T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 367 Obbligo dell’Amministrazione di uniformarsi al giudicato Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La deducente società impugna la deliberazione del 24 settembre 2010 con la quale l’Assemblea dell’ATO TA/1 ha proceduto alla modifica, in senso peggiorativo per l’interessata, della rivalutazione tariffaria relativa al conferimento di rifiuti solidi urbani presso l’impianto da essa gestito, così come disposta dal Commissario ad acta, dott. F.B..

La società lamenta, più in dettaglio, la violazione dell’art 117, comma 4 codice processo amministrativo;

assume che il provvedimento è stato adottato in difetto delle necessarie garanzie partecipative; infine, si sostiene che l’atto impugnato è frutto di istruttoria difettosa in ordine alla applicazione dei parametri che conducono alla rivalutazione della tariffa in argomento.

Si è costituito in giudizio il Consorzio ATO per la Gestione dei Rifiuti – Bacino TA/1 per resistere al ricorso del quale ha chiesto il respingimento nel merito.

La tesi propugnata dalla difesa del consorzio fa leva sulla sussistenza di uno spazio residuo di discrezionalità amministrativa in capo all’autorità amministrativa di settore, pur dopo l’intervento del commissario ad acta nominato dal Giudice, il quale non esaurisce gli ambiti entro i quali può esercitarsi il potere di scelta dell’amministrazione.

Alla camera di consiglio del 26 gennaio 2011, la controversia è passata in decisione ai sensi dell’art 60 c.p.a.
Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento.

La questione di diritto che il Collegio è chiamato a risolvere attiene effettivamente alla sussistenza, in capo alla P.a., di un residuo spazio di discrezionalità in seguito all’intervento del Commissario ad acta, nominato dal Giudice del caso concreto.

Ci si chiede, in definitiva, se le determinazioni del commissario ad acta possano essere modificate dalla P. a. di settore.

La risposta al quesito non può che essere negativa.

Militano in questa direzione plurimi indicatori normativi, tra i quali deve essere posto in risalto, in primo luogo, quello che si desume dall’art. 21 del codice del processo amministrativo.

La norma in questione, nel disporre che " nell’ambito della propria giurisdizione, il giudice amministrativo, se deve sostituirsi all’amministrazione, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta" implica un deciso mutamento di prospettiva nello specifico settore della disciplina degli organi chiamati a svolgere funzioni di tipo collaborativo o, per così dire, ancillare rispetto all’esercizio proprio della funzione giusdicente.

La norma che si commenta permette senz’altro di ritenere che il Commissario ad acta si atteggia quale "ausiliario " del giudice, ossia organo che, per quanto si desume dalla stessa disposizione normativa, agisce quale longa manus del giudice, la cui volontà di attuazione della norma nel caso concreto è chiamato a esternare.

In questa prospettiva, del resto, assume particolare rilevanza anche lo specifico ambito di giurisdizione entro il quale si svolge la funzione ascritta al commissario ad acta.

Si tratta, infatti, di giurisdizione di merito, ambito entro il quale si colloca il giudizio di ottemperanza coltivato al fine di dare esecuzione integrale al comando recato in sentenza.

Ma proprio il fatto che si verte in ambito di giurisdizione di merito implica la concreta possibilità, per il giudice, di sostituirsi alla amministrazione.

Ne deriva che la statuizione del giudice si invera nella determinazione del commissario ad acta, la quale integra senz’altro, attraverso la nomina compiuta nel corso del giudizio di ottemperanza, la volontà di attuazione della norma nel caso concreto.

Questo significa che la P.a. è tenuta a conformarsi in tutto e per tutto alle determinazioni del commissario ad acta, attraverso le quali si manifesta la volontà di esercizio della funzione giurisdizionale nella fattispecie concreta.

Si deve osservare, d’altra parte, che il codice del processo amministrativo ha introdotto uno specifico rimedio al fine di dirimere ogni specifica questione concernente gli atti adottati dal commissario ad acta, poiché l’art 117, comma 4, puntualmente evocato dalla difesa della società deducente, stabilisce che " il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario".

Ciò vuol dire che la P.a. non ha alcuna discrezionalità nel dare attuazione a quanto stabilito dal commissario ad acta conservando, semmai, la facoltà di sollecitare l’intervento del giudice qualora insorgano dubbi interpretativi circa la portata applicativa del provvedimento, così come delineato dal commissario ad acta,o di adire il giudice per il contrasto fra l’atto del commissario ad acta e la pronuncia che lo stesso è chiamato ad eseguire o,infine,per l’erroneo esercizio del potere discrezionale allo stesso attribuito.

E" pertanto illegittimo il provvedimento con il quale l’Autorità amministrativa di settore, chiamata a conformarsi ad una precedente statuizione giurisdizionale della cui esatta esecuzione si controverte, cui sia stata data concretezza attraverso un atto del commissario ad acta, si determini autonomamente nel senso di modificare quanto stabilito dal predetto organo ausiliario del giudice, in difetto di ricorso ex art 117, comma 4.

Il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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