Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7518 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 4.10.2010 il Tribunale di Viterbo, investito ex artt. 309 e 324 c.p.p., annullava il decreto di sequestro di una spada di acciaio, disposto a carico di F.E., indagata per il reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, sul presupposto che si aveva riguardo a sequestro probatorio, operato dalla Pg e convalidato dal pm. Secondo il Tribunale del riesame il provvedimento di sequestro non sarebbe stato motivato, se non con la formula di stile, secondo cui sussistono i presupposti di cui all’art. 354 c.p.p.; non solo, ma al momento della perquisizione l’interessata non fu avvisata dalla Pg della facoltà di farsi assistere nelle operazioni di sequestro da un difensore di fiducia, con il che il decreto di sequestro veniva dichiarato nudo, senza fare però seguire la restituzione dell’arma, avendo opinato il Tribunale che l’arma era dotata di punta acuminata e quindi andava ritenuta soggetta a confisca;

2. Avverso il provvedimento suddetto ha interposto ricorso per Cassazione la difesa dell’indagata, per sottolineare come il Tribunale, una volta scardinato il decreto di sequestro, non poteva negare la restituzione del bene al legittimo proprietario, bene che oggi risulta appreso, senza la copertura di un atto di sottoposizione a vincolo reale. Viene sottolineato che trattasi di arma impropria che con giustificato motivo la F. ebbe a portare fuori dall’abitazione, realtà su cui il tribunale nulla ha osservato, per cui viene chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

Il Tribunale del riesame seppure abbia annullato il decreto di sequestro per accertate violazioni di legge, non ha disposto la restituzione della spada, ritenendola suscettibile di confisca obbligatoria, ai sensi della L. n. 152 del 1975, art. 6, ed ha applicato l’art. 324 c.p.p., comma 7, che preclude la revoca del sequestro nei casi indicati dall’art. 240 c.p., comma 2.

La richiesta di restituzione interposta dalla difesa è dunque allo stato assolutamente intempestiva, poichè solo all’esito di indagine che dovrà essere condotta sulla sussistenza di un giustificato motivo per portare la spada in questione fuori dalla propria abitazione, potrà concludersi sulla ricorrenza o meno della ipotesi di confisca obbligatoria prevista dal codice, ipotesi che non lascia spazio a margini di discrezionalità.

E’ bene anche ricordare che seppure suoni contraddittorio il provvedimento impugnato, lo stesso deve ritenersi in linea con la giurisprudenza di questa Corte che con un arresto delle Sezioni Unite del 1996, aveva statuito come l’inosservanza delle formalità prescritte dalla legge ai fini della legittima acquisizione della prova nel processo non è, di per sè, sufficiente a rendere quest’ultima inutilizzabile, per effetto di quanto disposto dall’art. 191 c.p.p., comma 1, ed era giunta a concludere che anche in presenza di perquisizione illegittima, il successivo atto di sequestro di cose pertinenti al reato è atto dovuto (cfr. Cass. Sez. Unite 27.3.1996, n. 5021). L’orientamento sul punto, che a tutt’oggi non è mutato, è in linea con il disposto dell’art. 304 c.p.p., comma 7, succitato, che privilegia le esigenze di ordine pubblico al rispetto della forma dei provvedimenti di sequestro, con il che si deve concludere che nel caso di specie il provvedimento di sequestro non andava annullato ed una volta però operato in tal senso, l’arma non poteva essere restituita, prima di aver appurato la legittimità del porto della stessa, fuori dall’abitazione.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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