T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, Sent., 25-02-2011, n. 91 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti espongono:

– di essere la società proprietaria di un’area censita al fg. 1, part. 160 del Comune di Castellalto, su cui insistevano due corpi di fabbrica concessi in locazione alla ditta Cretone con contratto del giugno 2004 ad uso magazzino ed autorimessa;

– che nel corso della fase esecutiva della procedura di sfratto per morosità, avviata in conseguenza del mancato pagamento dei canoni, in sede di accesso effettuato con l’Ufficiale giudiziario in data 5 agosto 2005, l’amministratore della società (il ricorrente D.S.) constatava che il conduttore aveva alterato la destinazione pattuita del bene, stoccandovi tonnellate di rifiuti raccolti in balle;

– che, avendo il conduttore giustificato tale attività con un’autorizzazione provinciale al trattamento dei rifiuti, in data 8 agosto 2005 veniva sollecitata un’indagine ispettiva dell’amministrazione perché fosse verificata la conformità al titolo di tali operazioni;

– che il 1° settembre 2005, rilevato il carattere abusivo dell’attività, l’intera area veniva sottoposta a sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.;

– che tra il 17 e 19 aprile 2006, sul sito si sviluppava un incendio, ipotizzato di natura dolosa, che produceva il crollo di una delle strutture ed il grave danneggiamento dell’altra;

– che adeguandosi a quanto impostogli con ordinanza del Comune di Castellalto, la società ricorrente provvedeva in seguito a mettere in sicurezza il sito;

– che con istanza del 27 aprile 2006 la stessa formulava istanza di accesso agli atti del procedimento di iscrizione della ditta Cretone al Registro provinciale ex art. 33 d.lg. 22/1997 (R.I.P.), al cui esito ne constatava l’illegittimità per i motivi di diritto di seguito dedotti.

Concludono quindi per l’annullamento della suddetta iscrizione e per la condanna di tutte le parti evocate in giudizio al risarcimento dei danni arrecati sia alla società che alla persona del dott. D.S. per le causali in dettaglio esplicitate.

Costituitasi in giudizio la Provincia di Teramo ha concluso per la inammissibilità ed irricevibilità del ricorso e comunque per la sua infondatezza.

Si sono poi costituiti in giudizio l’ing. Di Sanza e l’ing. Calvarese, evocati in giudizio nella rispettiva qualità di Dirigente del Servizio e di Responsabile del procedimento, che hanno rassegnato analoghe conclusioni ed hanno comunque evidenziato il loro difetto di legittimazione passiva.

Non si costituiva invece la ditta Ivo Cretone.

2. Vanno preliminarmente estromessi dal giudizio, essendo fondata l’eccezione sul loro difetto di legittimazione passiva, gli intimati funzionari dell’amministrazione provinciale.

Infatti, gli organi ed uffici dell’amministrazione non sono titolari di una propria capacità giuridica e, in forza del rapporto di immedesimazione organica, gli atti da questi adottati risultano direttamente imputabili all’amministrazione stessa. Né è ipotizzabile alcun interesse personale del titolare dell’organo o dell’ufficio, distinto dall’interesse proprio dell’amministrazione di appartenenza, a contrastare le pretese della parte privata che abbia inteso impugnare un provvedimento amministrativo da questi emanato. Ne discende che la legittimazione passiva a resistere al ricorso instaurato dal privato avverso un provvedimento amministrativo non appartiene mai alla persona fisica titolare dell’organo o dell’ufficio che ha emesso il provvedimento, ma solo ed esclusivamente all’amministrazione in cui tale organo o tale ufficio sono incardinati" (di recente sul punto T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 5 maggio 2010, n. 1230). Situazione che non è diversa per la domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’atto impugnato, visto che anche a tali fini l’unico soggetto passivamente legittimato è l’amministrazione, non sussistendo verso l’esterno una responsabilità diretta dei dipendenti per i danni derivanti dai provvedimenti dell’amministrazione.

I suddetti vanno pertanto estromessi dal giudizio.

3. I ricorrenti deducono svariati profili che renderebbero illegittima l’iscrizione nel registro di cui all’art. 33 d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22. La norma delinea la procedura semplificata per l’avvio dell’attività di recupero dei rifiuti prevedendo la presentazione di un preavviso cui conseguono, in assenza di atti interdittivi da parte della provincia, effetti abilitativi allo scadere del termine di 90 giorni.

Non è necessario considerare in questa sede le questioni sorte intorno ai mezzi di tutela a disposizione di terzi che si ritengano lesi da attività private effettuate previa dichiarazione di inizio attività. Basti solo evidenziare che, qualunque prospettiva si accogliesse, nessuna di esse contempla un’azione che prescinda dal necessario rispetto del termine decadenziale. "Infatti, anche a voler effettivamente aderire alla tesi "privatistica", appare corretto concludere… che l’azione di accertamento di insussistenza dei presupposti per la d.i.a., costituente in tale ipotesi il rimedio a disposizione del terzo che si ritenga leso dall’intervento posto in essere in esecuzione di essa, debba restare anch’essa soggetta al termine decadenziale di sessanta giorni ex art. 21 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034… Laddove, al contrario, si propenda per la natura provvedimentale della d.i.a., a fortiori essa dovrà essere impugnata nel medesimo termine a partire dal perfezionarsi del titolo abilitativo implicito" (così, in materia edilizia, Consiglio di Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2558. Analogamente sez. VI, 9 febbraio 2009 n. 917).

Comunque qualificata, di accertamento o impugnatoria, la domanda in esame, pur ammissibile, è -alla luce di tali principi- tuttavia tardiva.

E’ dalla stessa esposizione in ricorso che infatti emerge come la conoscenza dell’esistenza di "un’autorizzazione provinciale" al trattamento dei rifiuti fosse stata acquisita fin dall’agosto 2005 (cfr. nota D.S. alla Provincia in data 8 agosto 2005). La stessa è tuttavia dai ricorrenti medesimi ritenuta inidonea ad integrare la conoscenza utile ai fini della proposizione del ricorso, "configurata soltanto dall’illegittimità emersa a seguito dell’esame degli atti relativi" acquisiti a seguito della domanda di accesso del 27 aprile 2006.

Può anche convenirsi con la tesi difensiva che la sola consapevolezza dell’esistenza di un titolo astrattamente lesivo, di contenuto e natura non esattamente definiti essendosi avuta dello stesso la mera visione in conseguenza della sua esibizione da parte del conduttore all’ufficiale giudiziario incaricato dello sfratto, non sia di per sé idonea a determinare la piena conoscenza che determina la decorrenza del termine di impugnazione. Tuttavia, tale condizione è perlomeno idonea a far sorgere nel soggetto che si ritiene leso l’onere di acquisire piena consapevolezza dell’atto che dispone del un suo interesse, al fine di verificarne la legittimità.

Ne consegue che la data in cui si è avuta la disponibilità dell’intera documentazione avrebbe potuto essere presa in considerazione, quale termine iniziale, nel solo caso in cui la società ricorrente avesse assunto tempestive iniziative dirette ad integrare la limitata conoscenza disponibile, presentando, quindi, la domanda di accesso agli atti in un periodo immediatamente successivo alla conoscenza dell’esistenza di atti di valenza autorizzatoria relativi all’area di sua proprietà. A tale data non si può invece dare alcun rilievo allorché l’accesso agli atti sia stato esercitato nove mesi dopo che il conduttore aveva esibito il titolo che a suo avviso gli consentiva l’attività in questione. La decorrenza del termine di impugnazione va infatti ancorata a dati certi e non è suscettibile di restare sospesa in attesa che l’interessato avverta l’esigenza di approfondire quanto già, seppur sommariamente, conosce.

La piena conoscenza, acquisita o comunque acquisibile facendo uso della normale diligenza, si era quindi nella fattispecie maturata in epoca ben anteriore al 60° giorno precedente la notifica del ricorso, con conseguente irricevibilità del medesimo.

4. Anche a considerare la domanda risarcitoria come autonoma rispetto a quella di annullamento/accertamento, si evidenzia che la stessa non può essere comunque accolta.

I ricorrenti ritengono che l’iscrizione nel RIP, effettuata, si sostiene, in assenza delle verifiche in grado di evidenziare la sussistenza di più di un motivo per giustificare l’adozione di atti interdettivi, avrebbe causato i danni di cui si chiede ristoro.

Senonché tali danni sono palesemente estranei alla serie causale che scaturisce dall’iscrizione nel suddetto registro.

Ciò è subito evidente in relazione al preteso danno, su cui i ricorrenti non hanno comunque insistito, per la mancata percezione del canone di locazione, che non si vede come attribuire alla responsabilità provinciale.

Ma non è nemmeno condivisibile la tesi di parte ricorrente secondo cui l’iscrizione al RIP avrebbe causato sia il sequestro penale che il successivo incendio.

Il primo evento presuppone, infatti, non già l’illegittimità dell’iscrizione ma un’attività abusiva. La sentenza 297/2008 del Tribunale di Teramo ha infatti accertato che il partner contrattuale della ditta ricorrente ha "ricevuto rifiuti non compresi nel provvedimento di iscrizione, effettuato una costante attività di smaltimento… in assenza della prescritta autorizzazione e di fatto adibito il sito ad abusiva discarica di diverse tipologie di rifiuti speciali". Se l’insieme delle conseguenze dannose che i ricorrenti lamentano (patrimoniale la società, esistenziale e comunque non patrimoniale il dott. D.S.), derivano proprio dalla trasformazione in discarica del sito e dalla portata distruttiva ed inquinante del successivo incendio, è agevole constatare come entrambi tali eventi siano fuori dalle possibili conseguenze dell’iscrizione, essendo ambedue derivanti da reati (il primo accertato, il secondo ipotizzato) e quindi frutto di serie causali autonome.

Allorché l’incendio si è verificato l’area era peraltro sottoposta a sequestro e quindi non ospitava più alcuna attività di smaltimento, il che fa emergere ulteriormente l’impossibilità di imputare il danno lamentato all’attività amministrativa.

Nessuno dei danni, consistenti nella "perdita delle strutture allocate nell’area, andate distrutte in seguito ai due incendi sviluppatisi in costanza di sequestro dei beni, e soprattutto dalla indisponibilità dell’area (ancora sottoposta a sequestro) conseguente agli ingenti costi occorrenti alla sua bonifica" nonché nelle relative conseguenze anche di carattere non patrimoniale, può in altri termini ritenersi in rapporto di derivazione diretta dalle denunciate illegittimità dell’iscrizione. Quest’ultima, con tutta evidenza, non consentiva la trasformazione del sito in discarica abusiva ed il suo rispetto avrebbe sicuramente evitato il sequestro penale.

Simili eventi potrebbero essere ricollegati non tanto all’attività amministrativa funzionale all’iscrizione nel RIP, quanto, eventualmente, ad ipotetiche omissioni in ordine all’esercizio delle doverose attività di vigilanza e controllo (non necessariamente di esclusiva spettanza provinciale), ma non è in tale direzione che parte ricorrente dirige la domanda risarcitoria.

5. In conclusione il capo impugnatorio della domanda è tardivo, mentre quello risarcitorio è comunque infondato.

6. Il TAR non ha invece giurisdizione nei confronti della domanda risarcitoria estesa nei confronti del controinteressato Cretone.

7. Quanto alle spese di giudizio, le stesse vanno compensate nei confronti della Provincia, mentre sono a carico dei ricorrenti in ordine all’evocazione in giudizio degli ingg. Di Sanza e Calvarese, liquidabili, queste ultime, nella complessiva somma di Euro 3.000, oltre accessori di legge.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte irricevibile e per la restante parte infondato. Dichiara il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda risarcitoria proposta nei confronti del controinteressato Cretone. Spese a carico dei ricorrenti in favore degli intimati Di Sanza e Calvarese, secondo la liquidazione fatta in motivazione. Compensate tra le restanti parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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