Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 25-02-2011, n. 7237 Sanzioni penali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Teramo, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 15.3.2010, con il quale è stato disposto il sequestro preventivo di un complesso immobiliare nei confronti di A.G. e P.M., legali rappresentanti della ditta "Grillo Centro Affari S.r.l.", indagati del reato di cui all’art. 110 c.p. e del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 44, lett. b).

Il Tribunale ha ravvisato la sussistenza del fumus del reato oggetto di indagine, essendo emerso dagli accertamenti tecnici effettuati dal consulente del P.M. che era stato realizzato un intervento edilizio con superfici maggiori rispetto a quelle consentite dalla normativa urbanistica vigente. Sul punto l’ordinanza ha osservato che, nel caso in esame, non è possibile accertare, in sede cautelare, se i titoli autorizzatoli siano frutto di un accordo illecito, se l’attività edilizia sia supportata da titoli idonei o se la stessa si sia sviluppata in difformità totale di quanto autorizzato, risultando comunque che il prodotto finale dell’attività edilizia è pari al doppio della superficie utile astrattamente conseguibile. Si afferma, conclusivamente, che il fatto storico è sintomo di una condotta catalogabile in ipotesi di reità da definire nel corso delle indagini, mentre ogni accertamento sul punto, con riferimento alle deduzioni degli istanti per il riesame, è riservato alla sede dibattimentale.

E’ stato, comunque, rilevato che, contrariamente a quanto affermato dagli indagati, il rilascio del permesso di costruire è successivo alla data dell’acquisto degli immobili e che da ultimo la pubblica amministrazione ha respinto la richiesta di rinnovo del permesso di costruire n. 63/05, sospendendone l’esame sino alla verifica dei dati relativi alle superfici ed ha avviato un procedimento di autotutela sul predetto permesso di costruire.

Il Tribunale del riesame ha, infine, ritenuto sussistenti le esigenze cautelari che giustificano il sequestro, riguardando quest’ultimo non solo le parti già costruite ma anche quelle ancora da costruire ed in quanto gli indagati hanno proseguito nell’intervento nonostante la pubblica amministrazione avesse iniziato ad adottare nei loro confronti una serie di provvedimenti limitativi, di sospensione e rigetto delle DIA. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorsi i difensori degli indagati, che la denunciano per violazione degli artt. 321 e 322 c.p.p., nonchè mancanza assoluta di motivazione. In sintesi, in entrambi i ricorsi si lamenta la omessa valutazione delle deduzioni contenute nelle richieste di riesame che, tra l’altro, facevano riferimento alle stesse risultanze della consulenza tecnica fatta espletare dal P.M..

Sul punto, con riferimento al fumus del reato, si rileva che dall’elaborato del C.T. emerge l’esistenza di una variante al piano particolareggiato con propri parametri urbanistico edilizi adottata ed approvata dal Comune di Martinsicuro nel 2003 e che i permessi di costruire n. 40/2005 (afferente alle opera di urbanizzazione primaria) e n. 65/05 (afferente ai fabbricati) risultavano conformi agli standard urbanistici previsti dalla predetta variante. In proposito si denuncia anche la violazione della normativa statale e regionale che consente l’adozione di piani attuativi in variante ai Piani Regolatori Generali. Lo stesso C.T. del P.M. sulla base di tali risultanze aveva rilevato che non emerge dalle stesse un comportamento penalmente rilevante a carico della società attualmente proprietaria del complesso.

In via generale si rileva inoltre che tutte le opere sono state realizzate in base ai citati permessi di costruire, cui risultano conformi, e non in base a DIA presentate nel corso dei lavori, le cui sorti non riguardavano il complesso immobiliare, come dimostrato dal collaudo e rilascio del certificato di agibilità di numerosi edifici. II rilascio dei permessi di costruire è precedente l’acquisto degli immobili da parte della società Grillo Affari S.r.l., risultando all’epoca sostanzialmente ultimato l’iter del procedimento per il rilascio dei provvedimenti autorizzatoli chiesti dai dante causa della società acquirente; nè a carico dei rappresentanti legali di quest’ultima è ravvisatole l’esistenza dell’elemento psicologico del reato ipotizzato.

Analoghe censure di omessa valutazione delle deduzioni degli istanti vengono formulate con riferimento all’esistenza del periculum.

Sul punito si è fatto rilevare che gli indagati si sono sempre adeguati alle determinazioni di volta in volta adottate dalla pubblica amministrazione. Le esigenze cautelari non possono essere ravvisate nella mera realizzazione delle opere che è elemento costitutivo dell’eventuale reato. L’ordinanza non ha sostanzialmente specificato quale sia il pericolo per l’assetto del territorio che la misura cautelare mira a prevenire.

I ricorsi sono fondati nei limiti che di seguito vengono precisati.

Costituisce consolidato principio di diritto che l’accertamento del fumus del reato da parte del tribunale del riesame, quale requisito per la conferma della misura cautelare reale, deve avere ad oggetto la individuazione di elementi concreti, che integrano la fattispecie sulla quale indaga la pubblica accusa, sia pure secondo le prospettazioni di quest’ultima, e non può essere limitato alla enunciazione del paradigma normativo, nè alla indicazione di elementi meramente ipotetici, (cfr. sez. un. n. 23 del 1997, Bassi ed altri, RV 206657; sez. 3^, 10.2.2004 n. 23214, P.M. in proc. Persico ed altri; sez. 3^, n. 2635 del 2006, P.M. in proc. De Palma ed altre, RV 232918).

Inoltre è stato già più volte affermato da questa Suprema Corte che il tribunale del riesame, nel verificare i presupposti per l’adozione di una misura cautelare reale, non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve valutare, sia pure nell’ambito di un accertamento sommario, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del "fumus" del reato contestato, (cfr. da ultimo:

sez. 3^, 20.5.2010 n. 27715, Barbano, RV 248134).

Ed, infatti, se è vero che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di riesame in tema di misure cautelari reali è ammissibile solo per violazione di legge, è anche vero che la totale mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, derivante dall’omessa valutazione delle deduzioni dell’istante per il riesame, integrano l’ipotesi di violazione di legge ex art. 125 c.p.p., comma 3, (cfr. sez. 4^, 21.1.2004 n. 5302, Sgherri ed altro, RV 227095; sez. un. 28.1.2004 n. 5876, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, RV 226711).

Orbene, nel caso in esame non è dato comprendere sulla base di quali elementi il Tribunale del riesame ha ritenuto configurabile il fumus del reato per il quale è stata disposta la misura cautelare, in quanto la individuazione degli elementi concreti, che dovrebbero integrare la fattispecie per la quale si procede, viene rinviata all’esito delle ulteriori indagini ed alla conseguente formulazione dell’accusa; accusa che invece deve essere individuata in termini concreti per giustificare la misura cautelare.

Il Tribunale doveva inoltre valutare compiutamente le deduzioni difensive dei ricorrenti ed a maggior ragione le risultanze dell’elaborato peritale del C.T. del P.M. di cui non si da affatto conto, se non in termini generici ritenuti conferenti con l’ipotesi accusatoria.

Anche con riferimento alla individuazione delle esigenze cautelari l’ordinanza risulta vaga, venendo riferita la stessa argomentazione sia ai fabbricati già costruiti che a quelli ancora da costruire, mentre è ben diversa la valutazione del periculum in mora nell’ipotesi in cui si tratti di immobile già ultimato, nel qual caso occorre valutare le ulteriori conseguenze derivanti dall’uso dello stesso, e, cioè, la concreta incidenza sul carico urbanistico derivante da detto uso, e nel secondo la necessità di impedire la prosecuzione dell’attività ritenuta illecita. L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto dei principi di diritto e dei rilievi che precedono.
P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Teramo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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