo dell’atto esecutivo ma dello stesso titolo con esso azionato.

La difesa è infondata, perchè la lettura integrale della motivazione rende evidente che la contestazione mossa dal contribuente e ritenuta decisiva, sulla quale soltanto la CTR ha preso posizione, è quella della mancanza di sottoscrizione della cartella, difetto in ragione del quale il giudice d’appello ha ritenuto la "nullità assoluta ovvero l’inesistenza del titolo per cui si procede".

Col primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce violazione dell’art. 112 c.p.c.. Lamenta che la CTR non ha motivato circa il rilievo di tardività dell’appello della contribuente, notificato oltre l’ordinario termine di impugnazione (ancorchè la natura di atto di riscossione – e non di esercizio del potere impositivo – lo escludesse dall’ambito di applicazione della sospensione dei termini disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 16). Assume in specie che la decisione di primo grado era stata depositata il 26.03.2003, mentre la impugnata sentenza della CTR indica come data della decisione appellata quella del 23.06.2003.

L’economia della decisione consiglia di preporre l’esame del secondo motivo di ricorso, dal cui accoglimento consegue l’assorbimento del primo.

La CTR ha accolto il motivo d’appello – col quale la ricorrente aveva sostenuto che la mancata sottoscrizione autografa della cartella di pagamento notificatale ne comportava la nullità – affermando che in tal senso è il costante orientamento di questa suprema corte. I ricorrenti deducono violazione di legge, in quanto nessuna norma prevede la sottoscrizione fra i requisiti formali della cartella di pagamento.

Il motivo è fondato. La cartella esattoriale, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, essendo sufficiente la sua intestazione per verificarne la provenienza nonchè l’indicazione, oltre che della somma da pagare, della causale tramite apposito numero di codice (Cass. 14894/08, 10805/2010).

Nel controricorso si sostiene che, nella specie, sarebbe mancata non solo la sottoscrizione della cartella di pagamento, ma anche la indicazione del responsabile dell’ufficio di provenienza del titolo.

Invocando principi generali del diritto amministrativo e pronunce di questa corte (16204/2000) si lamenta violazione del diritto di difesa, assumendo che il contribuente non sarebbe stato messo in grado di verificare "la sicura attribuibilità dell’atto a chi, secondo le norme positive, debba esserne l’autore".

La questione è inammissibile, perchè fondata su circostanza di fatto che risulta dedotta per la prima volta in questa sede.

Va dunque accolto il ricorso. Poichè non sono necessari altri accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto dell’appello proposto avverso la sentenza 23.06.2003 della CPT di Perugia.

Le spese dei gradi di impugnazione debbono seguire la soccombenza.
P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li accoglie. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello. Condanna T.L. a rimborsare ad entrambe le controparti le spese dei gradi di impugnazione, liquidate per ciascuna di esse in Euro 1.200,00 (di cui 200 per esborsi) per il giudizio di legittimità ed in Euro 800,00 per onorari e Euro 400,00 per diritti per il giudizio d’appello, per entrambi i gradi oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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