Sui limiti di età nei concorsi pubblici. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – 5 marzo 2010, n.1284.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO e DIRITTO
La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dalla parte interessata, odierna appellata e ricorrente in primo grado, per l’annullamento dei seguenti provvedimenti, adottati dal Comune di Roma:
1) nota in data 23 aprile 2008, n. 34235, recante la comunicazione dell’esclusione della parte ricorrente in primo grado dal concorso pubblico, per titoli ed esami, per il conferimento di n. 300 posti di Istruttore di Polizia Municipale – categoria C (posizione economica C1), indetto con determinazione dirigenziale 21 ottobre 2005, n. 2061;
2) determinazione dirigenziale 18 aprile 2008, n. 768, avente ad oggetto l’esclusione e l’ammissione con riserva di alcuni candidati, lo scioglimento in senso positivo della riserva nei confronti di altri candidati e l’approvazione definitiva della graduatoria della procedura concorsuale di cui al punto 1);
3) bando pubblicato il 25 ottobre 2005, riguardante il concorso di cui al punto 1, nella sola parte in cui l’atto fissa il requisito massimo dell’età per la partecipazione al concorso ad anni 36;
4) regolamento per l’accesso al profilo professionale di Istruttore di Polizia Municipale – categoria C (posizione economica C1), approvato con deliberazione 12 ottobre 2005, n. 527, nella parte relativa alla previsione del limite massimo di età per l’ammissione al concorso.
Il comune appellante deduce l’infondatezza e l’inammissibilità dell’originario ricorso, criticando analiticamente la sentenza impugnata.
La parte appellata resiste al gravame.
L’appello è infondato.
In linea di fatto, è utile evidenziare che, con bando pubblicato in data 25 ottobre 2005, il Comune di Roma ha indetto una procedura concorsuale, per titoli ed esami, per il conferimento di n. 300 posti di Istruttore di Polizia Municipale, categoria C, posizione economica C1.
L’art. 1 del bando prevede, tra i requisiti soggettivi di ammissione, da possedersi alla data di scadenza del termine stabilito per la presentazione della domanda di partecipazione (pacificamente individuato alla data del 24 novembre 2005), quello della età “non superiore a 36” anni, limite poi elevato per i particolari casi previsti (matrimonio, figli viventi, servizio di leva).
La parte appellata ha partecipato al concorso e ha superato tutte le prove (preselettiva, scritta ed orale) della procedura.
Successivamente, tuttavia, la parte interessata è stata esclusa dalla graduatoria definitiva, perché, a dire dell’amministrazione, alla data del 24 novembre 2005, aveva superato il limite massimo di età previsto dal bando, senza diritto all’elevazione.
In sostanza, secondo il comune di Roma, la clausola del bando relativa al limite massimo di età, va intesa nel senso che al concorso non possono essere ammesse le persone le quali, alla data del 24 novembre 2005, abbiano un’età comunque superiore, anche per un solo giorno, al “compimento” dei 36 anni di età: vale a dire i soggetti che siano nati dopo la mezzanotte del 24 novembre 1969.
La determinazione di esclusione dalla graduatoria concorsuale è stata adottata sulla base di un parere reso dall’Avvocatura comunale, in data 17 aprile 2008, che ha condiviso l’avviso espresso dal Dipartimento comunale autore del quesito.
Secondo l’Avvocatura municipale, qualora determinati effetti giuridici siano ricollegati al compimento di una data età, “essi decorrono dal giorno successivo a quello del genetliaco considerato”.
L’amministrazione appellante, contestando analiticamente la pronuncia di accoglimento del TAR, sostiene, in primo luogo, l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso di primo grado, in quanto, a suo dire, il bando di concorso, che fissa il requisito dell’età massima per la partecipazione al concorso, avrebbe dovuto essere impugnato immediatamente e non dopo l’adozione del provvedimento di esclusione.
La censura è destituita di pregio.
Va premesso che l’argomento centrale delle doglianze articolate dalla parte interessata in primo grado muove proprio dall’assunto che il comune abbia erroneamente applicato le clausole della lex specialis della procedura concorsuale.
Per altro verso, il ricorso di primo grado risulta comunque ammissibile anche nella parte in cui esso censura specificamente il bando di concorso. Infatti, la contestata prescrizione del bando, seppure riferita ad un requisito soggettivo di partecipazione, con carattere “escludente”, presenta margini di incertezza ed equivocità, come sottolineato dalla sentenza del TAR, giustificando l’impugnazione congiunta dell’atto generale insieme al conseguente atto applicativo.
Fino al momento della concreta esclusione dalla procedura concorsuale, infatti, il candidato di età compresa tra i 36 e i 37 anni compiuti non aveva alcuna sicurezza della lettura interpretativa del bando che l’amministrazione avrebbe seguito.
A tacer d’altro, l’incertezza emerge dalla circostanza che proprio l’amministrazione comunale, prima di assumere le proprie determinazioni definitive, ha ritenuto necessario acquisire uno specifico parere legale sul significato della prescrizione.
Trova quindi applicazione il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’onere di immediata impugnazione delle clausole “escludenti” dei bandi di gara o di concorso non sussiste qualora si tratti di contestare prescrizioni formulate in modo equivoco. In tali eventualità, la lesione dell’interessato si manifesta solo con l’adozione dell’atto applicativo, con cui l’amministrazione evidenzi la propria opzione per una determinata lettura interpretativa della lex specialis della procedura.
Nel merito, il comune appellante svolge un’ampia e articolata censura, incentrata sulla tesi di fondo, coerente con la posizione sostanziale espressa dall’Avvocatura municipale, nel corso della procedura, secondo cui “nel caso in cui il bando di concorso preveda un limite massimo di età per l’assunzione, tale limite si considera superato al compimento della mezzanotte del giorno del compleanno”.
Questa affermazione è in astratto esatta e pienamente condivisibile.
Anche questa Sezione, recentemente, ha ribadito il principio in forza del quale “in tema di requisiti per la partecipazione ai concorsi, allorquando la legge ricollega il verificarsi di determinati effetti (quali la perdita di un requisito di ammissione al concorso stesso) al compimento di una data età, essi decorrono dal giorno successivo a quello del genetliaco, sicché il limite d’ età fissato dalla norma deve intendersi superato quando ha inizio, dal giorno successivo al compimento, il relativo anno (Consiglio Stato , sez. V, 14 settembre 2009, n. 4478).
Sennonché, questo indirizzo interpretativo si riferisce, essenzialmente, ai casi in cui sia chiaramente e puntualmente enunciato nel bando che gli anni considerati quale limite massimo di età del candidato, per la partecipazione alla procedura selettiva, siano effettivamente (e interamente) “compiuti”.
La regola ermeneutica illustrata dall’amministrazione comunale non può trovare sicura e immediata applicazione nei diversi casi in cui, invece, il bando di concorso faccia riferimento, semplicemente, ad un determinato numero di anni, senza spiegare che tale età deve essere totalmente “compiuta”.
In tali casi, il limite massimo di età, riferito a un determinato numero di anni, può essere inteso in senso diverso.
Del resto, è preferibile una tecnica espressiva, che, per evitare ogni possibile equivoco applicativo, precisi il riferimento ad un determinato numero di anni “compiuti”. Questa più precisa formula linguistica è utilizzata, fra l’altro, proprio dalla normativa generale tradizionale, che collega effetti giuridici a determinate età: si veda, per esempio, l’articolo 2 del codice civile, secondo cui la “maggiore età” (e la conseguente capacità di agire) “è fissata al compimento del diciottesimo anno”. Evidentemente, la norma avrebbe avuto un ben diverso significato qualora fosse stata utilizzata un’altra formula, quale, per ipotesi, la seguente: “la maggiore età è fissata dopo i 18 anni di età”.
Nella vicenda in esame, il bando non effettua alcun riferimento puntuale al “compimento” del trentaseiesimo anno, ma richiama il diverso concetto dell’età “non superiore a 36 anni”.
Ora, posto che non rilevano, in questo contesto, per computare l’età, le frazioni di anni, calcolate in giorni o in mesi, è evidente che, dopo il trentaseiesimo compleanno, l’interessato ha ancora un’età di 36 anni e la conserva fino al momento in cui “compie” 37 anni. Solo a partire da tale data, infatti, l’interessato acquista un’età pari a 37 anni, superiore a quella di 36.
Il principio è affermato, fra le tante pronunce cha hanno affrontato specificamente l’argomento, anche da Cassazione civile, sez. lav., 26 maggio 2004, n. 10169, secondo la quale il decreto legislativo n. 280 del 1997, che prevede la partecipazione ad un progetto di borsa di lavoro per i giovani di età compresa tra i 21 e i 32 anni, requisito che deve essere posseduto alla data del 31 ottobre 1997, non esclude dalla fruibilità del beneficio i soggetti che, a quella data, abbiano già compiuto il trentaduesimo anno di età, purché non abbiano ancora compiuto il trentatreesimo anno, rimanendo trascurabili, ai fini del computo, le frazioni di anno”.
Del resto, questa lettura risulta pienamente coerente con il significato che, normalmente, si attribuisce agli anni di età nello stesso linguaggio comune. Nessuno dubita seriamente che una persona abbia 36 anni, fino al compimento del suo 37° compleanno.
La Sezione è consapevole che le normative settoriali delle amministrazioni, nel fissare il limite massimo di età per la partecipazione ai concorsi, utilizzano spesso formule non dissimili da quella contenuta nel bando in esame.
In tali eventualità, la giurisprudenza ha quasi sempre optato per soluzioni interpretative conformi alla tesi sostenuta dal comune di Roma nella presente controversia. Si tratta, peraltro, di ipotesi in cui, di solito, i bandi chiariscono in modo adeguato la portata della disposizione regolamentare applicata, oppure di situazioni in cui le prassi costanti dell’amministrazione, insieme ai chiarimenti forniti agli aspiranti candidati, consentono di eliminare, in radice, ogni serio dubbio in ordine all’esatto calcolo del limite di età.
Ma, nella vicenda in esame, come si è evidenziato, il bando di concorso non contiene alcun riferimento al compimento dei 36 anni e manca, a quanto risulta, una prassi interpretativa univoca dell’amministrazione.
In ogni caso, comunque, merita condivisione l’ulteriore motivazione esposta dal TAR, secondo il quale la formulazione del bando, insieme all’atteggiamento non lineare dell’amministrazione, erano senz’altro idonei a creare un fondato affidamento in capo ai candidati di età compresa fra i 36 e i 37 anni compiuti.
Secondo la pronuncia di primo grado, “nel descritto contesto, l’amministrazione non poteva che fare applicazione del principio, elaborato dalla giurisprudenza amministrativa proprio in materia di procedure concorsuali, che impone di privilegiare, tra le possibili interpretazioni di clausole non univoche, quella che permette la più ampia partecipazione alla selezione, e, nella specie, individuare il superamento dell’anno massimo di età prescritto (alla data del 24 novembre 2005) nell’avvenuto compimento del successivo, ritenendo, per l’effetto, rituale la partecipazione alla procedura dei candidati che versavano nelle ridette condizioni ed, ergo, contemplarli, sussistendone le ragioni, nella graduatoria definitiva.”
L’appello va pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge l’appello;
Condanna il comune di Roma a rimborsare all’appellante le spese del grado, liquidandole in euro millecinquecento;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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