T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, Sent., 25-02-2011, n. 477 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 30.6.1997 e depositato il 22 del mese successivo il ricorrente ha premesso, in sintesi, che:

con contratto di appalto stipulato il 15.1.1994 l’USL n. 25 di Noto affidava alla ditta N. il servizio, tra l’altro, di conduzione e gestione degli impianti tecnologici idrotermosanitari;

l’appalto scaturiva dalla mancanza o insufficienza di personale specializzato dipendente dalla USL;

le maestranze delle ditte appaltatrici dovevano rispettare le direttive impartite dall’USL e garantire i turni di servizio durante l’arco di 24 ore;

la conduzione di detti impianti, a mezzo contratti di appalto tra ditte varie, aveva avuto inizio dal mese di dicembre 1982;

con la qualifica di conduttore di caldaie ha prestato la propria opera dall’1.2.1985 al 30.4.1997 con continuità, essendo trasferito da una impresa appaltatrice all’altra;

Ciò premesso, il ricorrente ha chiesto che venga accertata la costituzione del rapporto di pubblico impiego intervenuto con l’Azienda intimata a far data dall’1.5.1997, con conseguente attribuzione della qualifica di conduttore di caldaie e relativa retribuzione, in quanto in violazione dell’art. 1 della legge n. 1369 del 1960 vi è stata una intermediazione ed interposizione nelle prestazioni lavorative, tenuto conto degli pseudi appalti dovuti a mancanza di una autonomia organizzativa ed imprenditoriale in capo alle imprese appaltatrici nonché dello svolgimento dell’attività dei dipendenti nella sfera della USL committente, sotto la direzione tecnica della stessa e con inserimento funzionale nella sua attività.

Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’Azienda sanitaria intimata, la quale con memoria nei termini, ne ha chiesto il rigetto, con vittoria delle spese.

In vista dell’udienza pubblica, con memoria deposita il 19.1.2011, l’Azienda resistente, oltre a ribadire l’infondatezza del ricorso, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso medesimo per difetto di legittimazione passiva nei suoi confronti.

Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2011, su concorde richiesta delle parti in causa, il ricorso è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso, peraltro inammissibile perché evocata in giudizio solo un’amministrazione che difetta di legittimazione passiva, è manifestamente infondato.

Al riguardo, va premesso che il ricorrente ha chiesto l’accertamento della sussistenza del rapporto di pubblico impiego nei confronti dell’AUS L resistente (già USL n. 25 di Noto) presso la quale ha svolto attività lavorativa, quale conduttore di caldaie e nella qualità di dipendente di imprese aggiudicatarie di appalti aventi ad oggetto l’affidamento del servizio relativo alla manutenzione, conduzione e gestione degli impianti tecnologici idrotermosanitari.

Ciò premesso, la domanda del ricorrente di riconoscimento del rapporto di lavoro con l’Azienda suddetta è priva di fondamento.

Ed invero, il Collegio non ritiene, non sussistendone alcuna ragione, di discostarsi per il caso di specie dall’orientamento giurisprudenziale da tempo consolidato, secondo cui l’art.1 della legge 23 ottobre 1960, n.1369, concernente il divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro, laddove stabilisce che i prestatori di lavoro occupati in violazione di tale divieto, sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che abbia utilizzato effettivamente le loro prestazioni, trova applicazione nei confronti della P.A. solo quando questa svolga attività essenzialmente imprenditoriale non dissimile da quella degli imprenditori privati e non anche, come nella specie, in cui l’Amministrazione agisca nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali (cfr. C.d.S., Ad. Plen. 29.1.92, n.2 e n.1; V, 20.5.93, n.607 e n.611, 30.10.95, n.1499, 11.4.96, 21.1.97,n.60, n.386, 19.10.99, n.1590, 19.9.2000,n.4846, 6.10.2000,n.5321, 3.12.2001, n.6010; VI, 9.6.94, n.968, 5.10.95, n.1066, 17.3.2000, n.1441, 14.6.2001, n. 3135, 25.7.2003 n. 4259, 7.5.2003, n. 2389; C.G.A. 20.6.2000, n.291; Corte Cass., sez. lav., 21.5.2008 n. 12964; T.A.R. SiciliaCatania, II, 23.11.1991, n.876; III, 5.4.2005, n. 542; T.A.R. SiciliaPalermo, II, 18.2.2003 n. 204; T.A.R. CampaniaNapoli, II, 2.2.2002, n. 5; T.A.R. LazioRoma, II, 19.4.2004 n. 3376).

A quanto sopra evidenziato va aggiunto anche che la giurisprudenza(cfr. C.d.S., V, 17.12.2001,n.6246) ha ritenuto che proprio la nullità dei rapporti di pubblico impiego costituiti in difformità dalle previsioni legislative impedisce al giudice amministrativo di pronunciare la costituzione del rapporto di pubblico impiego.

Sotto altro aspetto, anche a voler ammettere, soltanto in linea di mera ipotesi, l’applicabilità nei confronti della P.A. dell’art. 1 della legge n. 1369/1960, il Collegio osserva che manca del tutto la prova che si sia verificata l’adombrata interposizione di mano d’opera.

Infatti, dagli atti di causa emerge soltanto che il ricorrente ha prestato la sua attività presso l’USL di Noto nella qualità di lavoratore dipendente di imprese, le quali, a seguito di formali gare ad evidenza pubblica ed alla stipulazione di appositi contratti, hanno legittimamente assunto l’appalto di alcuni servizi, tra i quali è ricompreso quello della conduzione di caldaie, non rientrando tra i compiti istituzionali dell’ente.

Né il ricorrente, al riguardo, ha in qualche modo dimostrato che tali gare e tali contratti siano stati indette e stipulati al fine di realizzare un" intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavorative vietate dall’art. 1 L. 23 ottobre 1960 n. 1369.

L’intermediazione può essere accertata giudiziariamente e può produrre taluni effetti auspicati dalla ricorrente solo se risulti dimostrata la sussistenza di un rapporto trilatero tra imprenditore (nella fattispecie, l’USL) intermediario e lavoratore, in cui la posizione apparente dell’intermediario sia quella di datore di lavoro che assume e retribuisce il lavoratore, ma che nella realtà opera per occultare il fatto che il lavoratore stesso, pur rimanendone estraneo, svolge la sua prestazione sostanzialmente nell’ambito del potere discrezionale dell’imprenditore e per il suo esclusivo interesse.

Di un accordo occulto e simulato su base trilatera (dovendo a tale accordo partecipare anche il lavoratore) il ricorrente non ha fatto invece neppure menzione.

Per quanto suesposto il ricorso va, quindi, respinto.

Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata in dispositivo.
P.Q.M.

Respinge il ricorso in epigrafe indicato.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione resistente, delle spese di lite che liquida nella somma complessiva di Euro 2000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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