Cass. civ. Sez. II, Sent., 18-04-2011, n. 8875 Consob

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 26 novembre 2003 il Ministero dell’Economia e delle Finanze irrogò, su proposta della Consob, al Credito cooperativo Cassa rurale ed artigiana di Spello, con facoltà di regresso verso i responsabili, sanzioni pecuniarie ex D.Lgs. n. 58 del 1998, accertate in occasione di un’ispezione della Banca d’Italia da cui erano emerse irregolarità nell’esercizio dei servizi di investimento in strumenti finanziari ed anomale prassi dei dipendenti, in particolare in relazione all’attività posta in essere dal dipendente Ca.

S.. Per quanto qui interessa, il decreto sanzionò la Cassa anche per la condotta posta in essere dai componenti del collegio sindacale, cui contestò le violazioni dell’art. 21, comma 1, lett. d) e lett. a), decreto citato, per "inadeguatezza delle procedure stabilite per lo svolgimento dei servizi di investimento e per carenza dell’attività di controllo interno".

Avverso tale provvedimento proposero opposizione dinanzi alla Corte di appello di Perugia, L.C., C.M. e B.A., rispettivamente presidente e componenti del collegio sindacale, assumendo la nullità del decreto per violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 e della L. n. 241 del 1990, art. 2 per insussistenza della responsabilità dei sindaci e per l’erronea quantificazione delle sanzioni irrogate.

Con decreto del 4 giugno 2004, la Corte di appello di Perugia, dopo avere riconosciuto la legittimazione attiva e l’interesse dei ricorrenti alla opposizione, respinse l’impugnativa. A fondamento della propria decisione, il giudice territoriale osservò che non vi era stata violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 in quanto il termine di 90 giorni per la contestazione, decorre, nell’ipotesi di violazioni del D.Lgs. n. 58 del 1998, dal momento in cui la Consob, in composizione collegiale, ha a disposizione i risultati dell’indagine e sia investita della decisione, che il termine per l’adozione del provvedimento sanzionatorio nella materia de qua è quello di 90 giorni stabilito dal D.M. n. 304 del 1992 e non quello di 30 giorni di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2. che gli addebiti erano fondati per la ricorrenza sia dell’elemento oggettivo, alla luce della relazione dell’Ufficio ispettivo della Cassa e della relazione della Commissione interna, di cui facevano parte gli stessi opponenti, da cui risultava che l’organigramma della funzione finanza era incerto, che non vi erano procedure idonee "ad assicurare che i compiti e le responsabilità fossero allocati in modo chiaro ed appropriato" e che mancava altresì la predisposizione di misure necessarie per garantire il corretto funzionamento di controlli interni, che di quello soggettivo, per non avere le parti opposto elementi convincenti per superare la presunzione di colpa a loro carico, e, infine, quanto alla quantificazione delle sanzioni che, diversamente da quanto dedotto dagli opponenti, le violazioni si erano protratte per tutto il periodo in contestazione.

Per la cassazione di questa decisione, notificata il 23 agosto 2004, ricorrono, con atto notificato il 12 novembre 2004, L. C., C.M. e B.A., affidandosi a cinque motivi, illustrati anche da memoria. Resistono con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Commissione Nazionale per la società e la Borsa, che propongono anche ricorso incidentale, affidato a due motivi.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art 335 cod. proc. civ., in quanto proposti avverso il medesimo provvedimento.

2. Sempre in via preliminare, va dato atto che con atto notificato il 13 dicembre 2007 e depositato il 25 gennaio 2008, sottoscritto personalmente e dal proprio difensore, i ricorrenti C.M. e B.A. hanno rinunziato al ricorso. Va quindi disposta l’estinzione parziale del giudizio di cassazione in relazione a dette parti, con compensazione delle spese di lite, tenuto conto che la loro partecipazione in giudizio non ha aggravato in modo apprezzabile l’attività difensiva dei controricorrenti.

3. Va quindi esaminato per primo il ricorso incidentale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Consob, che pone questioni pregiudiziali, in grado, se accolte, di definire il giudizio.

In ordine a tale ricorso, va però esaminata preliminarmente l’eccezione sollevata dal ricorrente principale nella propria memoria, ove ha eccepito la sua inammissibilità perchè proposto oltre il termine stabilito dall’art. 370 cod. proc. civ..

L’eccezione è infondata.

Il ricorso principale risulta notificato in data 12 novembre 2004 ai controricorrenti, i quali hanno proposto il loro ricorso incidentale con atto notificato a mezzo posta il 23 dicembre 2004, ma che risulta consegnato all’ufficiale giudiziario per tale incombente il 22 dicembre 2004, come risulta da timbro del registro cronologico apposto dall’ufficiale giudiziario in calce al controricorso e ricorso incidentale. Per tale ragione l’atto va considerato tempestivo, essendo l’operazione di notificazione iniziata il quarantesimo giorno dal ricevimento del ricorso principale, vale a dire entro il termine stabilito dall’art. 370 cod. proc. civ..

Costituisce diritto vivente di questa Corte il principio che, nei casi di notificazione a mezzo del servizio postale, a seguito della pronunzia n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale, la notificazione deve ritenersi effettuata per il notificante al solo compimento delle formalità direttamente impostegli dalla legge, ossia con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario resta fermo il principio del perfezionamento della notificazione soltanto alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento del plico postale che lo contiene (Cass. n. 5853 del 2006; Cass. n. 709 del 2004; Cass. n. 6402 del 2004).

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale, con cui viene denunziata la violazione degli artt. 97 e 113 Cost., artt. 81 e 100 cod. proc. civ., L. n. 689 del 1981, artt. 6 e 22, D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195 si censura la decisione impugnata nella parte in cui ha riconosciuto la legittimazione ad agire dei ricorrenti, nonostante che l’ingiunzione fosse stata emessa non nei loro confronti, ma nei riguardi del Credito cooperativo Cassa rurale ed artigiana di Spello.

Si assume, al riguardo, che, essendo la responsabilità degli esponenti attivabile solo in via di regresso da parte dell’istituto, essa è solo eventuale, con l’effetto che la loro posizione giuridica non è incisa direttamente dal provvedimento sanzionatorio e che ad essi non può riconoscersi nè l’interesse nè la legittimazione ad agire nei confronti dell’ingiunzione.

Il secondo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione degli artt. 97 e 113 Cost., 81, 99, 100 e 102 cod. proc. civ., L. n. 689 del 1981, artt. 6, 22, 22 bis e 23, D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195, artt. 1292, 1297, 1298 e 1306 cod. civ., assumendo che l’opposizione avrebbe dovuto comunque dichiararsi inammissibile per difetto di interesse, atteso che la Cassa rurale aveva adempiuto all’ingiunzione, con conseguente estinzione della pretesa sanzionatoria.

I motivi, che possono trattarsi congiuntamente in ragione della loro evidente connessione obiettiva, sono infondati.

Risolvendo le incertezze mostrate sul punto, la questione posta dalla difesa erariale risulta infatti definitivamente risolta dall’arresto delle Sezioni unite di questa Corte, che il Collegio condivide, secondo cui in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, l’obbligatorietà dell’azione di regresso prevista dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195, comma 9, nei confronti del responsabile della violazione, comporta, anche in ragione dell’efficacia che nel relativo giudizio è destinata a spiegare la sentenza emessa nei confronti della società o dell’ente cui appartiene, che, anche qualora l’ingiunzione di pagamento sia emessa soltanto nei confronti della persona giuridica, alla persona fisica autrice della violazione dev’essere riconosciuta un’autonoma legittimazione ad opponendum, che le consenta tanto di proporre separatamente opposizione quanto di spiegare intervento adesivo autonomo nel giudizio di opposizione instaurato dalla società o dall’ente, configurandosi in quest’ultimo caso un litisconsorzio facoltativo e potendosi nel primo caso evitare un contrasto di giudicati mediante l’applicazione delle ordinarie regole in tema di connessione e riunione di procedimenti (Cass. S.U. n. 20929 del 2009).

5. Passando all’esame del ricorso principale, il primo motivo, che denunzia violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 censura la sentenza impugnata per avere affermato che il termine di 90 giorni per la contestazione, decorre, nell’ipotesi di violazioni del D.Lgs. n. 58 del 1998, dal momento in cui la Consob, in composizione collegiale, ha a disposizione i risultati dell’indagine e sia investita della decisione. Ad avviso del ricorso si tratta di un’interpretazione errata, dovendo anche nel caso di specie trovare applicazione il principio generale secondo cui detto termine decorre dall’acquisizione definitiva e completa del materiale probatorio da parte dell’organo che lo deve valutare. Diversamente ragionando si creerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento ed una evidente lesione del diritto di difesa, rimettendo sostanzialmente all’arbitrio della Consob il momento di decorrenza del termine in discorso. Ne deriva che, essendo pervenuti alla Commissione gli atti di indagine della Banca d’Italia sin dal 20 ottobre 2002 e, solo ad integrandum, il successivo 20 gennaio 2003, tale termine doveva ritenersi violato, atteso che la contestazione veniva notificata agli interessati soltanto tra il 23 ed il 28 aprile 2003.

Il ricorrente eccepisce, inoltre, che l’art. 14 citato, se interpretato nel senso fatto proprio dal primo giudice, è illegittimo per violazione degli artt. 3, 97 e 24 Cost., chiedendo che la Corte sollevi la questione dinanzi alla Corte costituzionale.

I motivo è fondato.

La statuizione impugnata ha respinto la contestazione degli opponenti sulla base della considerazione che il termine posto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14 per la contestazione dell’illecito decorre, nell’ipotesi di violazioni del D.Lgs. n. 58 del 1998, dal momento in cui la Consob, in composizione collegiale, ha a disposizione i risultati dell’indagine e sia investita della decisione. Nessun rilievo per contro è stato dato al periodo di tempo trascorso tra la trasmissione degli atti agli organi ispettivi della Consob, che il giudice territoriale accerta essere pervenuti in forma completa il 20 gennaio 2003, e la data in cui l’organo collegiale dell’ente ha ricevuto la relazione dagli stessi svolta ed è stata quindi investita della sua valutazione, indicata dallo stesso giudice al 3 aprile 2003. Questa conclusione ed il ragionamento che la sottende appare in contrasto con il più recente indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, che con la sentenza a Sezioni unite n. 5395 del 1997, ha superato il contrasto sul punto emerso tra alcune decisioni, tra cui le sentenze n. 8257 e n. 7143 del 2001, richiamate dalla Corte perugina. In particolare, tenuto conto della scissione esistente tra la constatazione e la contestazione degli addebiti, funzioni rispettivamente affidate all’organo ispettivo ed all’organo collegiale della Consob, questa Corte ha affermato si che il dies a qua del termine per la contestazione di cui all’art. 14 citato va fissato " nel giorno in cui la Commissione …, dopo l’esaurimento dell’attività ispettiva e di quella istruttoria eventualmente necessaria, è in grado di adottare le decisioni di sua competenza …", ma altresì ha precisato che, a tal riguardo, non si può non tener conto di "ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o da artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti ai suddetti organi assegnati", e che spetta al giudice di merito, laddove la violazione del termine suddetto venga eccepita dall’interessato, svolgere ogni accertamento al fine di verificare se i termini siano stati elusi, se in particolare, in relazione all’oggetto dell’indagine, la durata dell’attività ispettiva e di quella istruttoria siano state adeguate o ingiustificatamente protratte. Compete pertanto a detto giudice, ove l’interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento, individuare in concreto il momento iniziale del termine per la contestazione, avendo riguardo non al giorno in cui essa è stata compiuta, ma a quello in cui avrebbe potuto, e dovuto, esserlo. Tale valutazione – si aggiunge – va condotta tenendo conto della complessità o meno della fattispecie e quindi della valutazione assegnata agli organi ispettivi della Consob, come desumibile dalle risultanze documentali precostituite e da ogni altra circostanza, e costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito e, pertanto, incensurabile in cassazione, tanto più nel contesto di un esame limitato, ex art. 111 Cost., al riscontro di sole violazioni di legge, e non anche di carenze o vizi non radicali ed assoluti della motivazione. Tenuto conto di tali principi, che il Collegio interamente condivide, occorre dare atto che, da un lato, il giudice territoriale non ha compiuto alcuna valutazione al riguardo e, dall’altro, che la questione sollevata dal ricorrente è rilevante, cioè potenzialmente decisiva delle sorti del giudizio, considerato l’intervallo di tempo trascorso tra l’acquisizione documentale e la notifica della contestazione agli interessati.

Appare pertanto necessario, non rientrando un tale apprezzamento tra le attribuzioni di questa Corte, investire il giudice di merito del compito di valutare, considerando la complessità della fattispecie e tutte le circostanze del caso, se l’attività istruttoria svolta dalla Consob si sia svolta in un termine adeguato e ragionevole ovvero se essa si sia ingiustificatamente protratta. Il primo motivo del ricorso principale va pertanto accolto, mentre gli altri motivi vanno dichiarati assorbiti.

Il decreto impugnato è quindi cassato, con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Perugia, che provvederà alla sua decisione applicando i principi di diritto sopra indicati e provvederà anche alla liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.

riunisce i ricorsi; dichiara l’estinzione parziale del giudizio in relazione ai ricorsi proposti da C.M. e B. A. e compensa le spese tra le predette parti e le parti resistenti; rigetta il ricorso incidentale proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Consob; accoglie il primo motivo del ricorso principale proposto da L.C. e dichiara assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, il decreto impugnato e rinvia la causa ad altra Sezione della Corte di appello di Perugia, che provvederà anche sulle spese di giudizio.

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