T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 25-02-2011, n. 202 Assegnazione di alloggi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in oggetto, parte ricorrente espone di essere assegnatario dell’alloggio di E.R.P. sito in Beinasco (TO), Via Aldo Moro n. 4/C, così identificato: complesso 411, edificio 93, alloggio 30 (ex Q.re 7301), contratto n. 18706, cliente n. 40775.

Si espone che, dall’anno 1982 ad oggi, senza soluzione di continuità, egli risiede nel Comune anzidetto alla Via Aldo Moro n. 4/C e svolge attività commerciale nel settore dell’abbigliamento, anche con attività ambulante in mercati di Torino e provincia. All’occorrenza partecipa alle fiere di settore, anche fuori regione (Liguria ed Emilia Romagna – docc. 23 ricorso).

Si espone ancora che il ricorrente abita ed occupa in maniera stabile e continuativa l’alloggio di E.R.P. summenzionato unitamente ai propri figli Francesco ed Alberto, entrambi maggiorenni; del tutto inopinatamente, il Comune di Beinasco, con nota prot. n. 10796, in data 13.05.2008, comunicava al ricorrente l’avvio del procedimento di decadenza dall’assegnazione di alloggio di E.R.P. ai sensi della L.R. Piemonte n. 46/1995.

Con successivo provvedimento, prot. n. 7, datato 22.05.2008, a soli nove giorni di distanza dalla precedente comunicazione, la predetta Amministrazione notificava al ricorrente il provvedimento impugnato.

Secondo parte ricorrente, il provvedimento in epigrafe indicato sarebbe illegittimo, per i seguenti motivi:

1 – Violazione e/o errata applicazione degli artt. 50 e 107 del D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e degli artt. 4, 16 e 17 del D. Lgs. 30 marzo 2001 n. 165. Incompetenza del Sindaco ad adottare il provvedimento impugnato.

2 – Violazione e/o errata applicazione degli artt. 7 e ss. della Legge 07/08/1990 n. 241. Violazione del principio di buona amministrazione (dedotto anche come violazione e/o errata applicazione di legge in relazione all’art. 97 della Costituzione). Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità, perplessità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa. Violazione e/o errata applicazione dell’art. 2 della Legge 07/08/1990 n. 241 (principio del giusto procedimento). Ingiustizia manifesta.

4 – Violazione e/o errata applicazione dell’art. 29 della Legge Regione Piemonte 28.03.1995 n. 46. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, erronea qualificazione della fattispecie, insufficienza istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di buona amministrazione (dedotto anche come violazione e/o errata applicazione di legge in relazione all’art. 97 della Costituzione). Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità, perplessità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa. Violazione e/o errata applicazione dell’art. 2 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 (principio del giusto procedimento), ingiustizia manifesta.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza di questa sezione n. 746 del 5 settembre 2008, veniva accolta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2011, il ricorso veniva posto in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente, si osserva (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3035), che l’oggetto della controversia è costituito dalla legittimità del provvedimento di decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica.

Un tale tipo di giudizio rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, come da consolidata giurisprudenza, secondo cui ai sensi dell’art. 5 della legge n. 1034 del 6 dicembre 1971 (e, oggi, dell’art. 133, comma 1, lett. b), D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, cd. Codice del processo amministrativo), appartengono al predetto giudice le controversie relative a provvedimenti incidenti sul rapporto concessorio di alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto sono attribuite alla giurisdizione amministrativa, in via generale e salvo i casi espressamente indicati (indennità, canoni ed atti corrispettivi), tutte le controversie, anche se involgenti diritti soggettivi, derivanti da rapporti di concessione di beni (cfr., Ad. plen., 5 settembre 1995, n. 28).

L’ampia formulazione dell’art. 5 della citata legge TAR (e, oggi, dell’art. 133, comma 1, lett. b), D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), non colpita, ma anzi rafforzata, dalla sentenza n. 204/2004 della Corte Costituzionale, comporta la concentrazione nella giurisdizione amministrativa (con le sole menzionate eccezioni previste dalla stessa norma, in materia di indennità, canoni ed altri corrispettivi), di tutte le controversie (anche relative a diritti soggettivi) derivanti da rapporti di concessione di beni, con la conseguenza che, ad esclusione dell’ipotesi della decadenza prevista dall’art. 11 d.P.R. n. 1035 del 30 dicembre 1972, per cui è prevista esplicitamente la competenza del giudice ordinario, le controversie concernenti le altre ipotesi di cessazione del rapporto derivante dall’assegnazione di alloggi di edilizia economica e popolare, e cioè, l’annullamento dell’assegnazione nei confronti di colui che abbia conseguito l’assegnazione senza essere in possesso dei requisiti prescritti ovvero abbia fruito di indebiti punteggi (art. 16, cit. d.P.R.), la revoca o la decadenza dell’assegnazione per le circostanze sopravvenute indicate dall’art. 17 dello stesso d.P.R. n. 1035/1972 (quale è il caso di specie), il rilascio per il caso di occupazione senza titolo (art. 18 del medesimo decreto), appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v. anche, Consiglio di Stato Sez. IV, 11 novembre 2002, n. 6187); in proposito, appare anche significativo il fatto che i citati articoli 16, 17 e 18 prevedono che al provvedimento di rilascio si applichi il disposto di cui all’art. 11, comma 12, (relativo al carattere di titolo esecutivo del decreto del presidente dell’ente proprietario delle case), non invece altre disposizioni dello stesso art. 11 e, in particolare, quindi, quelle speciali disciplinanti la giurisdizione, contenute nei tre successivi commi dell’ articolo sopra detto.

Nel merito, rileva il Collegio che l’ordinanza di questa sezione n. 746 del 5 settembre 2008, con cui veniva accolta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, ha ritenuto che il ricorso fosse assistito da adeguati elementi di fondatezza, in riferimento alla dedotta violazione dell’art. 107 del TUEL, per la lamentata incompetenza del Sindaco in ordine all’adozione di provvedimenti di decadenza dall’assegnazione di alloggi di ERP, appartenenti alla competenza dei dirigenti in virtù dell’invocata norma, come da pacifico orientamento della giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 30 settembre 2006, n. 5073; T.A.R. Basilicata, 26 giugno 2007, n. 478), nonché in riferimento alla violazione delle garanzie partecipative connesse al rispetto del principio di effettività della comunicazione di avvio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3885; T.A.R. Sardegna, sez. II, 27 maggio 2005, n. 1272), non potendosi un termine inferiore a nove giorni (considerata la data di ricevimento della comunicazione del 13.5.2008, doc. 5 ricorrente, verosimilmente posteriore a quella di adozione) tra l’effettuata comunicazione e la data di adozione del provvedimento impugnato (22 maggio 2008) reputarsi sufficiente all’allestimento di idonea memoria procedimentale, specie in virtù della complessità della procedura di decadenza da alloggio pubblico.

In questa sede, il Collegio non può che confermare tale prima valutazione. Sotto il profilo della competenza, infatti, ai sensi dell’art. 107, comma 1, del T.U. di cui al d.lgs. n. 267 dell’8 agosto 2000, spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politicoamministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.

In base al comma 2, spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politicoamministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.

Il comma 3 esemplifica, poi, una serie di compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo, in cui rientrano, tra gli altri (lett. f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie.

Il comma 4 prevede, quindi, che le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.

In base al combinato disposto di cui alle norme ora dette è da escludere, quindi, che il Sindaco, quale organo di governo al quale spettano, perciò, poteri di indirizzo e di controllo politicoamministrativo, possa porre in essere atti, quale quello di revoca di un alloggio popolare, del quale qui si discute, che rientrano nell’ambito della gestione amministrativa, finanziaria e tecnica.

In particolare, il provvedimento di cui si tratta appare riconducibile alla lata formulazione di cui all’art. 107, comma 3, lett. f), sopra riportato, rientrando l’assegnazione di alloggi e, logicamente, i correlati atti di revoca, tra i provvedimenti di concessione o analoghi il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge.

Né le modeste dimensioni del territorio comunale e il ridotto numero di abitanti possono condurre a derogare ai principi ora detti, dal momento che, in base al citato art. 107, c. 4, del T.U. n. 267/2000, solo in base alla legge può derogarsi, e in forma espressa, ad essi.

È pur vero che, a norma dell’art. 53, comma 23, della legge finanziaria 23 dicembre 2000, n. 388, gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti fatta salva l’ipotesi di cui all’articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e all’articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio (comma così modificato dal comma 4 dell’art. 29 della legge 28 dicembre 2001, n. 448).

Sennonché, tale espressa deroga legislativa subordina l’attribuzione di poteri anzidetta all’adozione preventiva di apposite disposizioni regolamentari organizzative, con successiva documentazione annuale del reale contenimento di spesa; ma, nella specie, non risulta che il competente organo consiliare abbia adottato le prescritte modifiche regolamentari (né, logicamente, in assenza di determinazioni siffatte, può essere stato valutato l’eventuale contenimento di spesa).

Tuttavia, nel caso di specie, è stato adottato dal Comune l’atto di convalida, con decreto dirigenziale n. 38 del 2010, contenente un ulteriore profilo di decadenza, non impugnato.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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