Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-01-2011) 25-02-2011, n. 7506

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, priva della indicazione della data di deliberazione depositata il 9 luglio 2009, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto la richiesta del condannato S.P. pel riconoscimento della continuazione tra i reati (non meglio indicati se non con generico accenno alla natura associativa), oggetto delle sentenze della Corte di appello di Napoli 7 ottobre 2002 (irrevocabile dal 2 ottobre 2003), di conferma della condanna del Tribunale ordinario di Nola, 12 luglio 2001, e 5 aprile 2007 (irrevocabile dal 5 ottobre 2007) di parziale riforma della condanna del giudice della udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli 5 aprile 2007, motivando: prive di pregio sono le deduzioni difensive circa la matrice associativa dei reati e l’ambito territoriale della loro perpetrazione; S. si dissociò dal clan Nuzzo "per formare un proprio gruppo"; dopo essere stato tratto in arresto, durante la carcerazione si associò al clan Crimaldi – Tortora; la consumazione dei delitti giudicati colla prima sentenza non si è protratta oltre l’agosto del 1995, mentre la perpetrazione dei reati giudicati colla seconda sentenza è incoata nell’agosto del 2002; S. si è inserito in associazioni camorristiche diverse; il generico "piano di attività delinquenziali", estrinsecatosi nella adesione ad associazioni "formatesi in relazione a situazioni nuove e imprevedibili non vale a integrare la identità del disegno criminoso.

2. – Ricorre per Cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Abet Antonio, mediante atto recante la data del 9 settembre 2009, col quale dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) violazione dell’art. 671 c.p.p. e art. 81 c.p., nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, deducendo: la Corte territoriale non ha indicato i motivi del rigetto della richiesta del condannato; tutti i delitti sono stati commessi nel territorio di (OMISSIS); l’arco temporale è "alquanto breve"; è "indubitabile" il contesto associativo dei reati; S. aveva inizialmente aderito alla associazione camorristica, denominata clan Nuzzo; tale gruppo fu poi soppiantato dal clan Tortora – Crimaldi che "assorbì" alcuni degli affiliati del gruppo antagonista; S., tosto che fu scarcerato si associò nuovamente alle stesse persone;

la condanna, successivamente riportata per il delitto associativo, concerne l’adesione a consorteria la quale costituisce "la continuazione genetica del clan Nuzzo"; la seconda condanna ha fatto riferimento all’accertamento contenuto nella prima sentenza; è "eccessiva" la pretesa di esigere pel riconoscimento della continuazione "una dettagliata programmazione ed una analitica deliberazione" delle attività delittuose; basta "la genericità della programmazione e della deliberazione"; è compatibile colla continuazione la partecipazione "a più sodalizi criminosi"; il giudice della esecuzione non ha chiarito le ragioni della distinzione tra le "due associazioni che in un breve arco di temporale hanno controllato la stessa porzione di territorio, avvalendosi in molti casi dei medesimi uomini". 3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 13 luglio 2010, obietta: i motivi a sostegno del ricorso "costituiscono censura in punto di fatto della decisione impugnata". 4.- Il ricorso è manifestamente infondato.

4.1 – Non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

4.2 – Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per Cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 4.3 – Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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