Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7466

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.I.M. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, emessa il 18.6.09 in sede di rinvio da sentenza di annullamento della Cassazione del 12.12.07, con la quale è stata confermata la sentenza 28.3.06 del G.u.p. del Tribunale di Vibo Valentia che ha condannato il prevenuto, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di anni quattro di reclusione, oltre le pene accessorie di legge, per il reato di tentato omicidio.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione di legge per essere le argomentazioni del giudice di appello inidonee a provare la volontarietà del gesto posto in essere dal C., desunta dalle dichiarazioni della p.o. S.P.A. e dal tenore delle conversazioni telefoniche dell’imputato, oggetto di intercettazione.

L’imputato – sostiene la difesa – mai aveva affermato di aver volutamente investito con la propria vettura il S., laddove sia quest’ultimo che il teste S.S. avevano dichiarato che il C. aveva investito il S., che camminava sulla sede stradale, urtandolo con lo specchietto retrovisore laterale, senza però modificare la direzione di marcia nè accelerare l’andatura della propria vettura, tanto che la p.o. aveva riportato solo lievissime lesioni, mentre l’omissione di soccorso ed il disappunto manifestato dal C. per lo scarso esito lesivo dell’incidente erano da ricondursi a preesistenti motivi di astio tra le parti.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p.c, comma 1, lett. e), per essersi la Corte di appello limitata a riprodurre la sentenza di primo grado ritenendola integralmente condivisibile, laddove la Cassazione aveva invece disposto che il giudice del rinvio procedesse ad un nuovo riesame della fattispecie concreta, previa qualificazione degli elementi fattuali evidenziati nella sentenza impugnata, per giungere, attraverso una astrazione logica, alla qualificazione del reato. Osserva la Corte che, con riferimento al primo motivo, la difesa intende procedere ad una rivalutazione degli elementi di fatto non consentita in questa sede, dove non è possibile sottoporre a riconsiderazione il materiale probatorio ai fini di una diversa ricostruzione della dinamica degli avvenimenti che, nella specie, come hanno appurato i giudici di merito, hanno visto il C.I.M.R. volontariamente investire, con l’automobile della quale era alla guida, la persona offesa, dopo aver cambiato direzione, dirigendo, dopo aver accelerato, la vettura contro il S. per poi allontanarsi subito dopo l’investimento, senza prestare soccorso.

Tale volontario comportamento, suffragato dal disappunto manifestato successivamente dall’imputato per lo scarso esito lesivo nei confronti della vittima, del tutto correttamente – ed in aderenza al dictum di questa Corte espresso nella sentenza di annullamento della decisione di secondo grado che aveva invece qualificato i fatti come lesioni aggravate – è stato ritenuto, con motivazione congrua ed immune da censure formulabili in questa sede, integrare gli estremi del reato di tentato omicidio, dal momento che il S. ha riportato lesioni localizzate al capo e agli arti, nel lato sinistro del corpo e nella zona lombare e l’azione dell’imputato è stata caratterizzata, oltre che dalla volontarietà, dalla idoneità a cagionare l’evento morte della vittima designata, in quanto il C. ha indirizzato la propria vettura VW Golf, ad una velocità di circa 40 km/h, verso il corpo della vittima, che procedeva ignara lungo la strada, impattando contro di esso e causando le lesioni ora indicate, a nulla rilevando (dovendo la valutazione sulla idoneità della condotta avvenire con giudizio ex ante) che il C. si sia astenuto dal replicare la propria azione delittuosa con carattere di maggiore efficacia potendo tale successivo comportamento – come hanno perspicuamente osservato i giudici territoriali, anche qui in aderenza al decisum di questa Corte – essere stato dettato da varie considerazioni, tra cui quella di sottrarsi all’identificazione da parte di testimoni.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che reputasi equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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