T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 333

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato il 24 settembre 2009 e depositato il giorno 30 successivo, la signora C.G., premesso di essere titolare dell’attività commerciale, avente ditta "L.S.D.G.", con sede in Pantelleria, esponeva di avere acquistato la titolarità dell’immobile censito in catasto alle particelle n. 1041 e n. 1042 a seguito di successione mortis causa dal proprio padre.

Tale immobile, unitamente ad altre particelle confinanti, era stato utilizzato nel tempo quale stabilimento vinicolo, il quale, insieme ad altri edifici (tra i quali il palazzo municipale, ove era custodita la documentazione catastale dell’isola), era stato parzialmente distrutto in seguito degli eventi bellici dell’ultimo conflitto mondiale.

Conseguentemente la più antica pianta catastale dell’UTE rinvenibile presso gli archivi comunali risaliva al 1953.

L’anno precedente e, precisamente, il 10 settembre 1952, si era proceduto alle misurazioni necessarie al fine di delimitare il demanio pubblico marittimo nella zona portuale di Pantelleria.

A tale riunione erano stati invitati tutti i proprietari degli immobili prospicienti la parte di litorale interessato dalle misurazioni, tranne la famiglia C., che, conseguentemente non aveva avuto alcuna notizia né delle risultanze delle misurazioni, né delle conseguenti acquisizioni al demanio marittimo di porzioni di terreni di propria proprietà.

Sulla base di tale delimitazione, con ingiunzione n. 11 del Registro I. S, anno 2009 del 7 luglio 2009, l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente – Demanio Marittimo Servizio 9, aveva ingiunto la rimozione, entro il termine di otto giorni dalla data di notifica, di alcune opere asseritamente realizzate sul pubblico demanio marittimo.

La ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di tale provvedimento.

Si è, in via preliminare, soffermata sulla questione relativa alla giurisdizione, sostenendo che la controversia rientrava in quella del giudice amministrativo, stante che aveva ad oggetto il cattivo e scorretto esercizio di una attività discrezionale.

Il ricorso è stato affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 97 della Cost., degli artt. 7 e ss. della l. n. 241/1990. Violazione dei principi del procedimento amministrativo in tema di collaborazione tra amministrazione e cittadini. Eccesso di potere.

L’ingiunzione di sgombero sarebbe illegittima, in quanto non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.

2) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 42 della Cost., dell’art. 32 del codice della navigazione. Violazione dei principi del procedimento amministrativo in tema di collaborazione tra amministrazione e cittadini. Eccesso di potere. Illogicità manifesta e travisamento dei fatti.

Sia l’ingiunzione di sgombero che il provvedimento di delimitazione del demanio marittimo sarebbero illegittimi in conseguenza della mancata partecipazione della famiglia C. alle operazioni di delimitazione ex art. 32 cod. nav..

La ricorrente ha, altresì, chiesto l’accertamento della illegittimità della delimitazione dell’area demaniale marittima effettuata con atto del 10 settembre 1952.

Per le Amministrazioni Intimate si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Con ordinanza n. 969 del 13 ottobre 2009 l’istanza cautelare è stata accolta.

Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

Il gravame ha ad oggetto il provvedimento, con il quale è stata ingiunta la rimozione di alcune opere asseritamente realizzate sul pubblico demanio marittimo nel Comune di Pantelleria.

Si deduce, in particolare, l’illegittimità della delimitazione dell’area, effettuata con atto del 10 settembre 1952, mai notificato alla ricorrente, né ai suoi danti causa e si chiede, conseguentemente, l’accertamento della piena titolarità delle particelle di cui all’ingiunzione.

Preliminarmente va esaminato il problema relativo alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, che, ad avviso del Collegio, va risolto negativamente, alla luce di un condiviso recente pronunciamento del Consiglio di Stato, alle cui diffuse motivazioni, per ragioni di sintesi, si rinvia, secondo il quale, in materia di delimitazione del demanio rispetto alla proprietà privata, la p.a. non esercita un potere autoritativo costitutivo, ma si limita ad accertare l’esatto confine demaniale. Siffatto accertamento, pur svolgendosi con le forme del procedimento amministrativo, ha carattere vincolato, non comporta la spendita di potere amministrativo discrezionale ed è inidoneo a degradare il diritto di proprietà privata in interesse legittimo, trattandosi appunto, di un atto di accertamento e non di un atto ablatorio, da qualificare come autotutela privatistica speciale e non come attività provvedimentale discrezionale. Pertanto, secondo l’ordinario criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, in difetto di norma attributiva al giudice amministrativo di giurisdizione esclusiva, le controversie di cui all’art. 32 cod. nav. rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario (decisione n. 7147 del 24 settembre 2010).

Per completezza, va, peraltro, rilevato che ad identica conclusione può giungersi anche sulla base della tesi della c.d. doppia tutela (ritenuta condivisibilmente non convincente nel succitato precedente giurisprudenziale), secondo la quale, quando si intende contestare l’esistenza della proprietà demaniale e quindi il potere in sé, la cognizione appartiene al g.o., che potrà eventualmente disapplicare il provvedimento, che illegittimamente ha decretato la demanialità delle aree, mentre, ove si contestino esclusivamente aspetti procedimentali, la giurisdizione resta incardinata davanti al g.a..

Sulla base di tale principio si è, in particolare, ritenuto che sussiste la giurisdizione amministrativa qualora il ricorso proposto contro una ingiunzione di sgombero di area demaniale marittima lamenti lo scorretto esercizio dei poteri di autotutela dell’autorità marittima, in particolare sotto il profilo della omessa effettuazione della delimitazione del demanio marittimo ai sensi dell’art. 32 cod. nav., e dell’art. 58 del relativo regolamento di esecuzione (Consiglio Stato, VI, 14 ottobre 2004, n. 6655 e TAR Sicilia Palermo, I, 24 marzo 2003, n. 385).

Nell’ambito di tale orientamento si è, però, anche condivisibilmente affermato che allorché le contestazioni del privato dinanzi al g.a., anche se rivolte in parte ad evidenziare la violazione delle garanzie procedimentali, abbiano quale principale obiettivo la tutela del diritto di proprietà su tali aree, la controversia va devoluta alla giurisdizione all’autorità giudiziaria ordinaria (vedi TAR Veneto, I, 22 marzo 2010, n. 874).

Nella specie, dalle censure dedotte e dalle richieste avanzate dalla ricorrente risulta che il petitum sostanziale attiene alla tutela di un diritto soggettivo di proprietà sulle aree che, in conseguenza degli accertamenti effettuati, sono state comprese entro il confine demaniale.

In conclusione, per tutte le considerazioni sin qui svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con la conseguente applicazione del principio della translatio iudicii, codificato nell’art. 11 del cod. proc. amm., laddove si statuisce che quando viene declinata la giurisdizione a favore di quella di altro giudice nazionale (nella specie giudice ordinario), ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia, che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile, ferma restando la possibilità di dare corso alla "translatio judicii", nei modi e nei termini di legge.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori, se e in quanto dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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