Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-01-2011) 25-02-2011, n. 7437 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

quanto segue:

La CdA di Palermo, con sentenza del 2.3.2007, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato NDP nei confronti di G.F. in ordine al delitto ex art. 416 bis c.p. perchè l’azione penale non poteva essere esercitata per esistenza di precedente giudicato, ha confermato l’affermazione di responsabilità nei confronti di G.G. (art. 416 bis c.p.) e di C.P. ( D.P.R. N. 309 del 1990, art. 73, T.U.), riducendo tuttavia, per il primo, la pena dell’isolamento diurno a mesi 4 e, per il secondo, la pena della reclusione ad anni 2 e mesi 8 e quella della multa ad Euro 6000.

Ricorrono per cassazione, tramite in difensori, G.G. e C.P..

Il primo deduce violazione di legge per l’omesso rilievo della esistenza di precedente giudicato per il medesimo reato. G. G. fu condannato con sentenza n. 31/1999 del 18.3.2002 della Corte di assise di appello di Caltanissetta, contestato come commesso in (OMISSIS). Orbene, poichè la condotta addebitata al predetto con la sentenza avverso la quale ricorre "copre" il periodo sino al 20.7.1999, consegue che la sentenza (definitiva) della Corte nissena costituisce precedente giudicato.

Innanzi al giudice di appello l’argomento era stato fatto valere, matper mero errore materiale, era stata prodotta una sentenza diversa. Il giudice di legittimità può, ai sensi dell’art. 609 c.p.p., comma 2, rilevare di ufficio la questione.

Il ricorrente allega "provvedimento di esecuzione di pene concorrenti", emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Caltanissetta il 8.6.2004.

Il secondo deduce violazione di legge ( artt. 125 e 192 c.p.p., art. 73, cit. T.U.) e carenze di motivazione. La Corte di secondo grado non ha motivato, se non apparentemente, in relazione alla prospettazione difensiva con la quale si era sostenuto che non di cessione di stupefacenti da parte del C. si era trattato ma di consumo di gruppo.

Nulla vieta che l’accordo sia anche tacito, e ciò avviene quando chiaro è il fine comune di consumare insieme un certo quantitativo di stupefacente che un componente del gruppo procurerà.

Deduce inoltre violazione dell’art. 62 bis c.p., essendo state le attenuanti in questione negate unicamente con riferimento alla gravità del reato. Ebbene è noto che le attenuanti generiche possono ben essere concesse anche con riferimento a fattispecie criminose connotate da oggettiva gravità poichè la loro funzione è quella di adeguare la pena al caso concreto. Per altro la Corte di assise di appello ha sentito la necessità, pur senza concessione di attenuanti, di ridimensionare il trattamento sanzionatorio, senza nulla specificare in merito.

Il ricorso del G. è inammissibile per genericità.

Invero il ricorrente sostiene la sussistenza di precedente giudicato, precisa che detta questione era stata sollevata anche nei gradi di merito, ma assume che essa non trovò accoglimento perchè era stata esibita la sentenza "sbagliata".

Nel reiterare la censura, il ricorrente tuttavia non produce nè esibisce la sentenza dalla quelle dovrebbe risultare il precedente giudicato, ma fa appello al dettato dell’art. 609 c.p.p., comma 2.

Il richiamo è inappropriato, in quanto una cosa sono le questioni rilevabili di ufficio o quelle che non è stato possibile dedurre in grado di appello, altro è il principio di autosufficienza del ricorso (cfr., tra le tante, ASN 200906112 – RV 243225).

Il ricorso del C. è inammissibile in quanto manifestamente infondato e articolato in fatto.

La sentenza impugnata mette in evidenza come il predetto, nel corso del tempo, abbia ceduto sostanza stupefacente a più soggetti e non in unico contesto ( P., D., S.); mette anche in rilievo il contenuto di intercettazione telefonica nel corso della quale l’avv. S. esplicitamente chiede al C. di procurargli sostanza stupefacente (così viene interpretata la parola "scheggino"). Ed è proprio tale forma di rifornimento (in pratica "su domanda") che la Corte nissena valorizza per escludere che si tratti di consumo di gruppo. Al giudice di appello infatti la tesi era già stata proposta e lo stesso la aveva motivatamente respinta.

Con il ricorso, in realtà, il difensore altro non fa che reiterare gli argomenti già prospettati nel giudizio di secondo grado.

Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, va rilevato che esso viene giustificato non, come ritiene il ricorrente, con la considerazione della gravità del reato, ma in ragione della abitualità della condotta criminosa, che è considerazione di ben altro tenore, relativa, più che alla oggettività della condotta, alla personalità del soggetto.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue condanna di ciascun ricorrente alle spese del grado e al versamento di somma a favore della Cassa ammende. Si stima equo determinare detta somma in Euro 500.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di cinquecento Euro a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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