T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 164 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso la sig.ra M.V. – studentessa della V C presso l’Istituto di Istruzione Superiore "Michelangelo Buonarroti" di Guspini – impugna gli atti meglio descritti in epigrafe con cui la Commissione d’Esame CATF30001 le ha assegnato, nell’esame di stato dell’anno scolastico 2009/2010, conclusivo del corso di studi di Informatica, il voto finale di 56/100, decretandone la bocciatura.

A sostegno del gravame deduce censure varie di violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, depositando memoria con cui si è opposta all’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 26/1/2011 la causa, su richiesta delle parti, è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

Col primo motivo la ricorrente deduce in primo luogo violazione dell’art. 15, comma 5, dell’ O.M. 44/2010, in base al quale: "La Commissione d’Esame dispone di 45 punti per la valutazione delle prove scritte ripartiti in parti uguali tra le tre prove: a ciascuna delle prove scritte giudicata sufficiente non può essere attribuito un punteggio inferiore a 10".

Nel predisporre la griglia di valutazione relativa alla seconda prova scritta la Commissione esaminatrice ha individuato 4 sub elementi di giudizio: "analisi del problema" (punteggio massimo 4), "schema concettuale" (punteggio massimo 5), "schema logico" (punteggio massimo 3) e progettazione parte web" (punteggio massimo 3), prevedendo, per ciascun sub criterio, diversi livelli di valore ("insufficiente", "scarso", "mediocre", "quasi sufficiente- sufficiente", "più che sufficiente – discreto"e "buono ottimo") con il relativo sottopunteggio.

Sommando i vari sub punteggi relativi livello di valore "sufficiente" si arriverebbe, però, a 8/15 e non a 10/15 come previsto dall’invocato art. 15, comma 5, dell’ O.M. 44/2010, di modo che, si sostiene, se la commissione avesse correttamente parametrato i sottopunteggi (così come ha fatto il Consiglio di classe della V C ai fini della valutazione degli studenti), la ricorrente, che nei vari sub elementi di valutazione ha conseguito tutti giudizi positivi, avrebbe ottenuto molto di più dei 10/15 ottenuti.

L’operato della Commissione d’Esame, risulterebbe inoltre viziato da illogicità e disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri maturandi valutati da commissioni esaminatrici che hanno correttamente formulato la griglia di valutazione.

La censura è infondata.

Occorre intanto precisare che l’invocato art. 15, comma 5, dell’ O.M. 44/2010 ("recante istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di II grado nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2009/2010"), non contiene alcuna prescrizione che imponga di attribuire alle valutazioni che superano la sufficienza un punteggio proporzionalmente superiore a 10, limitandosi soltanto a fissare tale soglia minima laddove la prova scritta sia giudicata sufficiente.

Né l’operato della Commissione può ritenersi viziato da illogicità.

Ed invero, nell’esercizio del potere di apprezzamento tecnico riconosciutole, l’anzidetto organo collegiale ben poteva predisporre, così come ha fatto, criteri di giudizio che, fatto salvo il minimo di 10/15 per le prove giudicate sufficienti, privilegiassero, nell’assegnazione di punteggi superiori, il conseguimento di valutazioni molto elevate.

Nel caso di specie, come emerge dalla griglia di valutazione della seconda prova scritta, la ricorrente nei sub elementi di valutazione "schema logico" (massimo punti 3) e "progettazione parte web" (massimo punti 3) è stata rispettivamente giudicata "buono – ottimo" e "discreto – ottimo" (in ambedue i casi con punti 2,5), mentre nei restanti due sub elementi "analisi del problema" (massimo 4 punti) e "schema concettuale" (massimo 5 punti) ha rispettivamente ottenuto i giudizi di "più che sufficiente – discreto" (con punti 2,5) e "quasi sufficiente – sufficiente" (con punti 2,5).

Quindi, a ben vedere, l’odierna istante ha conseguito giudizi molto positivi

nei due sub elementi che avevano un peso inferiore (3 punti ciascuno), a fronte di valutazioni meno lusinghiere nei due indicatori con valore ponderale maggiore, il che giustifica e rende plausibile una complessiva valutazione tradottasi in un punteggio di 10/15.

E contrariamente a quanto la ricorrente afferma nella memoria difensiva depositata in data 23/12/2010, tale modus operandi non è smentito ma anzi trova conferma nella relazione, a firma del presidente della commissione, depositata in giudizio dall’amministrazione resistente laddove si legge che "la valutazione è stata vista nei suoi indicatori formativi piuttosto che solo ed esclusivamente nei suoi aspetti misurativi".

Quanto alla dedotta disparità di trattamento è sufficiente rilevare che il vizio può essere ipotizzato solo in relazione ad attività discrezionali del medesimo organo che di fronte a situazioni identiche (di cui l’interessato deve fornire la rigorosa prova), compia scelte dettate da criteri disomogenei. Con la conseguenza che la detta figura sintomatica di eccesso di potere non è di per sè configurabile nel caso di atti promananti da autorità diverse (cfr. T.A.R. Lazio – Roma, III Sez., 22/6/2006, n. 5038; T.A.R. Puglia – Bari, I Sez., 17/7/2002, n. 3369; Cons. Stato IV Sez., 18/12/1986, n. 863).

Col secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione l’art. 16, comma 8, della citata O.M. in base al quale "la commissione d’esame dispone di 30 punti per la valutazione del colloquio. Al colloquio giudicato sufficiente non può essere attribuito un punteggio inferiore a sufficiente".

Anche in questo caso, asserisce l’istante, sommando i punti dei giudizi di "sufficiente" previsti dalla griglia di valutazione relativa al colloquio, per ciascun singolo indicatore, non si raggiungerebbe il punteggio di 20.

La censura è inammissibile.

La ricorrente ha, infatti, ottenuto, nella prova orale, soltanto 15 punti in quanto la prova stessa è stata giudicata "non pienamente rispondente ai parametri definiti come sufficienti".

Ne consegue, dunque, che la medesima non ha interesse a prospettare censure che avrebbero potuto assumere rilievo soltanto nell’ipotesi che la sua valutazione fosse stata "sufficiente".

Col terzo motivo si lamenta che la Commissione, non avrebbe scrupolosamente verbalizzato tutte le fasi relative all’attribuzione del punteggio del colloquio, così come prescritto dall’art. 16, comma 9, della O.M. 44/2010, in base al quale, in caso di contrasto di giudizi, occorre dar conto a verbale della procedura di formazione della maggioranza e dall’art. 19 della medesima O.M..

La doglianza non merita accoglimento.

Il richiamato art. 16, comma 9, stabilisce, per quanto qui rileva, che il punteggio del colloquio venga "attribuito dall’intera commissione a maggioranza, compreso il presidente, secondo i criteri di valutazione stabiliti come previsto dall’art. 13, comma 10 e con l’osservanza della procedura di cui all’art. 15 comma 7".

Quest’ultimo prevede a sua volta che laddove siano "proposti più di due punteggi e non sia stata raggiunta la maggioranza assoluta, la commissione vota su proposte del presidente a partire dal punteggio più alto proposto, a scendere. Ove su nessuna delle proposte sia stata raggiunta la maggioranza il presidente attribuisce al candidato il punteggio risultante dalla media aritmetica dei punti proposti e procede all’eventuale arrotondamento al numero intero più approssimato. Di tali operazioni è dato dettagliato e motivato conto nel verbale. Non è ammessa l’astensione dal giudizio da parte dei singoli componenti…".

Nel caso di specie, dalla scheda personale della ricorrente si evince che il voto sulla prova orale è stato attribuito a maggioranza, e dal verbale n. 15 recante i punteggi dei colloqui, emerge, con riguardo alla stessa ricorrente,

che la procedura seguita è quella di cui all’art. 15, comma 7. Non sono però, puntualmente descritti i vari passaggi previsti dalla suddetta norma.

Orbene, ritiene il Collegio che la rilevata carenza del verbale si risolva in una mera irregolarità priva di effetti vizianti sul giudizio espresso dalla Commissione, posto che in ogni caso non sussistono dubbi (né la ricorrente li ha esternati) in ordine al fatto che l’esito della prova sia risultato insoddisfacente.

Né a diversa soluzione può giungersi in considerazione di quanto prescritto dall’art. 19 della invocata O.M. il quale detta prescrizioni di massima su tutte le verbalizzazioni della Commissione, la cui inosservanza, di per sé, non inficia le attività compiute.

E’ infine privo di pregio il quarto motivo.

Lamenta la ricorrente che in relazione alla terza prova scritta sarebbe stato violato l’art. 12, comma 7, dell’ O.M. 44/2010, il quale imponeva alla commissione di definire collegialmente la struttura della suddetta prova entro il 24 giugno. Nel caso di specie, infatti, due delle materie originariamente prescelte sono state variate lo stesso giorno della prova.

Al riguardo è sufficiente rilevare che l’invocata norma, laddove prescrive che la commissione stabilisca la struttura della prova in parola entro il giorno precedente a quello fissato per l’esame, pone un termine di natura ordinatoria la cui inosservanza non determina alcuna lesione degli interessi dei candidati, atteso che a costoro, per espressa disposizione del medesimo comma 7, non dev’essere data preventiva comunicazione delle materie prescelte.

In definitiva il ricorso non merita accoglimento.

Spese ed onorari di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’intimata amministrazione, liquidandole forfettariamente in complessivi Euro 2.000/00 (duemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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