Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-01-2011) 01-03-2011, n. 7957 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 21 dicembre del 2009, in parziale riforma di quella resa con il rito abbreviato il 31 ottobre del 2008 dal giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Vicenza, assorbiti in un’unica ipotesi di reato i fatti contestati ai capi a/4,b/4 e c/4, riduceva la pena inflitta a C.E. e confermava nel resto la sentenza impugnata,con cui il predetto era stato ritenuto responsabile dei delitti di detenzione, trasporto di sostanza stupefacente e della contravvenzione di porto senza giustificato motivo di un coltello a serramanico,concessa(per la detenzione ed il trasporto di droga, l’attenuante della collaborazione. Con la medesima sentenza era stata disposta la confisca ai sensi del L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, di tutte le somme di denaro, sia in contanti che depositate presso istituti di credito, società finanziarie, assicurative e di gestione, sequestrate al C. nel corso delle indagini e dell’autovettura WW Polo tg (OMISSIS) di proprietà dell’imputato, della quale disponeva l’assegnazione alla PG per l’impiego in operazioni antidroga ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 100.

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata l’imputato è stato arrestato in flagranza il 23.4.07 dai CC di Valdagno mentre trasportava, occultati nel vano della ruota di scorta della vettura Toyota Corolla SW (di proprietà della moglie) da lui condotta, 19,776 kg di hashish suddivisi in 199 pezzi (capo a3). Nel medesimo contesto i CC rinvenivano e sequestravano il coltello a serramanico di cui al capo b3) a bordo del veicolo e la somma contante di 1.315 Euro addosso al C..

La successiva perquisizione nell’abitazione del prevenuto consentiva di rinvenire i seguenti ulteriori quantitativi di sostanze stupefacenti e di denaro: – 99 panetti di hashish per complessivi 9,768 kg custoditi nella stanza giochi dei figli e altri 76 panetti della medesima sostanza del peso totale di 11,924 kg occultati sulle travi della camera da letto e del soggiorno (capo a4); – 1,663 kg di cocaina e 94 gr di hashish occultati nei pressi della legnaia e di un tagliaerba all’esterno dell’abitazione (capo b4), insieme alla somma contante di 55.100 Euro.

La perquisizione, eseguita tre giorni dopo, della cassetta di sicurezza in uso all’imputato presso l’agenzia di (OMISSIS) di Unicredit Banca spa, consentiva di sequestrare altri 1,960 kg di cocaina custoditi all’interno della stessa (capo e 4).

L’imputato ha ammesso i fatti e ha fornito ampia collaborazione agli inquirenti (che gli è valsa il riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 13, comma 7), fin dalle iniziali dichiarazioni spontanee rese alla PG al momento dell’arresto, dichiarazioni che sono state successivamente ribadite e precisate nel corso degli interrogatori resi al GIP il 26.4.07/al PM il 28.6.07 e in sede di esame reso all’udienza preliminare del 5.3.08, ricostruendo in modo puntuale l’attività svolta nel corso degli anni nel traffico degli stupefacenti, indicando i nominativi di clienti e fornitori, le quantità e le specie di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina) singolarmente acquistate e vendute con cadenza mensile o settimanale, suddivise per singolo cliente: di tali cessioni, puntualmente riportate nella sentenza di primo grado, soltanto quella di cocaina effettuata a V.F. è stata contestata nel presente giudizio al capo C3) della rubrica.

In particolare, il C. ha dichiarato che, dopo la precedente condanna riportata nel 1994, aveva ripreso a trafficare stupefacenti a partire dal 1997, avviando una sistematica attività di approvvigionamento e cessione a terzi di hashish e cocaina, in quantità anche singolarmente consistenti (4 o 5 kg, e talora 10 kg, di hashish al mese, e 300 grammi di cocaina al mese) dopo l’arresto del fratello G., operando sempre per contanti; ha indicato in circa 250.000 Euro la somma illecitamente guadagnata con tale attività negli ultimi due anni, reinvestita nell’acquisto dei 40 kg di hashish sequestratigli sulla vettura e nell’abitazione il 24.4.07 (acquisto effettuato a un prezzo favorevole che ne giustificava l’ingente investimento, anche se l’hashish custodito in casa si era rivelato di non buona qualità e doveva essere restituito al fornitore), nonchè della cocaina custodita nella cassetta di sicurezza e di quella occultata all’esterno dell’abitazione (quest’ultima già pagata solo per metà). Ha affermato di finanziare gli acquisti di stupefacente esclusivamente con i proventi della precedente attività di spaccio e smercio a terzi, il cui ricavato teneva distinto dalle altre disponibilità finanziarie di origine lecita a lui sequestrate (di cui soltanto 15.000 Euro costituivano frutto di precedenti cessioni di droga, destinati al pagamento della residua metà della partita di cocaina di cui al capo b4).

La perquisizione dell’abitazione dell’imputato consentiva inoltre di rinvenire un numero considerevole di appunti manoscritti, riportanti sigle e indicazioni numeriche riferibili alla qualità, quantità, percentuale di taglio, prezzo ed epoca di vendita, modalità e tempi di consegna (suddivisi per cliente) delle sostanze stupefacenti, che riscontravano la natura sistematica, organizzata e risalente dell’attività illecita esercitata dal C.; nonchè di documentazione bancaria e di altra natura afferente i depositi bancari e gli investimenti finanziari, di natura sia mobiliare che immobiliare, effettuati dal prevenuto nel corso del tempo. In particolare, il C. risultava titolare di disponibilità liquide, in depositi bancari, libretti, titoli e fondi di investimento mobiliari, polizze assicurative, per complessivi 361.848,96 Euro, così suddivisi: 206.624,24 Euro presso la C.R.A. di Brendola, 33.813,11 Euro presso la agenzia di (OMISSIS) di Unicredit Banca, 121.411,61 Euro presso la agenzia di (OMISSIS); mentre la moglie ( B.A.) risultava titolare di fondi per oltre 68.000 Euro investiti presso la medesima agenzia di (OMISSIS) di Unicredit.

L’imputato era inoltre titolare, oltre che della casa di abitazione e di un terreno in (OMISSIS), di una quota di 100.000 Euro della società New World srl, era detentore di quote di partecipazione per un valore di 52.000 Euro nella società estera Castelbridge con sede a (OMISSIS); risultava promissario acquirente di un immobile in Brasile del valore di 108.000 Euro (il cui prezzo era stato in parte versato) e aveva finanziato per 157.143,21 Euro la società MED Mediterranea Project spa di (OMISSIS).

A fronte di tali disponibilità patrimoniali il C. non risultava aver mai svolto in via continuativa alcuna attività lavorativa, mentre la moglie era titolare di un modesto reddito lavorativo, nell’ordine di 600 Euro mensili, derivante dall’impiego presso una pizzeria nel fine settimana; nè i coniugi erano titolari di partita iva o risultavano svolgere lecite attività imprenditoriali.".

A sostegno dell’origine lecita delle sue disponibilità economiche l’imputato ha sostenuto che provenivano da ricavi di una risalente attività d’intermediazione e speculazione immobiliare intrapresa nel 1994 con denaro proprio e del padre esercitata mediante l’acquisto e la rivendita di una serie di immobili.

La Corte,come inizialmente precisatola unificato le varie ipotesi di detenzione di stupefacenti, ma ha considerato autonoma quella del trasporto che aveva determinato l’arresto ed ha con fermato la confisca dei beni, Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) violazione della norma incriminatrice per avere la Corte ritenuto integrata nel fatto del trasporto un’autonoma ipotesi di reato distinta dalle ulteriori fattispecie di detenzione contestate;

2) violazione di legge per l’omessa riduzione di pena per l’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, nella massima estensione;

tale riduzione parziale era stata determinata dal mero fatto che si era opposto alla confisca delle somme di denaro sequestrate in suo danno;

3) illegittimità del rigetto della rinnovazione parziale del dibattimento per acquisire i documenti indicati dal prevenuto,ossia gli estratti conto rilasciati dopo la sentenza di primo grado nonchè la documentazione relativa all’attività di intermediazione immobiliare/trattasi di documentazione richiesta a norma dell’art. 603 c.p.p., comma 2 e non del comma 1;

4) illegittimità della confisca dell’autovettura Volswagen Polo che era stata disposta dopo la sentenza con ordinanza del 14 novembre del 2008, in base ad una richiesta non del pubblico ministero ma della Polizia giudiziaria, inoltre la confisca era stata disposta d’ufficio senza una richiesta del pubblico Ministero, posta che quella apposta in calce all’istanza della polizia si riferiva all’affidamento in giudiziale custodia;

5) illogicità della motivazione in ordine alla confisca del denaro per avere la Corte distrettuale sostenuto che il C. non era pratico di attività immobiliari,trattandosi di affermazione contraddetta dagli atti per avere il testimone indicato dalla Corte dichiarato, invece, di avere conosciuto il C., il quale svolgeva l’attività di intermediario, nonchè per avere tautologicamente affermato che non era stata individuata la provvista iniziale per effettuate la dedotta intermediazione immobiliare.
Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato.

Con riferimento al primo motivo si osserva che il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ha natura giuridica di norma a più fattispecie. Da ciò consegue che va escluso il concorso formale di reati quanto un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere contestualmente dal medesimo soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza o le medesime sostanze stupefacenti,ancorchè appartenenti a tabelle diverse, poichè in tal caso le condotte illecite minori perdono la loro individualità per essere assorbite nell’ipotesi più grave. Di conseguenza, se consumate senza un’apprezzabile soluzione di continuità,devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato. Se, invece(vengono commesse in contesti diversi e si riferiscono a sostanze diverse,conservano la loro autonomia e danno luogo ad una pluralità di reati ancorchè eventualmente unificati a norma dell’art. 81 (cfr per tutte Cass Sez. 4^ 23 settembre del 2008 n 36523; Cass. sez. 4^16 giugno 2005 n. 22588, Cass 3 ottobre del 2008 n 37993).

Nel caso in esame la sostanza trasportata al momento dell’arresto era diversa da quella successivamente rinvenuta nell’abitazione,nei locali annessi all’abitazione e nella cassetta di sicurezza della banca ed il trasporto si era verificato in un contesto diverso da quello che aveva dato origine alla detenzione della sostanza rinvenuta nell’abitazione o in banca. La sostanza trasportata al momento dell’arresto, come ammesso dallo stesso prevenutola stata acquistata poco prima dell’arresto, ossia in epoca successiva all’acquisto delle sostanze rinvenute in banca e nell’abitazione.

Quindi legittimamente il fatto è stato considerato autonomo. La tesi del ricorrente sarebbe stata fondata se il trasporto avesse avuto ad oggetto le sostanze in precedenza detenute Con riferimento al secondo motivo si osserva che, in caso di ravvedimento attivo,il giudice non è tenuto a concedere l’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, sempre nella massima estensione, ma può graduare la riduzione in relazione all’entità del risultato raggiunto con la collaborazione. Nel caso di specie nella determinazione della riduzione, il tribunale ha valutato nel complesso l’entità della collaborazione senza fare riferimento all’atteggiamento difensivo del prevenuto che si era opposto alla confisca dei suoi beni, accumulati secondo l’accusa e secondo le parziali ammissioni dell’imputato con l’attività illecita. Tale atteggiamento,che poteva comunque essere apprezzato per valutare la completezza del ravvedimento, non ha avuto incidenza nella determinazione del tribunale, perchè ad esso i primi giudici non hanno fatto riferimento nel determinare la riduzione della pena per effetto dell’attenuante della collaborazione. Le considerazioni svolte dalla Corte sull’incompletezza del ravvedimento, per avere l’imputato omesso di sottrarre al circuito criminoso le risorse da lui accumulate non hanno avuto quindi incidenza sull’entità della riduzione che era già stata determinata dal tribunale a prescindere dalla contestazione del sequestro da parte del prevenuto. In ogni caso l’incompletezza del ravvedimento poteva essere apprezzata ai fini della determinazione della riduzione perchè siffatto apprezzamento non ledeva in alcun modo il diritto di difesa.

L’imputato era libero di collaborare o non collaborare, ma non può contestare la determinazione del giudice sull’entità della riduzione se questa non è manifestamente illogica.

Per quanto concerne la produzione documentale,la Corte in limine litis si era riservata di valutare con la sentenza l’ammissibilità della produzione ed eventualmente la rilevanza probatoria della documentazione.

Con la sentenza ha sciolto la riserva osservando che trattatasi in larga misura di documentazione che poteva essere prodotta in primo grado ed in ogni caso era irrilevante o perchè priva di data certa o perchè contrastata dalle parziali ammissioni dell’imputato. La documentazione quindi è stata ammessa e valutata. Le censure mosse alla confisca sono state quindi valutate dalla Corte anche tenendo conto della documentazione prodotta in appello e la motivazione svolta per respingere la tesi del prevenuto secondo il quale le ricchezze accumulate avevano avuto origine da profitti leciti è stata respinta con una motivazione che non presenta alcuna manifesta incoerenza.

Per quanto concerne il presunto travisamento della testimonianza di M.G., si rileva che per il principio dell’autosufficienza del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intende dedurre in sede di legittimità il travisamento di una testimonianza, ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto riportando nel ricorso o allegandola l’intero contenuto della testimonianza, giacchè la citazione di un brano non consente l’effettivo apprezzamento del dedotto vizio di travisamento della prova (Cass. n. 37982 del 2008). D’altra parte il brano riportato nel ricorso non è assolutamente incompatibile con l’affermazione del teste indicata nella sentenza. Invero secondo i giudici del merito il testimone, tra l’altro, aveva affermato che il C. "non era assolutamente pratico delle modalità di compravendita immobiliare nonchè degli aspetti legali a tale attività". Secondo il difensore tale affermazione sarebbe contrastata dal fatto che lo stesso testimone aveva riferito di avere "appreso che il C. svolgeva attività immobiliare". In realtà non esiste alcun contrasto tra le due affermazioni poichè il teste ha appreso da altri che il C. svolgeva l’attività d’intermediatore ed ha constatato personalmente che non "era assolutamente pratico delle modalità di compravendita immobiliare nonchè degli aspetti legati a tali attività". In ogni caso l’assunto del provenuto in merito alla provenienza delle somme confiscate dall’attività di intermediazione è stato respinto in base ad altri elementi univoci.

Per quanto concerne l’autovettura si osserva che alla confisca,come misura di sicurezza patrimoniale, non sono applicabili tutte le disposizioni previste per le misure di sicurezza personale, ma solo quelle indicate nell’art. 236 c.p.p., tra le quali quella di cui all’art. 205, prima parte n. 3. In base a tale norma la confisca può essere disposta anche dopo la sentenza, Sulla destinazione delle cose sequestrare costituenti il corpo del reato, prima che la sentenza sia divenuta definitiva,provvede il giudice che procede. Dopo che la sentenza è divenuta definitiva provvede il giudice dell’esecuzione, A norma del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 100, comma 1, i beni mobili iscritti in pubblici registri (navi, areomobili, ecc.), sequestrati dalla polizia giudiziaria in occasione di operazioni antidroga, possono essere affidati dall’autorità procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta A norma del comma terzo del medesimo articolo i beni acquisiti allo Stato a seguito di confisca vengono assegnati, a richiesta, all’Amministrazione di appartenenza degli organi di Polizia che ne abbiano avuto l’uso a norma dei commi precedenti.

Nella fattispecie l’autovettura era stata già affidata dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari in giudiziale custodia alla Polizia che ne aveva fatto richiesta a norma del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 100. Dopo la sentenza la polizia affidataria ha chiesto la confisca e l’assegnazione definitiva e su tale istanza il pubblico ministero ha espresso parere favorevole. La confiscala pure dopo la sentenza, è stata quindi legittimamente disposta dal giudice su conferme parere del pubblico ministero, il quale, contrariamente all’assunto del ricorrente, si è pronunciato sulla confisca e non sull’affidamento in giudiziale custodia, posto che questo era stato da lui già disposto nel corso delle indagini preliminari. Tale provvedimento contestato dall’appellante è stato confermato dalla corte d’appello la quale, peraltro, autonomamente avrebbe potuto statuire sulla destinazione delle cose sequestrate.
P.Q.M.

La CORTE Letto l’art. 616 c.p.p..

Rigetta.

Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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