Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 25-02-2011, n. 7239 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

G., Dr. Sante Spinaci, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 20.5.2010 il Tribunale di Pesaro, in composizione monocratica, applicava a T.T., previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata di fatti anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ascritti ai capi a) e b), unificati sotto il vincolo della continuazione.

2) Propone ricorso per cassazione il T., a mezzo del difensore, eccependo, con il primo motivo, la nullità della citazione dell’imputato e conseguente nullità della sentenza.

L’art. 450 c.p.p. richiama l’art. 429 c.p.p., commi 1 e 2, per cui il decreto di citazione deve contenere a pena di nullità l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia. Nella citazione del 15.5.2010 tale avvertimento è stato completamente omesso.

Con il secondo motivo denuncia la erronea applicazione della legge penale.

Il Giudice, almeno per il capo b), avrebbe dovuto pronunciare ex art. 129 c.p.p. sentenza di assoluzione, non essendo stata acquisita valida prova della natura della sostanza sequestrata (non potendo a tal fine supplire il cosiddetto narco-test).

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

3) Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art. 129 cpv. c.p.p.. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 c.p.p., l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perchè essi sono coperti dal patteggiamento. Il patteggiamento comporta altresì la rinuncia a far valere eccezioni e difese di natura sostanziale (nei limiti dell’art. 129 c.p.p.) e processuale (nei limiti dell’art. 179 c.p.p.) salvo che si tratti di eccezioni attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso prestato (cfr. Cass. sez. 4 n. 16832 dell’11.4.2008; conf. Cass. sez. 6 n. 32391 del 25.6.2003; Cass. sez. 2 n. 6383 del 29.1.2008).

3.1.1) In ordine alla eccezione di nullità va, comunque, rilevato che l’art. 450 c.p.p. prevede la citazione a giudizio nel caso in cui l’imputato sia libero (comma 2) e non quando l’imputato sia detenuto a seguito di arresto in flagranza, come nel caso di specie; in tal caso il pubblico ministero lo fa condurre direttamente in udienza (comma 1).

Il P.M. emise correttamente, in data 15.5.2010, nei confronti del T. decreto di presentazione per il giudizio direttissimo ed, in pari data, ordine di traduzione per l’udienza del 20.5.2010. 3.1.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cpv, questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione "soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p." (ex multis sez. un. 27.3.1992 – Di Benedetto; sez. un. 27.9.1995 n. 18 – Serafino). Il Tribunale ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che emergevano, piuttosto, plurimi elementi di responsabilità a carico dell’imputato (verbale di arresto e di sequestro, nonchè di tutte le fonti di prova indicate nell’ordinanza applicativa della misura cautelare). Certamente utilizzabile era poi il narco-test, stante la scelta del rito.

3.2) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in Euro 1.500,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.500,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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