Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-01-2011) 25-02-2011, n. 7551

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Ancona in parziale riforma della sentenza in data 7/12/2006, con la quale il Tribunale in sede aveva dichiarato P.M. colpevole dei reati di procurato allarme, simulazione di reato e interruzione di pubblico servizio ex art. 658 c.p. (capo A), art. 367 c.p. (Capo B) e art. 340 c.p. (capo C) e condannato alla pena di giustizia oltre al risarcimento del danno alla parte civile, dichiarava estinto per prescrizione il reato al capo A) rideterminava la pena per i residui reati e confermava nel resto.

Era accaduto che il giorno 12/6/03 era pervenuta una telefonata anonima ai Carabinieri di Ancona che sollecitava il controllo dell’aereo in partenza per Roma "per evitare disgrazie"; che gli immediati accertamenti portavano al rinvenimento ad opera dell’imputato, artificiere in servizio presso la Questura di Ancona sul velivolo de quo di un ordigno esplosivo, poi rimosso e fatto brillare in un’area sicura, che dagli accertamenti emergeva che la telefonata era stata effettuata da G.S., medico in servizio presso l’ospedale cittadino nel tentativo di ritardare la partenza dell’aereo, sul quale viaggiava F.S., donna della quale il medico si era invaghito, che presso il deposito della Questura di Ancona, al quale avevano accesso gli artificieri C. e lo stesso imputato era stata rinvenuta una pila da 9 volt di marca Duracell, analoga ad una di quelle utilizzate nel congegno esplosivo, costituito presumibilmente da una miscela pirotecnica alloggiata in contenitori cilindrici di cartoncino pressato, da qualificarsi come esplodente a bassa velocità di detonazione e non come esplosivo di spiccata offensività.

Secondo l’impostazione del Tribunale, pienamente condivisa dal giudice del gravame, tra le varie ipotesi esaminate doveva ritenersi più plausibile quella che il congegno fosse stato collocato a bordo dell’aereo dallo stesso P. alla stregua delle seguenti considerazioni: a) che l’imputato aveva la possibilità di accedere all’area aeroportuale senza essere sottoposto a controlli, b) che lo stesso aveva la possibilità si accedere sull’aereo con il congegno riposto nella sacca porta attrezzi e di giustificarne, ove mai fosse stato scoperto, la presenza come un congegno predisposto per dimostrazioni pratiche nell’ambito delle lezioni in materia di sicurezza da lui tenute e poi dimenticato per la fretta della richiesta urgente di intervento, c) che il P. aveva certamente la capacità per la sua professionalità di realizzare il congegno in questione, avendo a disposizione gli ingredienti necessari, d) che il predetto aveva validi motivi, costituiti dalle ricadute favorevoli sulla sua carriera, conseguenti al rinvenimento e alla disattivazione dell’ordigno, di guisa che pur in assenza di prove dirette doveva affermarsi la responsabilità dell’imputato, tenuto conto che quella era l’unica ricostruzione possibile dei fatti e che il prevenuto era l’unica persona che aveva avuto logicamente e materialmente la possibilità di realizzare e collocare il congegno.

Contro tale decisione ricorre l’imputato a mezzo dei suoi difensori e a sostegno della richiesta di annullamento denuncia la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, testualmente rilevabile in riferimento alla valutazione del compendio probatorio, alla ricostruzione della vicenda e alla conferma del giudizio di colpevolezza. Sosteneva la difesa che i giudici di merito non avevano fatto buon governo della regola, stabilita dalla giurisprudenza di legittimità in materia di valutazione degli indizi al fine di determinarne il grado di certezza e verosimiglianza e verificarne la loro idoneità ad escluderne il margine di ambiguità.

In particolare non era stata data adeguata risposta alle censure mosse nei motivi di appello, concernenti la possibilità per l’imputato di accedere liberamente alla zona aeroportuale e all’interno del velivolo senza essere sottoposto ad alcun controllo, la capacità del medesimo di realizzare il congegno de quo, la disponibilità dell’imputato ad avere il materiale necessario, atteso che il locale, ove era custodito, era accessibile a chicchessia, l’accertata integrità e la mancanza totale di manomissioni del materiale depositato in detto locale, il rinvenimento della pila da 9 volt marca Duracell, che se pur simile a quella utilizzata per il confezionamento dell’ordigno, faceva parte di un lotto di ben 34.000.000 esemplari, il movente e più ancora il conseguimento di benefici economici o di carriere da un gesto così rischioso. In sostanza gli indizi prospettati dall’accusa e considerati dai giudici di merito erano stati confutati dalla difesa che in parte ne aveva escluso la reale sussistenza, in parte ne aveva intaccato la valenza qualitativa rispetto al fatto ignoto, onde non essendo ravvisabile la reale consistenza del quadro indiziario e la sua resistenza alle obiezioni, posto che lo stesso giudice del gravame aveva ritenuto pur sempre probabili altre ipotesi ricostruttive, senza approfondirle nella dovuta misura, la condanna si fondava su di un quadro probatorio incompleto, che sottaceva ogni positivo elemento probatorio emerso a discarico dell’imputato, la cui unica colpa era stata forse quella di avere svolto con diligenza il proprio operato di artificiere.

Il ricorso è fondato.

Ed invero in tema di valutazione della prova indiziaria la giurisprudenza di legittimità è ormai costantemente orientata al principio, in virtù del quale il giudice deve prendere in considerazione ogni singolo fatto e il loro insieme, non in modo parcellizzato e avulso dal generale contesto probatorio, verificando se essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, possano essere ordinati in una costruzione armonica e consonante, che consenta, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verità processuale, e cioè la verità limitata, umanamente accertabile e umanamente accettabile del caso concreto (Cass. Sez. 6^ 25/6-5/9/06 n. 8314 Rv. 206131; Sez. Un. 12/7-20/9/05 n. 33748 Rv. 231678). Nel caso in esame non sembra che i giudici del merito abbiano fatto corretta applicazione di tale principio; il metodo di lettura del panorama indiziario adoperato non ubbidisce all’esigenza di valutare ogni indizio nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità per poi valorizzarlo in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo.

Il giudice del gravame nell’elencare gli elementi, che a suo avviso, potevano essere qualificati come indizi, fa riferimento in primo luogo alla possibilità per l’imputato di accedere liberamente alla zona aeroportuale, nonchè al velivolo, ma tale possibilità non era solo dell’imputato, e ciò che rileva è che sul punto non si fa nessuna menzione della prova diretta del fatto che il predetto non sia stato sottoposto ad alcun controllo.

La valutazione ulteriore che il P. avrebbe potuto agevolmente offrire, ove mai fosse stato rinvenuto in sede di controllo nella sacca porta-attrezzi il simulacro di ordigno, costituisce una mera congettura, che sfugge ad ogni apprezzamento di tipo giuridico. Anche la ritenuta capacità del prevenuto di realizzare il congegno de quo non sembra suffragata da alcun valido elemento idoneo, anche in termini di indizio, per affermare che tale congegno fosse stato realizzato dall’odierno prevenuto, tenuto anche conto che il tempo a sua disposizione per il confezionamento era inesistente, posto che la telefonata del G. era avvenuta alle ore 14,31 del 12/6/03 e gli accertamenti, che portarono al rinvenimento del simulacro di ordigno ad opera dell’imputato, furono immediati, e non è stata acquista, anzi è stata esclusa, la prova di un accordo precedente intercorso tra i due. Nè la valutazione dei due successivi elementi indiziari, concernenti la disponibilità dell’imputato ad avere il materiale pirico e il rinvenimento della pila da 9 volt marca Duracell, può colorare gli indizi prima considerati, giacchè, come appurato in sede istruttoria, il locale, presso il quale detto materiale era collocato era in realtà accessibile a chicchessia e dal verbale di sequestro, che la corte sembra non avere tenuto in considerazione, emergeva che alcuna sottrazione del materiale de quo era avvenuta.

Quanto al rinvenimento della pila da 9 volt, ha trascurato il giudice del gravame la circostanza, appurata in atti, che tale pila faceva parte di un lotto di ben 34.000.000 di esemplari.

E’ chiaro pertanto che su queste premesse non è condivisibile l’iter argomentativo della corte territoriale, secondo il quale il P. – sarebbe colui che avrebbe confezionato l’ordigno, posto che ogni elemento indiziario si presta a diverse valutazioni e che pertanto non resistendo alle possibili obiezioni è privo del requisito di validità intrinseca, che inerisce la certezza e la precisione.

Altro aspetto, considerato sotto forma di indizio, è quello relativo al movente, ritenuto quale elemento catalizzatore.

Sul punto occorre ricordare che l’accertamento della causale del delitto, quando si tratti di processo indiziario, deve essere puntualmente perseguito, in quanto l’identificazione della causale assume in tal genere di processi, specifica rilevanza per la valutazione e la coordinazione logica delle risultanze processuali e di conseguenza per la formazione del convincimento del giudice in ordine ad una ragionata certezza della responsabilità dell’imputato (Cass. Sez. 1^ 17/3-21/4/94 n. 4589 Rv. 198279).

Nel caso in esame anche tale principio non risulta correttamente applicato, avendo la corte di merito, pur di fronte alla prova contraria offerta dalla difesa dell’assenza di ricadute nella carriera del P., comunque insistito sui riflessi positivi sullo stato di servizio del predetto, omettendo di porsi alla ricerca di un autentico movente, tanto più che gli indizi acquisiti non risultavano nè chiari, nè convergenti.

Ancora il giudice del gravame nel motivare la conferma del giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato, ha opinato che la difesa non era stato in grado di offrire una ricostruzione della vicenda alternativa e idonea ad inficiare la ricostruzione accusatoria. Ma è facile replicare che non è compito della difesa fornire ricostruzioni alternative di accusa, laddove invece nessuna delle altre ipotesi dalla stessa corte di merito esaminate ha costituito oggetto di approfondita valutazione in sede di indagini.

In sostanza entrambi i giudici del merito sono pervenuti alla conclusione, secondo la quale l’unica persona che ha avuto logicamente e materialmente la possibilità di realizzare e collocare l’ordigno fosse il P. e che pur in assenza di prove dirette, vi fosse la prova logica, idonea ad acquistare valore di fronte al rilievo che nessun altra ricostruzione sembrava logicamente e materialmente possibile.

Tale affermazione non appare, per le argomentazioni che precedono, logica oltre che giuridicamente corretta, sia perchè gli elementi indiziari considerati non si connotano per certezza, gravità e precisione, sia perchè la loro valutazione, in base ai doverosi criteri enunciati nella richiamata giurisprudenza di legittimità, non poteva consentire la ricostruzione del fatto e la sua attribuibilità al ricorrente in termini di certezza, tale da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione.

La decisione impugnata va pertanto annullata senza rinvio per non avere commesso il fatto.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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