Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-02-2011) 28-02-2011, n. 7569 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 20 maggio 2008 la Corte d’appello di Firenze confermava quella di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato M.M. colpevole del delitto di calunnia, per avere presentato, il 23.11.2000, una falsa denuncia di smarrimento di 25 assegni postali dell’importo di L. 19.900.000 ciascuno, che aveva invece consegnato a P.E. a garanzia di un debito con lei contratto; modificava la formula di proscioglimento dal reato di truffa, che il giudice di primo grado aveva dichiarato estinto per prescrizione, in quella di insussistenza del fatto.

La Corte motivava la condanna, osservando che la P. era stata assolta con sentenza irrevocabile dall’imputazione di furto dei menzionati assegni, la cui emissione si accordava con un riconoscimento di debito sottoscritto dall’imputato, il quale, saputo che il primo degli assegni era stato posto all’incasso, aveva subito presentato la falsa denuncia allo scopo malizioso di vanificare i diritti della creditrice.

Contro la sentenza hanno proposto ricorso l’imputato e la parte civile P.E..

2.1 M.M. nei motivi di ricorso denuncia mancanza di motivazione:

1. in ordine all’affermazione di responsabilità penale, perchè la sentenza si sarebbe limitata a richiamare per relationem la decisione di primo grado, omettendo di valutare l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa dal reato e giudicando irrilevanti le numerose inverosimiglianze e contraddizioni emerse durante l’escussione dibattimentale; con motivo nuovo, deduce altresì che la capacità a testimoniare della P. sarebbe messa in dubbio dal risultato di una perizia psichiatrica disposta in un procedimento per diffamazione pendente a suo carico avanti al giudice di pace di Pistoia;

2. in ordine alla condanna al risarcimento del danno morale, perchè sarebbe già stato liquidato dalla sentenza definitiva che assolse la P. dall’imputazione di furto.

2.2 Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè ripropone doglianze e critiche formulate nell’atto d’appello, che sono già state adeguatamente confutate dalla sentenza impugnata.

Invero la Corte di merito ha ritenuto anzitutto irrilevanti le numerose incongruenze che pur connotano la deposizione della persona offesa dal reato, osservando – del tutto condivisibilmente – che esse, afferendo a temi estranei alla regiudicanda (l’origine e l’ammontare del credito vantato dalla p.o. verso il ricorrente, il presunto pagamento di interessi usurari, la relazione sentimentale che le parti avrebbero intrattenuto), non potevano influire sulla decisione. In secondo luogo la Corte ha osservato che la prova della responsabilità penale, più che dalle dichiarazioni della vittima, si ricavava dalle risultanze documentali e, in particolare, dagli assegni emessi a favore della P., che furono mendacemente denunciati come smarriti così da esporre la beneficiala alla falsa accusa di furto o ricettazione.

Inammissibile è poi il motivo nuovo proposto dal ricorrente con la produzione della perizia psichiatrica, che non può essere presa in considerazione dato che il giudizio di legittimità non è la sede propria per il compimento di attività di istruzione probatoria o di valutazioni della prova.

Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, perchè non specifica le ragioni per cui la condanna al risarcimento del danno pronunciata in favore della P. nell’ambito di altro processo penale dovrebbe comprendere anche il danno patito dalla stessa come persona offesa dal reato che forma oggetto del presente procedimento.

Infine non può essere accolta la richiesta formulata all’udienza odierna di proscioglimento per sopravvenuta prescrizione del reato, perchè l’inammissibilità del ricorso non consente l’instaurazione di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di improcedibilità sopravvenute (v. Sezioni Unite, 22.11.2000, De Luca, rv 217226).

3.1 La parte civile nei motivi di ricorso denuncia vizio di motivazione, perchè la sentenza non avrebbe considerato che la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7 precludeva la declaratoria di estinzione del reato di truffa per prescrizione e, inoltre, non avrebbe esaminato i motivi d’appello ulteriori rispetto a quello – unico a essere stato accolto – del risarcimento dei danni prodotti dalla calunnia.

La parte civile ha altresì presentato un atto, intestato "appello incidentale ex art. 595 c.p.p.", nel quale ripercorre l’intera vicenda processuale e conclude chiedendo la condanna di M. al risarcimento dei danni compresi quelli cagionati con il reato di truffa.

Ha infine presentato personalmente memorie difensive e "querela di falso" con cui denuncia la nullità e/o la falsità degli atti processuali compiuti fin dall’inizio del procedimento.

3.2 Il ricorso della parte civile, sottoscritto dal difensore avv. Alessandro Bellini, è stato depositato in cancelleria il 15.11.2008 e, quindi, è tardivo.

Infatti, la sentenza impugnata, pronunciata il 20.5.2008 con riserva di trenta giorni per la stesura della motivazione, è stata depositata il 5.6.2008; perciò il termine di giorni 45 per impugnare è cominciato a decorrere dal 19.6.2008 ed è scaduto – tenuto conto della sospensione feriale – il 18.9.2008. Pertanto il ricorso, siccome depositato dopo la scadenza del termine, deve essere dichiarato inammissibile.

Inammissibile è anche "l’appello incidentale" proposto dopo la notificazione del ricorso dell’imputato, posto che la legge processuale non prevede impugnazione incidentale contro la sentenza d’appello; nè l’atto in questione può essere preso in esame sotto la specie di "motivi nuovi" presentati ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 4, perchè il ricorso principale è inammissibile.

Infine gli altri atti difensivi sottoscritti soltanto dalla P. e non anche dal difensore (memorie e querela di falso) sono irricevibili, perchè presentati in violazione sia del principio che la parte civile sta in giudizio con il ministero del difensore munito di procura speciale sia delle regole che disciplinano la cognizione del giudice nella fase processuale dell’impugnazione.

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille per ciascuno alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *