Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-02-2011, n. 7463

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.A. ricorre avverso la sentenza 14.2.08 della Corte di appello di Palermo che ha confermato quella, in data 22.6.04, del locale tribunale con la quale è stato condannato alla pena di anni trenta di reclusione, oltre le pene accessorie di legge, per il reato di concorso nel sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato del gioielliere F.C., perpetrato in (OMISSIS) ed in altre località in epoca antecedente e prossima al 10.10.85 e fino al 13.8.87, sequestro di cui M.A. era stato ritenuto uno degli esecutori materiali e che era stato deliberato dalla commissione provinciale di "osa nostra" anche al fine di acquisire il denaro occorrente all’organizzazione per il pagamento delle spese legali di tutti gli affiliati implicati nel c.d. "maxi processo" che stava per iniziare a Palermo.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione all’art. 178 c.p.p. e art. 179 c.p.p., lett. c), per essere stato il M., nel corso del giudizio di primo grado, consapevolmente privato del diritto di partecipare all’udienza del 13.5.03 nonostante la sua assenza fosse dovuta al concomitante processo (n. 2/96) che veniva celebrato dinanzi alla 3^ Sezione della Corte di assise di Palermo, dove era altresì imputato, fatto che si era ripetuto, anche se in maniera più circoscritta, all’udienza del 28.10.03, in cui la celebrazione del processo era iniziata in assenza dell’imputato e del suo difensore, per concomitante contestuale giudizio, intervenuti soltanto successivamente.

Tali fatti erano stati chiaramente descritti nei "verbali di partecipazione al procedimento penale a distanza", ma la Corte palermitana aveva ritenuto infondate le due eccezioni di nullità benchè fosse risultato che il M.A. fosse assente e non rinunciante all’udienza del 13.5.03, come arbitrariamente interpretato dai giudici di appello.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in relazione all’art. 495 c.p.p., comma 2, in quanto in data 27.3.01 la difesa del ricorrente aveva chiesto inutilmente che venisse effettuata una ricognizione di persona nei confronti di M.A., richiesta rigettata a motivo della mancata previsione codicistica, trattandosi di imputato collegato in videoconferenza, ma in tal modo – lamenta la difesa – era stata negata una prova decisiva in considerazione che i collaboratori di giustizia avevano sostenuto che il M.A. era tra coloro che materialmente avevano provveduto al prelevamento, e dunque al sequestro, della p.o., per cui era possibile sottoporre l’imputato a ricognizione ad opera di F.G., M.G. e F.F., di coloro cioè che quel giorno viaggiavano a bordo dell’auto assieme alla p.o., a fronte della mancata individuazione a suo tempo dell’imputato negli album predisposti dalla Squadra Mobile ed in considerazione invece dell’arco temporale, non ristretto ai pochi minuti indicati dai giudici di merito, in cui i predetti avevano avuto modo di fissare in mente le sembianze dei sequestratoli e senza che potesse farsi distinzione tra imputato videocollegato o meno, come invece avevano fatto i giudici di merito nel negare l’assunzione della prova richiesta, che appariva invece decisiva.

Osserva la Corte che il ricorso si palesa come infondato e deve di conseguenza essere rigettato.

Quanto al primo motivo emerge dagli atti – ed i giudici di appello lo hanno compiutamente evidenziato – che all’udienza del 13.5.03 M.A., in stato detentivo per diverso titolo, era assente per rinuncia, mentre il suo difensore (Avv. Restivo) era presente in aula, ed all’udienza del 28.10.03 M.A. era presente, mediante collegamento a distanza, dal sito riservato di (OMISSIS), e presente era anche il suo difensore, il quale, intervenuto in udienza appena pochi minuti dopo il suo inizio, aveva presenziato alle dichiarazioni spontanee fatte dal suo assistito, sì che non vi è mai stata alcuna violazione del diritto di difesa.

In ordine al secondo motivo, ai fini della configurazione del vizio previsto dall’art. 606 c.p.p., lett. d), è indispensabile che la prova decisiva di cui si deduce la mancata assunzione abbia in ogni caso ad oggetto un fatto certo nel suo accadimento, essendo la certezza elemento condizionante della decisività (Cass., sez. 6^, 2 aprile 2004, n. 31419) ed inoltre deve ritenersi decisiva solo la prova la cui mancata acquisizione abbia inciso a tal punto sulla decisione da portare ad una motivazione basata su affermazioni apodittiche o congetturali, ma non quella che, in presenza di motivazione fondata su prove acquisite agli atti del processo, ipoteticamente può essere indicativa di elementi fattuali non contrastanti con quelli probatoriamente accertati, l’error in procedendo, in cui si sostanzia il vizio in questione, rilevando solo allorchè la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni in motivazione addotte a sostegno della sentenza, risulti "decisiva", cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa decisione (Cass., sez. 5^, 9 febbraio 1999, n. 3549).

Orbene, nel caso di specie, con motivazione del tutto adeguata e che da conto di acquisizioni fattuali che non possono essere revocate in dubbio in questa sede, i giudici palermitani hanno sottolineato come in pochi istanti la vettura della finta pattuglia di agenti avesse raggiunto e sorpassato quella a bordo della quale si trovava il F., che era stato poi costretto a scendere dall’auto, mentre veniva simulata la sua perquisizione, e simultaneamente gli altri occupanti erano stati fatti sdraiare in terra, il tutto in una unità di tempo misurabile in secondi, che non aveva consentito alcuna valida memorizzazione dei connotati dell’imputato, la cui responsabilità peraltro era stata provata – hanno evidenziato ancora i giudici territoriali – sulla base di testimonianze, quali quelle dei collaboratori Fe.Gi.Ba., segnatamente sul ruolo avuto dal M.A. nell’organizzazione ed esecuzione del sequestro, e di S.V., ritenuti attendibili con giudizio che – per quanto concerne il Fe. – ha superato il vaglio anche di legittimità (v. sent. di questa Corte in data 17.9.09 emessa nei riguardi dei coimputati L.G. e P. A.).

Peraltro – osserva conclusivamente questa Corte – la ricognizione personale non rientra nella categoria della prova decisiva, di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), perchè essa è prova aperta ad ogni esito e pertanto non le si può riconoscere preventivamente efficacia decisiva, cioè la capacità di contrastare le acquisizioni processuali contrarie, elidendone l’efficacia e provocando una decisione contraria (v. Cass., sez. 2^, 10 novembre 2006, n. 28883).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *