T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 24-02-2011, n. 536 Tutela delle condizioni di lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente aveva convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza, ove lavorava all’epoca come infermiere professionale, poiché riteneva responsabile il suo datore di lavoro per aver contratto l’epatite serie HCV positivo ed ipertransaminasemia.

Riferiva in proposito di un episodio accaduto il 21.1.1994 quando aveva soccorso un paziente, ricoverato nel reparto di urologia dove prestava servizio, effettuandogli un lavaggio vescicole senza la protezione dei guanti.

Era dovuto intervenire perché il paziente aveva richiesto l’intervento del personale poiché si era otturato il catetere vescicale e mentre eseguiva l’operazione di sostituzione vista l’urgenza e non trovando i guanti eseguiva il lavaggio vescicale a mani nude procurandosi un contatto con i coaguli ematici del paziente.

Nei mesi successivi accusava malessere generale e stato di affaticamento fin quando nell’ottobre 1994 gli veniva diagnosticata l’epatite che nel 1998 veniva anche riconosciuta come riconducibile a causa di servizio.

Il ricorrente chiedeva addebitarsi la responsabilità dell’infortunio sul lavoro all’amministrazione ex art. 2087 c.c., ormai pacificamente applicabile ai rapporti di lavoro pubblico, poiché non lo aveva dotato di tutti i presidi necessari per garantire la sua integrità fisica.

In particolare vi era stata violazione degli artt. 32 DPR 270\1987 e 383 DPR 547\1955 che prevedono in via generale l’obbligo per l’amministrazione di fornire tutti gli indumenti protettivi contro i rischi di infezione e per i lavoratori esposti al rischio di punture alle mani è previsto l’uso di guanti o altri mezzi di protezione.

Si tratta di responsabilità contrattuale con prescrizione decennale che appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativa perché riconducibile a vicende anteriori al 30.6.98 con ricorso presentato entro il 15.9.2000.

Si costituiva in giudizio l’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione passiva.

All’udienza del 5.10.2010 veniva effettuata in udienza una prova testimoniale e veniva poi disposto un ulteriore rinvio per consentire di effettuare il resto delle prove testimoniali richieste dalle parti secondo la procedura indicata dall’art. 63,comma 3, c.p.a.

Alla successiva udienza del 8.2.2011 il ricorso andava in decisione.

La questione preliminare sollevata dall’azienda resistente è fondata.

La IV Sezione di questo TAR ha recentemente affrontato un’identica questione nella sentenza nr. 395\2011 che sul punto è bene riportare integralmente poiché il Collegio non intende discostarsi da tale recente pronunciamento: "In tal senso, appare dirimente osservare come la proposizione del ricorso sia avvenuta in epoca successiva all’istituzione delle Aziende U.S.L. e della concomitante soppressione delle pregresse UU.SS.LL., ad opera del d.lgs. 3 dicembre 1992, n. 502, nonché, successivamente all’entrata in vigore della l. 23 dicembre 1994, n. 724, il cui art. 6, al comma 1, ha stabilito che: "in nessun caso è consentito alle regioni di far gravare sulle aziende di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, né direttamente né indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l’ufficio responsabile delle medesime".

Al fine della risoluzione della vicenda in questione giova, altresì, richiamare il comma 14, dell’art. 2, della l. 28 dicembre 1995, n. 549, secondo cui: "per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali ricomprese nell’ ambito territoriale delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, sono trasformate in gestioni liquidatorie. Le sopravvenienze attive e passive relative a dette gestioni, accertate successivamente al 31 dicembre 1994, sono registrate nella contabilità delle citate gestioni liquidatorie. I commissari entro il termine di tre mesi provvedono all’accertamento della situazione debitoria e presentano le risultanze ai competenti organi regionali".

Ebbene, tale essendo l’ambito disciplinare entro cui inquadrare la vicenda di causa, il Collegio ritiene che essa possa essere definita prestando puntuale adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., ex multis, Consiglio di stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 6995; Cons. Stato, Sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5501; Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 890; id., Sez. V, 29 gennaio 2009, n. 493) secondo cui, per effetto delle disposizioni introdotte dagli artt. 6 comma 1, l. 724 del 1994 e 2 comma 14, l. 549 del 1995, le Regioni sono state appositamente individuate quali unici soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti delle soppresse Unità sanitarie locali, mediante apposite gestioni a stralcio, di pertinenza delle Regioni medesime, anche dopo la trasformazione in gestioni liquidatorie affidate ai direttori generali delle nuove aziende.

Di modo che, soltanto alle Regioni deve essere riconosciuta la legittimazione processuale e sostanziale per le domande concernenti, sia, i crediti relativi a compensi per prestazioni lavorative espletate nell’ambito delle attività della gestione liquidatoria, per la ricognizioni di debiti e crediti delle soppresse Unità sanitarie locali, sia, i crediti relativi a prestazioni lavorative espletate durante l’esistenza delle soppresse U.S.L. ma azionati in giudizio successivamente alla data della loro soppressione (al 31.12.1994).

La surriferita legislazione nazionale, infatti, alla stregua dei principi direttivi stabili dalla L. n. 491 del 1992 di delega per la nazionalizzazione e per la revisione della disciplina del settore, ha comportato la configurazione delle nuove Aziende Sanitarie Locali come aziende dotate di personalità giuridica e di propria autonomia patrimoniale, contabile e gestionale, sicché non v’è dubbio che, nell’avvicendamento delle A.U.S.L. alle U.S.L., si è verificata una continuità di gestione nei relativi rapporti, ivi compresi quelli di lavoro subordinato o parasubordinato con il personale dipendente o convenzionato e, quindi, una successione dei neocostituiti organismi a quelli soppressi. Ma ciò non implica affatto che si sia realizzata anche una successione in universum jus delle A.S.L. alle U.U.S.L. per ciò che concerne i rapporti obbligatori facenti capo a queste ultime, la successione nei rapporti potendosi configurare nei soli limiti in cui la legge lo ha voluto e non per il solo fatto della soppressione degli enti pubblici assorbiti. Consegue da ciò che, come ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione, la L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 1, disponendo che "in nessun caso è consentito alle regioni far gravare sulle aziende di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, né direttamente, né indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali" e prevedendo che, a tal fine, le Regioni fossero dotate di apposite gestioni a stralcio, con individuazione dell’ufficio responsabile di esse, ha per ciò stesso inteso escludere l’ipotizzata successione, mentre la L. 23 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14, ha confermato tale scelta prescrivendo che, per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le Regioni attribuissero ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali, comprese nell’ambito delle rispettive aziende, e che le gestioni a stralcio di cui la L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1, fossero trasformate in gestioni liquidatorie (le quali, poi, vengono amministrate dai direttori delle aziende, rispetto ai quali sono appunto le regioni i soggetti titolari del potere dovere di attribuire a quelli le funzioni di commissari liquidatori). Ne deriva che, in buona sostanza, i direttori delle A.S.L. svolgono, su mandato dell’ente territoriale, compiti non limitati alla mera riscossione dei residui attivi ed al pagamento dei residui passivi, ma estesi all’amministrazione e liquidazione della situazione debitoria, tramite la fase dell’accertamento, vale a dire della ricognizione delle obbligazioni giuridicamente perfezionatesi nei confronti delle U.S.L. alla data del 31 dicembre 1994. La funzione di commissario liquidatore da parte dei direttori generali della aziende sanitarie è dunque prevista nell’interesse della regione, agendo essi in qualità di organi di tale ente (cosi, testualmente, Cass. S.U. 7 luglio 2000, n. 1237; cfr. altresì Cassazione Civile, sez. I, 20 settembre 2006, n. 20412).

Le disposizioni normative sopra riportate hanno, dunque, individuato nella Regione il soggetto giuridico obbligato ad assumere integralmente a proprio carico i debiti relativi alle pregresse gestioni delle unità sanitarie locali, attraverso le apposite Gestioni stralcio o liquidatorie (ancorché affidate ai direttori generali delle nuove aziende), cosicché solo alle predette Gestioni deve essere riconosciuta la legittimazione processuale e sostanziale per le domande concernenti gli eventuali debiti precedenti all’istituzione delle aziende sanitarie locali (cfr., ex multis, Consiglio di stato, sez. V, 27 dicembre 2010, n. 9487; C.d.S sez. V, 06 dicembre 2010, n. 8548; C.d.S., sez. V, 25 maggio 2010, n. 3310; 19 novembre 2009, n. 7233; 29 gennaio 2009, n. 493; 10 luglio 2008, n. 3428; Cass. Civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5063; 26 gennaio 2010, n. 1532; 13 aprile 2007, n. 8826).

Sul tema è intervenuta, come noto, anche la Corte costituzionale, che con le sentenze n. 89 del 31.03.2000 e n. 437 del 9.12.2005, ha evidenziato come il cit. complesso di norme statali (D. L.vo n. 502/1992, L. 724/1994 e L. 549/1995) abbia approntato gli strumenti per la realizzazione del principio della insensibilità, per ragioni politicoeconomiche, delle neocostituite aziende unità sanitarie locali ai debiti delle pregresse unità sanitarie locali, sì da poter le prime cominciare a funzionare secondo i nuovi criteri di maggiore economicità e di responsabilità dei dirigenti, senza essere oberate dal passivo accumulato in un sistema di gestione della sanità pubblica che si riteneva generatore di disfunzioni e perciò da abbandonare.

Il principio fondamentale ricavabile dalla succitata normativa statale impone, quindi, di assicurare la separazione tra la gestione liquidatoria delle passività anteriori al 31.12.1994, risalenti alle soppresse usl e le attività poste in essere direttamente dalle nuove aziende sanitarie.

Le aziende sanitarie locali, quindi, rispondono dei debiti sorti dopo il 31 dicembre 1994, mentre, per i debiti sorti anteriormente a tale data, deve rispondere la Regione, che è successore "ex lege" a titolo particolare delle ormai soppresse unità sanitarie locali.".

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione passiva dell’unica amministrazione citata in giudizio.

Va detto peraltro che il ricorso sarebbe risultato comunque infondato nel merito poiché dalle prove testimoniali assunte non è emerso affatto che l’amministrazione all’epoca dei fatti non fornisse ai propri dipendenti i presidi antinfortunistici; solamente un teste ha laconicamente risposto in una delle testimonianze scritte che i presidi erano forniti ma in maniera insufficiente.

Appare probabile che nell’occasione in cui il ricorrente prestò assistenza al paziente da cui avrebbe presumibilmente contratto l’epatite, la situazione d’urgenza lo spinse ad intervenire anche senza aver indossato i guanti.

Sussistono comunque giusti motivi visto l’esito del giudizio e tenuto conto del riconoscimento avvenuto in via amministrativa della malattia come dipendente da causa di servizio per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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