T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 24-02-2011, n. 332 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato il 19 giugno 2009 e depositato il 24 luglio successivo, il signor G.G. esponeva che, con sentenza n. 2503 del 13 settembre 2005, divenuta irrevocabile il 2 maggio 2006, il Tribunale di Palermo, sezione V penale, aveva condannato il proprio figlio F. alla pena di anni uno di reclusione e Euro 200,00 di multa.

Con tale sentenza era stato ordinato il dissequestro e la restituzione all’avente diritto della rivoltella Colt calibro 38, nonché la confisca e la distruzione delle armi da taglio sequestrate.

Con successiva decisione del 27 aprile 2007, era stata disposta la restituzione agli aventi diritto delle cartucce.

Con decisione del 13 luglio 2007, il Tribunale di Palermo, sezione V penale aveva revocato il provvedimento di restituzione della rivoltella Colt calibro 38 e delle cartucce, ordinandone la confisca e l’inoltro al Serimant competente.

Tale decisione era stata motivata con riferimento alla circostanza che, con decreto prefettizio dell’11 novembre 2005, era stato fatto temporaneo divieto al signor G.G. di detenere armi e munizioni e questi non aveva, nei termini assegnatigli, comunicato il nominativo del consegnatario delle armi, di cui era stata disposta la restituzione.

In data 1° luglio 2008, aveva proposto istanza, ex art. 676 c.p.p., al Tribunale di Palermo, che la aveva respinta con decisione del 17 settembre 2008, rilevando che alla restituzione dell’arma e delle cartucce ostava l’intervenuta confisca in sede amministrativa delle stesse, evidenziando che era incontestata la circostanza della inottemperanza alle prescrizioni impartite con il decreto prefettizio dell’11 novembre 2005.

In data 1° dicembre 2008, aveva riproposto tale istanza, che era, però, stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Palermo, con decisione del 9 gennaio 2009.

Con nota del 20 novembre 2008, aveva invitato la Prefettura e la Questura di Palermo a non distruggere la rivoltella e le cartucce durante il tempo necessario a tutelare le proprie pretese davanti al giudice amministrativo.

Tale istanza era stata riscontrata dalla Prefettura con nota prot. n. 65192 dell’8 gennaio 2009, nella quale era stato comunicato che le armi e munizioni non cedute nei termini prescritti dal divieto di detenzione precedentemente emesso si intendevano confiscate e dovevano essere versate ai competenti organi militari.

Con atto stragiudiziario dell’11 marzo 2009, aveva invitato la Prefettura a comunicare se, successivamente al divieto di detenzione armi e munizioni prot. n. 36989/area I ter dell’11 novembre 2005, era stato emesso provvedimento di confisca definitiva.

Aveva rappresentato che non aveva provveduto alla consegna nei termini assegnatigli della rivoltella e delle cartucce, in quanto indotto in errore dal personale di P.G. del commissariato di Brancaccio, che gli aveva rappresentato che a tale adempimento ostava la sottoposizione a sequestro giudiziale di tali armi.

Aveva, pertanto, invitato il Prefetto ed il Questore a porre in essere tutti gli atti necessari a sospendere la distruzione della rivoltella e delle cartucce durante il tempo necessario a fare valere il suo diritto davanti al giudice amministrativo.

Con nota prot. n. 23229/ area I ter del 14 aprile 2009, la Prefettura di Palermo, aveva ribadito quanto già comunicato con la precedente nota prot. n. 65192 dell’8 gennaio 2009.

Aveva, altresì, reso noto che, con nota prot. n. P. 4/2005 – Sez. PG Vol. del 9 aprile 2009, la Questura di Palermo aveva comunicato di avere, in ottemperanza a quanto disposto dall’autorità giudiziaria, effettuato il versamento dell’arma (revolver Colt cal. 38 matricola 74877) e delle 25 cartucce cal. 38 per la distruzione presso il Serimant di Palermo.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, dei provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:

1) Travisamento dei fatti.

La prescrizione di nominare un custode della pistola e delle cartucce, contenuta nel decreto prefettizio dell’11 novembre 2005, non sarebbe stata ottemperata, in quanto personale di P.G. del commissariato di Brancaccio aveva rappresentato che a tale adempimento ostava la sottoposizione a sequestro giudiziale di tali armi.

Tale errore non potrebbe ricadere sul ricorrente.

2) Erronea attribuzione di efficacia definitiva al divieto di detenzione armi dell’11 novembre 2005. Eccesso di potere.

Il decreto prefettizio avrebbe carattere cautelare e non rappresenterebbe adeguato presupposto giustificativo della confisca e dell’ordine di distruzione successivamente disposti.

3) Violazione del’art. 39 del TULPS. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990.

Il divieto di detenzione armi e munizioni non sarebbe stato adeguatamente motivato.

4) Violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990.

Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Con ordinanza n. 957 del 13 ottobre 2009, l’istanza cautelare è stata accolta limitatamente alla paventata distruzione delle armi in questione.

Con memoria depositata in vista della udienza, il ricorrente ha insistito nelle proprie domande.

Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

1. La controversia ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il Prefetto di Palermo ha comunicato che le armi e munizioni di proprietà del signor G.G. (ricorrente), non cedute nei termini prescritti dal divieto di detenzione precedentemente emesso, si intendevano confiscate e dovevano essere versate ai competenti organi militari, rappresentando, altresì, che la Questura di Palermo aveva reso noto di avere consegnato le stesse per la distruzione.

Preliminarmente va fatto un sintetico riferimento ai principali fatti di causa.

Con sentenza n. 2503 del 13 settembre 2005, integrata da decisione del 27 aprile 2007, il Tribunale di Palermo, sezione V penale, aveva condannato il figlio di uno dei ricorrenti (i.e. G.G.) alla pena di anni uno di reclusione e Euro 200,00 di multa, ordinando il dissequestro e la restituzione all’avente diritto (i.e. il padre) della rivoltella Colt calibro 38 e delle cartucce precedentemente sequestrate.

Con decreto prot. n. 36989/area I ter dell’11 novembre 2005, il Prefetto di Palermo aveva vietato al signor G.G. di detenere armi, invitandolo a cedere, entro 20 giorni dalla notifica, quelle eventualmente in suo possesso ad un terzo non convivente, con l’avvertenza che, trascorso tale termine, le stesse, se eventualmente ancora detenute, sarebbero state confiscate.

Con decisione del 13 luglio 2007, il Tribunale di Palermo, sezione V penale, aveva revocato il provvedimento di restituzione delle armi in questione, ordinandone la confisca e l’inoltro al Serimant competente, stante che, nel termine assegnato dal divieto prefettizio, non era stato comunicato il nominativo del consegnatario.

Il signor G.G., in data 1° luglio 2008, aveva, pertanto, proposto istanza, ex art. 676 c.p.p., al Tribunale di Palermo, che la aveva respinta con decisione del 17 settembre 2008, rilevando che alla restituzione dell’arma e delle cartucce ostava l’intervenuta confisca in sede amministrativa delle stesse, essendo incontestata la circostanza della inottemperanza alle prescrizioni di cui al decreto prefettizio dell’11 novembre 2005.

In data 1° dicembre 2008, aveva riproposto tale istanza, che era, però, stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Palermo, con decisione del 9 gennaio 2009.

Con note prot. n. 65192 dell’8 gennaio 2009 e prot. n. 23229/ area I ter del 14 aprile 2009 (provvedimento impugnato) la Prefettura di Palermo aveva comunicato che le armi e munizioni non cedute nei termini prescritti dal divieto di detenzione precedentemente emesso si intendevano confiscate e dovevano essere versate ai competenti organi militari.

2. Ciò premesso, può procedersi all’esame del merito del ricorso.

Con il primo motivo si deduce che la prescrizione di nominare un custode della pistola e delle cartucce, contenuta nel decreto prefettizio dell’11 novembre 2005, non sarebbe stata ottemperata, in quanto personale di P.G. del commissariato di Brancaccio aveva rappresentato che a tale adempimento ostava la sottoposizione delle stesse a sequestro giudiziale.

La censura è infondata, in quanto ad eventuali erronee indicazioni date da personale della polizia di Stato non può attribuirsi valenza scusante rispetto all’inadempimento della chiara prescrizione di nomina del custode contenuta nel decreto prefettizio dell’11 novembre 2005.

In tal senso si è, peraltro, pronunciato anche il Tribunale di Palermo, il quale, come detto, ha respinto l’istanza ex art. 676 c.p.p., presentata dal signor G., rilevando il valore troncante dell’inadempimento alle prescrizioni impartite dal Prefetto di Palermo.

3. Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale si deduce che il decreto prefettizio prot. n. 36989/area I ter dell’11 novembre 2005, contenente il divieto di detenzione di armi e munizioni, avrebbe carattere cautelare e non rappresenterebbe adeguato presupposto giustificativo della confisca e dell’ordine di distruzione successivamente disposti.

Il decreto in questione prevedeva, infatti, espressamente l’obbligo del signor G.G. di cedere, entro 20 giorni dalla notifica, le armi eventualmente in suo possesso ad un terzo non convivente, con l’avvertenza che, trascorso tale termine, si sarebbe provveduto alla loro confisca.

Trattavasi di provvedimento, avente carattere di definitività, la cui violazione ha comportato, quale atto dovuto, la confisca delle armi in questione e la loro consegna per la distruzione.

4. Inammissibile è, invece, il terzo motivo, con il quale si deduce che il divieto di detenzione armi e munizioni non sarebbe stato adeguatamente motivato, trattandosi di censura rivolta avverso un provvedimento (i.e. decreto prefettizio prot. n. 36989/area I ter dell’11 novembre 2005), che, in quanto non impugnato nei termini, è divenuto inoppugnabile.

5. Infondato è invece l’ultimo motivo, avente ad oggetto la violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990, dovendosi fare riferimento all’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale le norme che impongono l’osservanza degli adempimenti procedimentali di cui agli artt. 7, 8 e 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241 vanno interpretate alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che richiede al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale (per tutte Consiglio Stato, V, 29 dicembre 2009, n. 8831).

Concludendo, in forza di quanto esposto, il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.

Le spese vanno compensate in ragione del diverso pronunciamento in sede cautelare e di merito.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile, mentre per la restante parte, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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