Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-01-2011) 25-02-2011, n. 7456

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello de L’Aquila, oltre a respingere l’autonomo appello proposto dalle parti civili, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza emessa in data 12 luglio 2004 dal Tribunale di Vasto, che aveva assolto per insussistenza del fatto C. A. dai delitti di ingiurie e minacce lui ascritti.

Aveva rilevato la Corte territoriale che l’impugnazione del Pubblico Ministero era generica, essendosi limitata a far proprie le argomentazioni contenute nell’istanza di impugnazione ai fini penali presentata dalle parti civili ai sensi dell’art. 572 c.p.p..

Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello sostenendo che legittimamente l’ufficio aveva fatto proprie le argomentazioni degli istanti, non limitandosi ad un mero generico rinvio, ma riportando completamente le relative argomentazioni, che contenevano censure alle valutazioni in tema di prova dei fatti, elaborate nell’istanza che era stata allegata alla dichiarazione di appello.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato l’art. 581 c.p.p., omettendo di considerare come il riferimento contenuto nell’atto di appello fosse al testo dell’istanza predisposta dalle p.c, contenente argomentazioni sui difetti motivazionali della sentenza di primo grado rilevanti anche ai fini del giudizio di responsabilità penale, che veniva allegato e dichiarato dall’impugnante come parte integrante del proprio atto di gravame.

Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato.

Invero l’atto di impugnazione della Procura della Repubblica di Vasto conteneva un inequivoco riferimento al contenuto di un atto al quale il Pubblico Ministero non si era solo limitato a far riferimento, ma che aveva fisicamente allegato alla propria impugnazione, espressamente dichiarando che quel testo doveva essere considerato quale parte integrante della stessa, in tal modo facendone proprie le argomentazioni.

Secondo la giurisprudenza negli esatti termini di questa Corte (cfr.

Sez. 4, sent. n. 27824 del 28/4/2009, Rv. 244687, rie. Amoroso e altri) è ammissibile il ricorso per cassazione del P.M. che ripeta argomentazioni e deduzioni rinvenibili nel ricorso delle parti private, poichè anche in tal modo il ricorrente, nella piena autonomia che gli compete, assume la paternità di coincidenti e sovrapponibili profili di doglianza.

Così, erroneamente la Corte di merito ha considerato generico l’appello del Pubblico Ministero, omettendo di prenderne in considerazione le diffuse doglianze. Non resta quindi al Collegio che annullare il provvedimento impugnato limitatamente alla declaratoria di inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero.

Peraltro la Corte deve prendere atto della prescrizione dei reati, essendo da tempo scaduto il relativo termine, come già rilevato dalla Corte di merito.

L’annullamento della sentenza impugnata, non può quindi comportare rinvio al giudice del merito per la valutazione dell’impugnazione agli effetti penali, dovendosi applicare il disposto dell’art. 129, cpv. c.p.p., necessitato a fronte dell’accertamento di insussistenza del fatto contenuto nella sentenza di primo grado.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla declaratoria di inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero e visto l’art. 129 c.p.p., conferma la decisione di primo grado.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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