Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7515 Esecuzione

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esto di respingere il ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 27.4.2010 il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava l’appello interposto da L.U. e confermava la misura di sicurezza della libertà vigilata che era stata dichiarata eseguibile per la durata di anni uno, dal magistrato di sorveglianza di Napoli, in data del 12.2.2010, misura derivante dalla sentenza di condanna inflitta dalla corte d’Assise d’Appello di Napoli il 9.3.2007, che lo aveva condannato per violazione dell’art. 416 bis c.p., alla pena di anni due e mesi nove di reclusione. La motivazione faceva leva sui precedenti numerosi e gravi del prevenuto, sulle negative informazioni giunte dal commissariato di PS, che lo definivano soggetto legato al clan Di Lauro e sulla circostanza che lo stesso era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale per anni tre, decorrenti dal 21.11.2008. Quanto all’attualità della pericolosità sociale, il Tribunale sottolineava che se le condotte di reato si erano protratte fino al 2003, la condotta associativa veniva ritenuta tuttora permanente; che all’esito del giudizio che portò alla sua condanna per violazione art. 416 bis c.p., emerge una personalità pericolosa, avendo operato a supporto di gruppi ad alto tasso criminogeno, risultando sottoposto a misura patrimoniale di prevenzione e registrando un carico pendente per reato accertato in data 21.11.2008. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa del prevenuto, per dedurre violazione ed erronea applicazione dell’art. 203 c.p., nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui non è stata operata adeguata valutazione degli atti. Non è stata data adeguata contezza dell’attualità della pericolosità sociale del prevenuto, poichè si è fatto riferimento alla faida scoppiata nel 2004, tra gruppi criminosi, tra cui il clan Di Lauro al quale il L. apparteneva, senza valutare che a seguito proprio della guerra tra clan, il prevenuto si allontanò dall’ambiente criminale. Lo stesso venne arrestato nel 2004 per fatti risalenti all’anno 2000, ma dopo aver espiato la pena non venne più trovato con soggetti pregiudicati. Non solo, ma se mai si dovesse ritenere il soggetto ancora pericoloso, è in corso la misura di prevenzione per tre anni che è tale da tutelare adeguatamente la collettività, misura da ritenere incompatibile con quella di sicurezza applicata.

3. Il PG ha chiesto di rigettare il ricorso, essendo congrua ed adeguata la motivazione sulla persistenza della pericolosità del soggetto.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il tribunale di sorveglianza di Napoli ha fornito corretta motivazione quanto al requisito dell’attualità della pericolosità sociale, presupposto per l’adozione di misura di sicurezza, muovendo dalla constatazione che il prevenuto fu descritto negli atti di polizia come soggetto legato al clan Lauro, fino alla fine dell’anno 2004, componente del gruppo di fuoco alle dipendenze di detto gruppo criminale, nonchè valorizzando i dati oggettivi dell’intervenuto sequestro di beni ai sensi della normativa antimafia nel 2008 e della attribuzione di violazione della L. n. 575 del 1965, art. 3 bis, comma 4, accertata in data 21.11.2008. Il giudizio è quindi stato espresso non su dati congetturali, ma alla luce di circostanze di fatto di sicura rilevanza.

Il dato che il prevenuto sia sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno dal 21.11.2008 al 21.11.2011, non porta ad opinare diversamente, ma rafforza il giudizio di pericolosità espresso. Sulla ritenuta incompatibilità tra la misura di prevenzione e la misura di sicurezza, basti ricordare a confutazione, che la L. n. 1423 del 1956, art. 12, prevede la piena compatibilità applicativa della misura della prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con l’obbligo di soggiorno e della misura di sicurezza della libertà vigilata, sia pure in coerente attuazione del principio dell’autonomia delle misure di sorveglianza in successione, nel senso che la prima prevale sulla seconda, che è eseguibile successivamente (cfr. Cass. Sez. 1^, 10.2.2009, n. 5634).

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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